Aleviti, sunniti, sciiti: analogie e differenze (I)
Cosa è ortodosso e cosa eterodosso? E’ uno dei temi trattati in questa doppia intervista a Aykan Erdemir, antropologo e Mustafa Şen, sociologo, entrambi della Middle East Technical University di Ankara. La prima di due parti
Vorrei soffermarmi sulla questione del posto che gli aleviti occupano nel mondo islamico rispetto alle correnti sciita e sunnita, possiamo tracciare un quadro generale?
Aykan Erdemir: Nel mondo islamico la divisione fondamentale tra sunniti, il 90%, e sciiti, 10%, risale agli avvenimenti seguiti alla morte del profeta Maometto, la questione della successione, di chi prenderà il suo posto, la lotta per il Califfato. Per i sunniti il successore deve essere Ebu Bekir, per gli sciiti invece Ali, marito di Fatima la figlia di Maometto, è destinato a prendere il posto del profeta. Tra gli sciiti, come tra i sunniti, ci sono poi correnti diverse. Quella dei tre imam, Deydi, quella dei sette imam, gli Ismailiti, quella dei dodici imam, di cui si parla spesso negli ultimi tempi in relazione a quanto accade in Iran ed in Libano.
Gli aleviti non rientrano in nessuna di questa due grandi correnti. Si, tra gli Aleviti ci sono i dodici imam come discendenti del profeta che torneranno un giorno a portare pace e giustizia nel mondo, elementi che avvicinano gli aleviti agli sciiti. Nella teologia e nella pratica ci sono però molte differenze. La ritualità alevita non prevede le cinque preghiere quotidiane, non c’è il mese del digiuno e neppure il pellegrinaggio alla Mecca. la credenza nella uguaglianza tra uomini e donne che condividono lo stesso spazio nella preghiera, l’esistenza di un semah, l’uso della musica, l’uso degli alcolici nelle cerimonie, sono tutti elementi che mostrano quanto gli aleviti siano lontani dalla tradizione sciita.
Nelle cerimonie alevite si parla molto dei fatti di Kerbela nell’odierno Iraq, città dove nel 680 d.C. l’esercito omayyade assassinò Hussein nipote di Maometto. N.d.A). Il ruolo della sofferenza, del martirio sono importanti così come nella tradizione sciita, non è un punto comune?
AE: Sì certo, il sentimento dell’aver subito un ingiustizia, di essere stati oppressi è un elemento comune con gli sciiti. L’ingiustizia patita a Kerbela da Ali nel corso della lotta per la successione, l’avvelenamento di suo figlio Hasan e l’uccisione del fratello Hüssein sono elementi importanti tra gli aleviti ma anche qui ci sono differenze rilevanti soprattutto per quanto riguarda il dolore e la sua drammatizzazione.
La questione del lutto tra gli sciiti è molto importante, durante il periodo del muharrem potete vedere queste differenze. Ferirsi, tagliarsi, colpirsi con delle catene, anche se si tratta di tradizioni che stanno perdendo la loro forza, sono elementi caratteristici del mondo sciita. Tra gli aleviti queste tradizioni sono completamente assenti. Il ricordo dei fatti di Kerbela avviene durante la cem, attraverso orazioni funebri, una modalità poetica ed artistica, questa è una differenza importante. Un’altra differenza è che nella cerimonia della cem c’è il momento in cui si ricorda l’ascensione di Maometto al fianco d Allah, miraçlama. In questa fase assistiamo anche alla divinizzazione della figura di Ali, questa una differenza importante rispetto a gran parte del mondo sciita.
Si parla spesso di aleviti e bektashi come fossero due sinonimi, qual è la differenza?
AE: I bektashi sono una confraternita e quindi chiunque può diventare bektashi. L’alevismo è qualcosa che passa attraverso il padre e la madre. Quindi i bektashi eleggono i loro dede, i loro leader spirituali mentre per gli aleviti il dede è una carica che si trasmette tra le generazioni, da padre in figlio.
La confraternita dei bektashi è stata considerata il braccio spirituale dei giannizzeri, il corpo militare d’elite dello stato ottomano. Non c’è una contraddizione con la filosofia alevita fondata sulla tolleranza e "l’umanesimo anatolico"?
Mustafa Şen : Questa relazione tra bektashi e giannizzeri in realtà rappresenta un’incognita che nemmeno gli storici hanno indagato a fondo. Con le riforme di Mahmut II, la modernizzazione ottomana ha soppresso i giannizzeri ed allo stesso tempo la confraternita, è un momento di passaggio e su questo non sappiamo molto. In realtà in epoca ottomana ogni professione, corporazione, aveva legami privilegiati con una confraternita religiosa. I giannizzeri sono legati ai bektashi. Il problema è guardare l’impero ottomano come uno stato nazionale moderno e in questa prospettiva vediamo le relazioni tra confraternite e il centro come unidimensionali.
Molti intellettuali aleviti vedono in realtà di cattivo occhio una relazione tra i bektashi ed il potere ottomano. Io credo che non avendo molte informazioni sia sbagliato fare delle generalizzazioni. Nel mondo ottomano c’erano diversi rapporti di forza e i bektashi possono aver avuto una relazione privilegiata con i giannizzeri, del resto molti esponenti di spicco dei giannizzeri sappiamo erano bektashi.
La religione nel mondo ottomano non aveva però un carattere così conservatore come vorrebbero gli islamisti di oggi. I sunniti non avevano una posizione così predominante e il potere ottomano intrecciava relazioni coi differenti gruppi religiosi in modo pragmatico, strumentale a seconda delle circostanze. Dobbiamo poi considerare il particolare carattere dei giannizzeri formati da bambini cristiani, reclutati secondo il sistema della devşirme, cioè venivano rapiti dalle famiglie di origine e poi spesso affidati a famiglie alevite-bektashi perché gli aleviti non facevano discriminazioni rispetto ai loro figli naturali, quindi le famiglie alevite rappresentavano un ambiente ideale per crescere i futuri soldati.
Di nuovo vorrei tornare sulla questione dell’alevismo come Islam sincretico, non ortodosso, qual è il suo punto di vista?
AE: Io credo che fino al 16° secolo nell’Islam sia impossibile parlare di una ortodossia consolidata, neanche lo stato ottomano aveva le idee ben chiare su cosa fosse l’ortodossia sunnita. In questo contesto quindi non è possibile parlare neanche di eterodossia, forse di metodoxia. Dopo il 16° secolo si può parlare di una ortodossia sunnita hanefita. E’ possibile parlare di ortodossia nella Turchia contemporanea?
Ufficialmente siamo in un paese laico ma probabilmente c’è un’ortodossia ufficiosa per così dire rappresentata dalla Presidenza degli Affari religiosi.
Per quanto riguarda il concetto di sincretismo è un termine molto usato ma di difficile applicazione. Dal punto di vista antropologico non ci sono religioni non sincretiche e allora perché usiamo il termine eterodosso solo per gli aleviti? Io credo che dietro questo equivoco ci sia un pregiudizio e cioè quello per cui si vuole mostrare che il sunnismo è puro ed omogeneo mentre l’alevismo sarebbe una sorta di versione deteriorata e allora se usiamo il termine sincretico solo per l’alevismo mi risulta difficile accettarlo. Io credo che qui cominciano serie questioni scientifiche, politiche e morali. (1 – continua)
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