Amministrative in Turchia, Ankara e Istanbul all’opposizione
La tornata elettorale del 31 marzo ha spostato l’ago delle forze in campo in Turchia: l’opposizione conquista le tre città più importanti del paese. Un dato che marca lo scontento per la politica di Erdoğan
Grande disappunto per il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan per i risultati delle amministrative di domenica 31 marzo. Le consultazioni trasformate dallo stesso Erdoğan in un voto di fiducia per il nuovo sistema presidenziale si sono risolte in una sconfitta per il partito del presidente nelle tre maggiori città del paese. Ma secondo i dati non ufficiali la coalizione formata dall’AKP del presidente con il partito nazionalista MHP avrebbe perso quota anche in diverse altre province. L’opposizione, costituita dall’alleanza CHP-IP (Partito repubblicano del popolo-Iyi Parti) si sarebbe aggiudicata da Hatay a Edirne tutte le province della costa mediterranea ed egea. L’AKP sembra riuscire a portare a casa solo 16 delle 30 province metropolitane.
Aria di cambiamento
Ma il vero cambiamento si avrà ad Ankara e Istanbul, amministrate da un quarto di secolo dai politici afferenti all’islam politico – prima il RP e poi l’AKP. Le due province metropolitane si apprestano a cambiare bandiera, passando alla guida del CHP.
A Izmir, da anni roccaforte laica kemalista, la poltrona del sindaco è affidata ancora una volta e con ampio margine al candidato CHP Tunç Soyer, che ha raccolto oltre il 58% di preferenze. Anche ad Ankara la vittoria è stata attribuita già dalle prime ore della sera del 31 al candidato CHP Mansur Yavas, che secondo i dati non ufficiali ha ottenuto il 50,90% dei voti rispetto all’oppositore in quota AKP, Mehmet Özhaseki, che si è fermato al 47,06%.
Diverso il discorso per Istanbul, dove fino a questa mattina, nonostante il vantaggio del candidato CHP Ekrem İmamoğlu, riconosciuto dallo stesso Consiglio elettorale supremo (YSK), l’AKP ha sostenuto di avere ottenuto ancora una volta la poltrona di sindaco. Ieri notte, con lo spoglio elettorale all’80%, il candidato dell’AKP Binali Yıldırım ha annunciato al pubblico di aver vinto. Subito prima, alle ore 20.00 locali Faik Öztrak, portavoce del CHP ha dichiarato in conferenza stampa che il flusso dei risultati comunicati dal Consiglio elettorale superiore (YSK) aveva subito un’interruzione, segnalando una “anomalia” a cui porre subito rimedio.
In tarda serata ha preso la parola anche il presidente Erdoğan, per il tradizionale “discorso del balcone” realizzato dopo le tornate elettorali. Il capo di stato ha dichiarato che l’AKP e l’alleanza stabilita con il MHP (Partito di azione nazionalista) avevano ottenuto la maggioranza anche in queste elezioni, ma sorprendentemente, e nonostante le precedenti dichiarazioni di Yıldırım, il presidente non ha annunciato la vittoria a Istanbul. Il presidente, visibilmente cupo, ha invece sottolineato che il suo partito farà tutti gli sforzi necessari per rimediare alle sconfitte subite, aggiungendo che verrà anche “chiesto il conto” ai responsabili dell’esito.
Nel corso della notte e fino all’alba i dirigenti del CHP e lo stesso İmamoğlu hanno rilasciato, con risultati alla mano, diverse dichiarazioni in cui hanno ribadito il proprio vantaggio, consistente in oltre 29mila voti. Le dichiarazioni sono state trasmesse solo da una rete televisiva nazionale, la FOX TV turca, di proprietà statunitense, mentre le altre reti principali le hanno ignorate. L’aggiornamento sull’esito elettorale dell’agenzia di stampa statale Anadolu, dopo la dichiarazione di Yıldırım di ieri notte, si è interrotto indicando una differenza tra İmamoğlu e Yıldırım di 4.443 voti, a favore del secondo.
Alla fine, dopo una lunga gestazione, questa mattina il Consiglio ha riconosciuto il vantaggio di İmamoğlu, aggiungendo però che vi sono dei seggi contestati.
Un’alleanza premiata
Le consultazioni appena concluse confermano che l’alleanza CHP-IP è stata vantaggiosa per l’opposizione su tutta la linea. Sullo sfondo sembra essere stato fondamentale anche il supporto non dichiarato dell’HDP (Partito democratico dei popoli) ai candidati dell’opposizione.
Il Partito filo-curdo ha fatto la scelta strategica di non presentare candidati propri nelle città occidentali e di sostenere “le forze democratiche”. Nonostante le dichiarazioni improntate da un forte nazionalismo dei candidati CHP-IP, l’elettorato HDP sembra aver dato ascolto all’invito di andare al voto, lanciato alcuni giorni fa dall’ex co-leader del partito Selahattin Demirtaş, che si trova in prigione. Per contro, l’HDP è riuscito ad avere la maggioranza in 8 province sud orientali che erano state commissariate dal governo, incluso il capoluogo curdo Diyarbakır.
Un altro dato che emerge da queste elezioni è la crescente dipendenza dell’AKP dal nazionalista MHP. Il partito di Erdoğan ha infatti ottenuto – su base nazionale – il 44,42% delle preferenze, superando il 50% solo grazie ai voti dell’alleato che ha raccolto il 7,25% dei voti. Una percentuale ben lontana dai consensi plebiscitari ottenuti in precedenti tornate elettorali.
Paradossalmente il passaggio al presidenzialismo, che nelle dichiarazioni dell’esecutivo doveva – una volta per tutte – mettere fine alle coalizioni, sta dimostrando che il nuovo sistema voluto da Erdoğan potrà essere portato avanti solo grazie ad una coalizione.
Mentre l’affluenza alle urne è stata nella media turca – attestandosi all’83,35% – il fatto che le tre metropoli turche, considerate il motore del paese, abbiano optato per l’opposizione sembra dimostrare che la scontentezza dei cittadini è diffusa, sia per quanto riguarda le politiche economiche che quelle sociali, anche tra la cosiddetta “nuova classe media” – diventata tale durante il governo AKP.
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