Albania: nuovo governo, poche sorprese
Conferme, continuità e timide novità nel nuovo governo socialista di Tirana, sempre più a immagine e somiglianza del suo leader Edi Rama
A due mesi dalle elezioni politiche che hanno rinnovato il sostegno popolare al Partito Socialista (PS), affidandogli la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, il Premier Edi Rama ha posto fine al toto-nomi estivo che puntualmente imperversa sulla stampa albanese nelle ore dell’insediamento dell’esecutivo ed ha presentato la nuova squadra governativa.
Dall’Assemblea socialista convocata il 27 agosto scorso per illustrare le priorità dell’imminente legislatura – seppure in assenza di un dibattito interno e di un concreto programma di governo – l’era Rama 2 ha preso il via promettendo un esecutivo più piccolo e un’amministrazione più snella: undici ministeri invece dei sedici della scorsa legislatura e due segretari di stato invece dei precedenti tre. Al veterano Gramoz Ruçi è stata affidata la Presidenza del Parlamento e al fido Taulant Balla la guida del gruppo parlamentare, mentre Senida Mesi, dal 2013 consigliera municipale a Scutari, sarà a sorpresa la nuova Vice Premier d’Albania.
La (nuova?) squadra
Un governo che riparte comunque da volti già noti: dall’asso pigliatutto Arben Ahmetaj – che confermato alle finanze gestirà anche l’economia e il lavoro – a Ditmir Bushati, che dal ministero degli Esteri coordinerà anche il processo di adesione all’Unione Europea; da Damian Gjiknuri – che affiancherà alla gestione delle risorse energetiche anche quella delle infrastrutture – a Lindita Nikolla, che su di sé accorpa ai dicasteri dell’istruzione, dello sport e della gioventù.
I ministeri dell’Interno, della Cultura della Sanità rimangono rispettivamente nelle mani di Fatmir Xhafaj, Mirela Kumbaro e Ogerta Manastirliu. La gestione del turismo e dell’ambiente passa a Blendi Klosi, già Ministro del Welfare, mentre agricoltura e sviluppo rurale all’ex Vice Premier Niko Peleshi. Infine, con la riforma del sistema giudiziario che sembra ormai prossima all’avvio, il delicato ministero della Giustizia, fino ad ora affidato al Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI), passa all’attuale vice ministra Etilda Gjoni.
Due i Segretari di stato senza portafogli, Sonila Qato per i rapporti con gli imprenditori e l’ex Premier Pandeli Majko per i rapporti con la diaspora, tra i pochi volti sopravvissuti di un Partito Socialista targato Fatos Nano, di cui quasi non si ha più memoria. Anche se senza portafoglio, Majko torna al governo per occuparsi degli albanesi all’estero, dove si ritiene che Rama sia, se possibile, anche più forte che su suolo albanese. E considerando che gli aventi diritto nel giugno del 2017 erano quasi 3.5 milioni, e che la popolazione albanese non arriva a 2.9 milioni di cittadini residenti (dati Istat gennaio 2017), un eventuale voto per corrispondenza, più volte promesso dalla sinistra albanese, potrebbe contare in una prossima tornata elettorale quanto il voto dei residenti.
Due invece gli esclusi illustri, l’ex Ministro dell’interno Saimir Tahiri e quello della sanità Ilir Beqaj, entrambi ritenuti a lungo intoccabili ma che sulle spalle portano rispettivamente il peso della dilagante produzione di cannabis nel paese e le troppe concessioni di servizi medici e sanitari ai privati.
Annunciata la nuova formazione del governo non sono mancate le polemiche per la scelta di figure di scarso spessore politico, a volte note solo per precedenti collaborazioni con il Premier Rama, o dai trascorsi poco trasparenti. A cominciare dal nuovo Presidente del Parlamento Gramoz Ruçi, tra i dirigenti locali del Partito del Lavoro Albanese durante il regime e nominato nel 1991, nel delicato periodo di passaggio alla “democrazia”, a capo del ministero dell’Interno, all’epoca responsabile anche della polizia segreta. Già note invece le polemiche intorno a Fatmir Xhafaj, di nuovo a causa di una carriera iniziata come procuratore e giudice durante il regime di Enver Hoxha.
Governo rosa, potere azzurro
E’ stata accolta invece con particolare entusiasmo la composizione di genere di questo nuovo governo, diviso al 50% tra donne e uomini. Le nuove entrate dell’esecutivo sono infatti soprattutto donne, che in gran parte sostituiscono le cinque ministre non confermate di quello precedente. Ma alle cifre politicamente corrette non corrisponde neanche in questa legislatura una rappresentazione di fatto delle donne in politica. Nessuna delle sette ministre ha un peso reale nel partito o nella scena politica albanese; nessuna delle donne promosse negli anni da Edi Rama lo ha mai avuto. Anche in questo governo alle donne è affidato l’effetto sorpresa, il compito di suscitare scalpore: la favola della consigliera municipale promossa a vice Premier. Una più equa divisione del potere, in Albania prerogativa al 100% maschile, è ancora rimandata ad una prossima legislatura.
In miglioramento invece la situazione alla Camera, dove grazie alle quote di genere al 30% previste dal Codice Elettorale, anche se non sempre rispettate oppure aggirate dai partiti, per la prima volta siederanno in Parlamento 39 donne, cifra che rasenta il 28% e segna un aumento significativo rispetto al 17.8% del 2013.
Le opposizioni
Nel luglio scorso si sono tenute le primarie del PD, notoriamente distanti da qualsivoglia criterio di democrazia e regolarità, ed hanno confermato il plurisconfitto Lulzim Basha alla guida del partito. Nello scontro con il collega Eduard Selami, Basha ha superato il 91% preferenze, uscendo apparentemente indenne sia dal recente tonfo elettorale che dalle accuse di “brogli” e di “primarie farsa” mosse dagli avversari nel partito. Rientrando in Parlamento dopo sei anni a guidare finalmente da vicino il suo gruppo parlamentare, con gli avversari fuori dal Parlamento e l’ex Premier Sali Berisha sempre più in ombra, Basha ha ora tutti gli strumenti per cominciare a fare opposizione, se vorrà fare dimenticare al popolo democratico sia l’accordo fallimentare pre-elettorale con Edi Rama che il peggiore risultato elettorale della storia del PD.
In Parlamento, Basha ritroverà tra le fila dell’opposizione anche il Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI), anch’esso in corso di riorganizzazione ora che il Presidente della Repubblica Ilir Meta ha consegnato la leadership nelle mani della consorte Monika Kryemadhi. Lontano dal governo dopo otto anni, anche all’LSI spetta ora il difficile compito di arginare, per quanto possibile, il prevedibile calo fisiologico di consensi e affiliati.
È possibile che i due partiti riescano a ritrovare l’intesa per fare fronte comune alla maggioranza parlamentare viola, ma l’apparente diffidenza dei rapporti che fino ad ora si è osservata lascia intendere che le commistioni tra politica e affari, quelle collaborazioni extra-parlamentari ancora in corso nonostante la rottura con il PS, potrebbero avere la meglio sulle alleanze politiche e le coalizioni, indebolendo l’effettiva azione d’opposizione dell’LSI.
Da solo al volante
Per chi ha seguito la campagna elettorale di giugno il “patto” di Rama con gli elettori questa volta era chiaro. Annullando all’improvviso quattro anni al governo e proponendosi quasi al pari dei partiti di opposizione, Rama ha chiesto di essere votato e di avere il volante per andare a governare senza le ingerenze degli alleati, per ripartire senza il loro freno sulle riforme. E con la maggioranza che gli hanno conferito gli elettori albanesi era chiaro che anche il governo, come già le liste elettorali, avrebbe avuto lo stampo del tutto personale del suo indiscusso leader.
Di fatto, l’Albania democratica non ha mai avuto un governo monocolore, né un esecutivo che rifletta solo la linea del suo Primo Ministro. Senza più alleati scomodi, e senza ancora voci interne contro, per Rama il vero rischio è di non avere più scuse. Dopo quasi vent’anni in politica vissuti sempre in prima linea, e dopo l’ultima vittoria vertiginosa, la fatica – o ancor peggio la noia – potrebbe non risparmiare nemmeno la psicologia del premier artista: il nervosismo dimostrato nelle ultime apparizioni pubbliche è forse già un primo segnale degli effetti collaterali di un potere schiacciante anche per chi lo porta.
Se quello che si apre sarà il canto del cigno dell’era Rama o un ulteriore passo verso un leaderismo albanese che conoscerà altre stagioni, è ancora difficile da prevedere. Di certo, da oggi in avanti, meriti, demeriti e responsabilità politiche saranno tutte a carico del conducente. Nel bene o nel male, è questa la vera novità del Rama 2.
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