Albania, un tranquillo agosto di omicidi
Una serie di delitti consumati all’interno delle mura domestiche lascia nello sgomento la società albanese. I commentatori puntano il dito sulla crisi delle istituzioni famigliari e sullo stato di precarietà nel quale è entrato il Paese dopo il comunismo
Mentre la politica conflittuale albanese va in vacanza dando un po’ di tregua, a preoccupare in questi caldi giorni d’agosto ci pensa un altro fenomeno che sta prendendo sempre più piede nel Paese delle aquile: il crimine in famiglia. Le cifre sono sconcertanti: 6 casi solo nei primi 10 giorni del mese che hanno lasciato nell’inquietudine l’opinione pubblica mostrando ancora una volta la fragilità della famiglia albanese, la quale sin dalla caduta del comunismo nei primi anni Novanta ha subito una diminuzione drastica del proprio valore.
Follia pura
Ad aprire la serie è una 37enne di Burrel (nel nord del Paese), Vitjana Tarazhi, madre di due figli. La donna da tempo sospettava che i parenti del marito, tre anni prima, gli avessero ucciso il fratello, ed ha infine deciso di vendicarsi sul figlio del proprio cognato, un bambino di 11 anni. Con la scusa di andare a tagliare la legna, ha portato il piccolo con sé nel bosco vicino a casa sua. "Appena abbiamo oltrepassato il fiume, l’ho colpito con un’ascia due volte: una sulla testa ed un’altra sulla gola", ha raccontato agli inquirenti, dicendosi di non essere per niente pentita, ‘anzi, sono tranquillissima’."
A seguire c’è stato il caso di Pashk Zefi, padre di due figli, residente a Lezha, nel nord ovest dell’Albania. Qualche sera fa il padre, di 72 anni, lo aveva invitato a cena insieme alla moglie, ma una discussione accesa tra i due ha fatto diventare la stanza un vero e proprio macello. Dalla rabbia, il 44enne ha preso il coltello ed ha cominciato a colpire il vecchio, come hanno raccontato gli altri membri della famiglia, aggiungendo solo che tutto è partito "da una stupidaggine."
Al sud, invece, a fare da movente è la gelosia. Due i casi dove il marito cerca di uccidere la moglie perché "è troppo geloso" oppure "perché sospettava che lo tradisse."
Ma la follia ha attraversato l’intera geografia del Paese in modo impressionante, senza risparmiare neppure la capitale, Tirana, dove un’adolescente di 14 anni ha avvelenato la madre, Merita Shllaku (33), una cantante di musica folk famosa anche fuori dell’Albania. La ragazzina ha raccontato ai poliziotti che la madre non la lasciava uscire con le amiche e spesso la picchiava. Per questo lei aveva deciso di darle una "buona lezione", al fine di spaventarla. Seguendo il piano che aveva preparato, la 14enne ha comprato un po’ d’insetticida in polvere e, durante la notte, l’ha messo nel bicchiere d’acqua che la madre usava tenere sul comodino. La cantante è riuscita ad arrivare in tempo all’ospedale ed ora è fuori pericolo.
Sgomento tra l’opinione pubblica
Spesso i media in questi giorni si sono limitati a ricostruire e raccontare l’accaduto, senza riuscire a spiegare cosa può spingere queste persone a tali atti. Incapaci di motivare questa ondata di violenza, i giornalisti sono scesi per le strade chiedendo alla gente. Ma inutilmente. Le telecamere hanno fissato le immagini di una marea di persone che alzando le spalle restava ferma di fronte ai microfoni a pensare. L’unica cosa che ti sanno dire con certezza è che hanno paura. "Questa volta non si tratta di criminali – spiegano – ma di gente come noi che ad un certo punto perde il controllo." E alla fine, quasi nessuno dimentica di chiedere agli organi competenti di non avere clemenza con gli autori di questi crimini. L’opinione pubblica albanese sembra essere d’accordo sul fatto che debba essere lo Stato ad occuparsi del problema e a dover trovare il più presto possibile metodi efficaci per combatterlo.
Sindrome da post-comunismo?
"Il padre uccide la figlia perché la considera una svergognata", "Il marito uccide la moglie perché lo tradiva", "Il figlio uccide il padre perché non gli dava i soldi" ecc. Capita spesso di trovare titoli come questi sulle prime pagine dei quotidiani albanesi, in modo particolare da dopo il 1990. E’ a partire dalla caduta del comunismo, in effetti, che il fenomeno del crimine in famiglia ha fatto il suo ingresso nella società albanese, diventando di anno in anno sempre più preoccupante. Se nel 2003 sono stati segnalati 16 casi in tutto, quest’anno – solo nei primi giorni di agosto – ne sono già stati registrati 6.
I motivi di questi crimini vengono spesso catalogati come "banali" e le autorità giudiziarie riescono quasi sempre a fermare gli autori. Ma tutto si ferma qui. Fino ad ora non è mai esistita una politica sociale capace di combattere questo fenomeno. La famiglia albanese si sta sgretolando, dicono preoccupati gli specialisti, ma pure loro si sentono impotenti a fare qualcosa.
Tra le cause vengono indicate la povertà e lo stress, che dopo i primi anni Novanta hanno preso il sopravvento. "L’incertezza economica, quella per il futuro, e la fragilità sociale sono alcune delle cause che fanno soffrire in queste condizioni la nostra società", afferma l’opinionista Ilir Kulla in un editoriale per "Gazeta Shqiptare". Secondo l’autore, che è uno tra i pochi ad essere intervenuti sull’argomento, è una certa miscela tra le difficoltà della vita di oggi, la mancanza di sicurezza per il futuro e lo shock causato dalla dittatura nel passato e dall’anarchia, a fare sì che la gente abbia perso completamente l’autocontrollo…
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