Allarme bancarotta per il Montenegro
I gravi problemi finanziari della più grande azienda montenegrina, il Kombinat produttore di alluminio di Podgorica (KAP), stanno portando il Paese sull’orlo della catastrofe economica. Una dura prova per il governo di Igor Lukšić
“La decisione del governo montenegrino sulla vendita del KAP (Kombinat Aluminijuma Podgorica, ndr) è stata pessima”. Sono le conclusioni a cui è giunta la Commissione parlamentare per il controllo e il monitoraggio del processo di privatizzazione.
La vendita del Kombinat era stata concordata, lontano dagli occhi del pubblico, nell’autunno del 2005 tra Oleg Deripaska, un oligarca russo, e l’allora premier Milo Đukanović. I funzionari di Podgorica avevano convinto l’opinione pubblica che si trattava di un grande affare e che il partner russo avrebbe fatto del KAP un’azienda potente.
Se questo fosse successo, certo sarebbe stato un grande impulso per l’economia montenegrina, perché con l’indotto del KAP si realizza circa la metà del PIL del Montenegro.
Ma i russi non hanno mai investito quanto promesso nell’azienda, benché il ministro russo per le Situazioni di emergenza Sergej Šojgu, spesso in visita in Montenegro, abbia dichiarato recentemente a Podgorica che loro hanno investito nel KAP ben 300 milioni di euro. Il ministro montenegrino dell’Economia Vladimir Kavarić di contro afferma che gli investimenti russi nel KAP non superano i 50 milioni di euro e che non è stato investito praticamente nulla nella difesa dell’ambiente. I funzionari di Podgorica hanno annunciato che potrebbero anche intentare una causa penale per condotta negligente contro gli attuali amministratori del KAP.
Gli economisti indipendenti e i leader dell’opposizione ritengono invece si tratti di un classico affare di corruzione, così come è stato il caso della “Telecom Montenegro (Telekom CG)”, come confermato di recente dagli investigatori americani.
I debiti del Kombinat di Podgorica
I debiti complessivi del KAP ammontano a 350 milioni di euro, mentre le sovvenzioni dello stato ammontano a 70 milioni di euro negli ultimi quattro anni (denaro impiegato per coprire le tariffe agevolate dell’energia elettrica cui è soggetto il KAP, ndr.). Gli investitori russi negli ultimi quattro anni non hanno mai pagato l’energia elettrica, i materiali di consumo (combustibili, petrolio e altri materiali necessari alla produzione dell’alluminio), le tasse e i contributi.
Ora sono state attivate le garanzie sui prestiti – fornite paradossalmente dallo stesso Stato montenegrino – ottenuti ai tempi della privatizzazione da Deripaska da banche europee. Per ora si tratta di coprire 22 milioni, ai quali a breve si aggiungeranno altri 110 milioni, così che con gli interessi si raggiungerà complessivamente la cifra di 170 milioni di euro, tutti sulle spalle del Montenegro.
Per un Paese con un bilancio annuale di 1.2 miliardi di euro si tratta di somme enormi. Il governo montenegrino ha infatti garantito per i prestiti chiesti dagli investitori russi alle banche straniere. Se i russi non dovessero restituire i prestiti alle banche lo dovrà fare il governo montenegrino che ha fatto da garante.
Siccome il Montenegro semplicemente non ha quei soldi, sarà costretto ad indebitarsi. È stato già annunciato che in aprile ci sarà un riequilibrio di bilancio. “Il motivo di questa decisione sta nel fatto che si devono trovare i mezzi per il pagamento delle garanzie sul KAP”, afferma il presidente del Comitato per l’economia, la finanza e il bilancio del Parlamento montenegrino Aleksandar Damjanović.
Il vicepresidente del partito di opposizione “Movimento per i cambiamenti” Branko Radulović sostiene che se si dovessero attivare tutte le garanzie poste sul KAP il Montenegro finirebbe in bancarotta, perché non sarebbe in grado di rispettare gli impegni presi.
Nel frattempo sono stati annunciati anche nuovi rincari, oltre all’aumento dell’IVA, e sono sempre più frequenti le proteste dei cittadini organizzate dai sindacati, dalle ONG e dagli studenti.
Trema il governo Lukšić
Sindacati, ong e studenti annunciano che saranno richieste le dimissioni del governo di Igor Lukšić, perché il premier non sarebbe in grado di confrontarsi con le conseguenze della crisi. “In Europa avete già casi di stati che, quando non sono in condizioni di restituire i debiti, come la Grecia e l’Italia, sfruttano la crisi per cambiare il governo ma non con elezioni democratichema piuttosto con l’introduzione di quello che nelle aziende si chiama curatore fallimentare”, ha sottolineato il docente di economia dell’Università di Podgorica Milenko Popović.
Per questo motivo la coalizione di governo, fino a ieri compatta, oggi è in agitazione. Infatti il Partito socialdemocratico (DPS), partner minore del Partito democratico dei socialisti (DPS) di Milo Đukanović, non vuole assumersi la responsabilità dello stato in cui versa il Kombinat di Podgorica. I suoi ministri hanno votato contro la decisione che impegna il Montenegro a garantire i finanziamenti ottenuti da Oleg Deripaska e ritengono che i russi dovrebbero essere invece cacciati dal KAP. “Ora in Montenegro è il momento politico-economico per rompere col passato. Dobbiamo fermare questo andamento del KAP e buttare fuori gli investitori russi, che ci hanno causato solo grandi danni”, afferma il leader del SDP e presidente del parlamento Ranko Krivokapić.
Ma il governo montenegrino non riuscirà così facilmente a liberarsi di Deripaska. I suoi rappresentanti a Podgorica hanno già fatto sapere che non vi è alcuna intenzione di lasciare l’azienda per un euro al governo montenegrino. Dopotutto Deripaska è un uomo di fiducia di Vladimir Putin ed è proprio su sua indicazione che è venuto in Montenegro. Inoltre Đukanović e il suo più stretto collaboratore, il ministro degli Esteri Milan Roćen, desiderano che il Montenegro rimanga in rapporti amichevoli con la Russia.
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