Albania: un passo avanti verso l’UE
Lo scorso 19 luglio, dopo otto anni di attesa, l’Albania ha finalmente partecipato alla prima conferenza intergovernativa in qualità di paese candidato all’Unione europea. Si avvia così il processo negoziale di adesione, sul quale tuttavia già potrebbero pesare questioni bilaterali irrisolte con la Grecia
In Albania l’avvio dei negoziati di adesione è stato accolto con un misto di entusiasmo e cauto ottimismo dalle élite politiche locali e dall’opinione pubblica in generale. Il 19 luglio, dopo otto anni di attesa, l’Albania ha finalmente partecipato alla prima conferenza intergovernativa in qualità di paese candidato.
Tutto lo spettro politico ha mandato messaggi costruttivi, riconoscendo l’importanza di questo "momento storico" per la democrazia e lo sviluppo economico. “Oggi è un nuovo giorno per l’Albania”, ha dichiarato il primo ministro Edi Rama durante l’alzata simbolica della “bandiera dell’Europa” davanti al palazzo del governo a Tirana il 20 luglio. “Sebbene in ritardo, oggi è un’ottima giornata per l’Albania, che fa un nuovo passo avanti”, aveva affermato in precedenza il presidente uscente Ilir Meta. “Questa è una pietra miliare posta dagli albanesi insieme ai nostri amici europei”, ha aggiunto. Anche il leader dell’opposizione Sali Berisha ha espresso la sua gratitudine alla Commissione europea e agli Stati membri per aver concesso la realizzazione delle aspirazioni europee degli albanesi.
Fattore temporale e polarizzazione
I negoziati di adesione richiederanno almeno un decennio. Come riconosciuto dal Primo ministro albanese durante la conferenza stampa a Bruxelles, l’avvio dei colloqui intergovernativi è solo “la fine dell’inizio” e le vere sfide per l’Albania iniziano ora. Sicuramente il ritmo di avanzamento sarà pilotato dalla velocità di adozione e attuazione delle riforme, nonché dalle capacità interne di far fronte alla pressione del mercato UE. Si prevede che il processo sia più lungo rispetto ai precedenti round di allargamento, come per esempio quello della Croazia.
Ad oggi il Paese è esposto a diversi fattori di vulnerabilità che richiedono interventi strutturali. Le conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina hanno influito sulla crescita economica e sui tassi di disoccupazione. Il debito pubblico ha raggiunto l’82,7% del PIL a metà del 2022 e i flussi turistici sono inferiori rispetto agli anni precedenti. Sul fronte politico interno, la traduzione della volontà politica richiesta di un’azione trasversale su larga scala per il fine dell’adesione all’UE resta una sfida. Gli ultimi trent’anni sono stati caratterizzati da frequenti lotte politiche, mancanza di dialogo e relazioni instabili tra le istituzioni statali.
Le agende politiche e le divergenze dei partiti hanno messo a dura prova la prospettiva europea condivisa, minando la credibilità e provocando frustrazione nei cittadini. Ad esempio, l’opposizione non ha partecipato a nessuna cerimonia ufficiale a Bruxelles o Tirana per celebrare questo importante traguardo.
Nei prossimi mesi la Commissione procederà al processo di screening del primo cluster previsto dai negoziati di adesione, occupandosi delle questioni fondamentali, e di conseguenza si intensificherà il carico di lavoro per le istituzioni statali e la pubblica amministrazione. Di fronte alle limitate capacità tecniche, alla fuga di cervelli e alla pressione temporale, trovare un consenso tra le parti sull’agenda UE segnerebbe sicuramente un’inversione di marcia per i negoziati dell’Albania.
Questioni bilaterali nel quadro negoziale
L’esperienza della Macedonia del Nord dimostra che i negoziati di adesione possono essere presi in ostaggio dagli Stati membri dell’UE in qualsiasi fase della procedura negoziale, spesso come trofeo da vendere all’opinione pubblica nazionale per vantaggi a breve termine. Sebbene in linea di principio l’Albania sia rimasta estranea a tali dinamiche con i paesi vicini, gli esperti stanno rilanciando l’attenzione sulla controversia sui confini marittimi con la Grecia.
Il quadro negoziale non è stato ancora pubblicato ufficialmente, ma le fughe di notizie mostrano che il capitolo sui "principi fondamentali delle negoziazioni" riconosce l’esistenza di tale controversia, elevandola ad un altro livello. In particolare, la clausola prevede che la controversia comprenda anche l’attuazione della (prossima) decisione vincolante della Corte Internazionale di Giustizia. Dal punto di vista albanese, la questione non avrebbe dovuto trovare posto nel quadro negoziale, poiché riguarda un insieme di questioni che esulano dal quadro delle competenze dell’Unione e creano uno squilibrio favorendo lo Stato membro rispetto al paese candidato. Una questione simile esisteva fino al 2020 tra Italia e Grecia ed è stata risolta per via bilaterale senza l’intervento formale delle istituzioni dell’UE.
Al momento, l’Albania ha accettato di portare la questione in tribunale, ma non è stata intrapresa alcuna azione. Una soluzione rapida e reciprocamente accettabile alleggerirebbe sicuramente l’onere dell’Albania durante i negoziati di adesione. In caso contrario, questa disputa bilaterale rischia di ostacolare il percorso europeo dell’Albania, poiché la Grecia potrebbe ritardare o bloccare i colloqui in qualsiasi momento.
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