Albania, minoranza sul confine
In Albania, al confine con la Grecia, si è ritrovata la comunità çam. Per commemorare i morti avuti durante la seconda guerra mondiale, per chiedere più attenzione a Tirana e Atene nei confronti dei propri diritti
Di Marjola Rukaj
In Albania si trova una comunità di circa 200.000 çam, comunità albanese proveniente dall’Epiro, la regione nella Grecia settentrionale che in albanese viene chiamata Cameria, da cui anche il loro nome. Immigrati in Albania durante la prima metà del ‘900, ora si trovano sparsi prevalentemente nella parte meridionale e centrale del paese, per lo più nei maggiori centri urbani.
Sono ben integrati nella società albanese ma hanno maturato una forte identità di appartenenza alla comunità çam. E’ un’identità segnata dal legame con la terra di provenienza che hanno dovuto lasciare per le politiche ostili applicate nei loro confronti dalle autorità greche, e dalla rivendicazione dei propri diritti nei territori greci da cui sono fuggiti. Mentre la Grecia non riconosce l’esistenza di tali diritti, il problema dei çam pare essere per la politica albanese una questione alquanto imbarazzante da affrontare.
Della questione çam in Albania si parla di rado e spesso con toni retorici che ne offuscano la conoscenza sia della genesi del problema sia della situazione attuale. Solo nelle ultime settimane, in occasione di una manifestazione senza precedenti, la stampa albanese ha trattato ampiamente e a più riprese la questione çam. Benché una giornata dedicata al ricordo dell’esodo dei çam esista già dal 1995, una manifestazione di tale portata non si è avuta che quest’anno, ben 62 anni dopo il massacro degli albanesi musulmani nelle zone di Filat e Paramithia in territorio greco.
Si è trattato di una manifestazione pacifica, dalla partecipazione massiccia di appartenenti alla comunità çam che si sono recati a Qafë Botë vicino al confine greco-albanese però in un’area scelta accuratamente per evitare eventuali equivoci e sensi di provocazione. Tutti i giornali hanno riportato il marcato comportamento pacifico dei manifestanti il cui scopo era rendere omaggio alle vittime del ’44, invitando alla pace con una serie di simboli tra cui le loro t-shirts bianche con sopra una foglia di ulivo, i messaggi amichevoli in greco e in albanese, o le due bandiere sventolanti una a fianco all’altra.
La manifestazione è stata un’occasione per rendere pubbliche anche le richieste che questa comunità cerca di presentare ai due governi già da molto tempo. Si cerca la restituzione delle proprietà alla popolazione espulsa, il diritto alla doppia cittadinanza e la soluzione definitiva di una questione lasciata in sospeso pur essendo cruciale per la politica di buon vicinato che si vuol condurre tra la Grecia e l’Albania. Gli stessi partecipanti hanno dichiarato per la stampa albanese di non vedere nello stato greco attuale il "genocida" con cui inimicarsi, bensì un governo capace di tenere conto della questione çam lontano dai tempi di Verza, l’accanito esecutore del massacro del 1944 in Cameria.
Non vi sono state partecipazioni, nè interventi da parte di politici tranne del piccolo partito PDI (Partito democratico per l’integrazione) che sta assumendo sempre più il ruolo del portavoce e del difensore della comunità çam. Però nelle ultime elezioni il PDI non è riuscito a superare la soglia dello sbarramento probabilmente a causa della sua posizione appartata rispetto alle grandi coalizioni.
In molti sulla stampa albanese in questi giorni si sono meravigliati del silenzio in merito ai diritti di questa comunità. La stampa albanese ritiene quasi unanimemente che si tratti dell’umile flessibilità che ha caratterizzato i governi albanesi finora nei confronti della Grecia in particolare per timore di eventuali instabilità e a causa del ruolo greco in chiave di integrazione albanese dell’Albania. "Di fatto in Grecia verso la questione çam si ha una totale intransigenza, tanto da risultare", afferma la storica Elefteria Mada "una delle questioni meno trattate dalla storiografia contemporanea greca".
Molti giornali albanesi hanno tentato di riassumere dal punto di vista storico-giuridico la nascita e lo sviluppo della questione çam. Esponendo cronologie diplomatiche vari quotidiani attribuiscono il congelamento della questione çam alla persistenza della legge di guerra tra l’Albania e la Grecia. Tale legge è stata promulgata il 10 novembre 1940 dalle autorità greche allorché l’Albania fu coinvolta nella guerra italo-greca essendo stata precedentemente occupata dall’Italia. La validità di questa legge è ampiamente controversa poiché la parte albanese ha più volte richiesto l’attivazione di una legge abrogativa che ne comportasse la perdita di vigore, mentre puntualmente da parte greca l’abrogazione è stata considerata implicita e già posta in essere dai rapporti diplomatici che sussistono effettivamente tra i due paesi. Secondo la stampa albanese l’esistenza formale di tale legge e altri provvedimenti allegati, impediscono la restituzione delle proprietà alla comunità çam poiché contrastano con qualsiasi altro provvedimento che potrebbe essere preso in questo senso. In dottrina c’è chi considera la legge di guerra un mero pretesto, giuridicamente infondato, poiché essendo stata l’Albania uno stato occupato, in diritto internazionale è da considerare priva di animus belli.
L’aspetto giuridico è stato ampiamente trattato anche dal punto di vista dei diritti umani tra cui risultano violati i diritti di non venir privati arbitrariamente della propria cittadinanza, il diritto al riconoscimento della personalità giuridica della persona, il diritto a non venire espulsi con la violenza nè in modo individuale nè collettivo.
Il problema è stato rivisitato anche dal punto di vista storico. Secondo la stampa albanese la questione çam nasce al Congresso di Berlino nel 1878 nel quale è stato deciso di far rimanere nello stato greco il territorio chiamato Threspotia o Cameria abitato da una consistente popolazione albanese, confermato in seguito nella Conferenza di Londra del 1913. Fino alla Seconda guerra mondiale la popolazione çam si è vista vittima di continue tendenze di pulizia etnica basate sul criterio religioso secondo cui per definizione gli ortodossi sono greci e i musulmani turchi facendo sì che oggetto delle persecuzioni fosse la popolazione di religione musulmana mentre gli albanesi ortodossi continuano tutt’ora a vivere in territorio greco. Tale criterio è stato ulteriormente applicato nel 1924 sullo scambio di popolazioni tra la Grecia e la Turchia in base al quale gli albanesi musulmani vennero classificati come meramente musulmani senza alcun riguardo all’etnia diventando di conseguenza soggetti all’espulsione verso la Turchia.
Secondo la stampa albanese, il maggior inasprimento della politica aggressiva nei confronti dei çam da parte delle autorità greche si è avuto negli anni 1940-1941 quando vennero arrestati tutti i maschi adulti della comunità e di questi 350 vennero uccisi e altri 400 morirono per torture e fame. Il 27 giugno 1944 le truppe del generale Napolon Zerva eseguirono il massacro di Paramithia: 600 morti, tra cui donne e bambini. Questo fatto tragico causò l’esodo di ben 30.000 çam prevalentemente verso l’Albania. Attualmente i rappresentanti della comunità çam dichiarano che complessivamente in Albania vivono circa 200 000 individui originari della Camëria.
In conclusione i çam hanno espresso la volontà di creare un vero e proprio rito commemorativo annuale simile alla manifestazione che si è avuta quest’anno.
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