Albania: la pesca ai voti della diaspora
La vittoria alle prossime politiche in Albania, in programma il 23 giugno, rischia di giocarsi su poche migliaia di voti. Non si tralascia quindi nulla, nemmeno i voti di chi, dall’estero, decidesse per l’occasione di tornare in patria a votare
(tratto da Klan, pubblicato originariamente il 7 maggio, selezionato da Le Courrier des Balkans e OBC)
Nessuno ha preso sul serio il recente invito lanciato dal primo ministro Sali Berisha al suo principale avversario, il socialista Edi Rama, ad accordarsi per adottare una legge per il voto a distanza dei membri della diaspora. La legge albanese non permette infatti attualmente agli elettori residenti all’estero di votare presso consolati o ambasciate.
Sembra infatti che Berisha abbia voluto in questo modo esclusivamente replicare al suo avversario Edi Rama che aveva appena incontrato, a Milano, i rappresentanti locali della diaspora albanese.
Di sicuro vi è che la battaglia per guadagnarsi i voti degli albanesi emigrati all’estero è stata lanciata.
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Per Edi Rama il voto degli emigranti è “decisivo per il risultato del 23 giugno”. Ilir Meta, a capo della Lega socialista per l’integrazione (LSI), che ha di recente stretto alleanza coi socialisti abbandonando la coalizione di governo, si è recato ad Atene ed ha promesso agli emigranti simpatizzanti del suo partito che queste elezioni saranno le ultime nelle quali saranno obbligati a rientrare a casa per esercitare il loro diritto di voto.
E’ la stessa promessa che Sali Berisha ha fatto ad alcuni rappresentanti della diaspora nel 2012. Ma, nonostante tutto, le varie negoziazioni tra i democratici e i socialisti sulla riforma del codice elettorale non hanno mai avuto all’ordine del giorno il voto a distanza degli emigranti.
Motivare la diaspora
Tutti i partiti stanno facendo calcoli sui voti ottenuti alle scorse elezioni, sulle nuove alleanze, sulle promesse, sui successi o fallimenti ottenuti durante la campagna elettorale. Ma il voto degli emigranti potrebbe far saltare ogni calcolo ed essere fondamentale se solamente 70.000 di loro decidessero di iscriversi alle liste elettorali e poi votassero realmente.
Attualmente 680.000 emigranti albanesi risiedono in Grecia, 520.000 in Italia. Ma pochi tra questi elettori potenziali sono motivati effettivamente a fare rientro in Albania per votare.
E’ su questo che i partiti hanno concentrato i loro sforzi. I partiti principali hanno da tempo aperto sezioni anche nelle principali città greche e italiane, con l’intento di affiliare e mobilitare la diaspora. Inoltre, negli ultimi 15 anni, le elezioni si sono sempre tenute durante l’estate in modo da permettere agli emigranti d’unire l’utile al dilettevole: votare e tornare a visitare la famiglia.
Ma questo non è sufficiente a convincere chi non è molto politicizzato. Inoltre, a seguito dei progressivi ricongiungimenti familiari, gli emigranti hanno sempre meno parenti in patria.
Conti e sconti
Ed è per questo che i vari partiti hanno iniziato a sponsorizzare i viaggi, con una spesa non indifferente e che pesa notevolmente sul totale del budget elettorale. Si è così letto sulla stampa che il sindaco di Tirana, Lulzim Basha, ha distribuito biglietti d’aereo gratis agli elettori del Partito democratico.
Una gran parte degli emigranti che ritornano dalla Grecia sono originari in particolare del sud e del centro dell’Albania e quelli che vivono in Italia in particolare sono originari dell’asse Scutari-Vlora-Tirana. Un costo dai 40 ai 55 euro per andata/ritorno in autobus e circa 200 euro in aereo per i primi, e dai 200 ai 250 euro in aereo per i secondi. L’andata/ritorno in traghetto dai porti di Valona e Durazzo variano dai 30 ai 110 euro.
Le spese sborsate dai partiti a favore di chi decidesse di rientrare a votare potrebbero ammontare a milioni di euro.
Ma quale la garanzia per i singoli partiti d’ottenere poi effettivamente il voto di chi si è aiutato a rientrare dall’estero? Il sistema è stato trovato. Gli emigrati dovrebbero mostrare a chi di dovere una foto con la carta d’identità e la scheda votata per mostrare il loro adeguarsi al potere di turno.
Nei forum sul web già c’è chi propone astuzie per evitare l’inghippo: ad esempio farsi finanziare solo l’andata e poi arrangiarsi per il ritorno, avendo votato per chi si voleva. Ma i partiti attualmente all’opposizione non hanno mancato di renderla una questione politica con lo slogan: “Prendete il loro soldi e difendete il vostro voto”.
Una questione di taglia
La questione è comunque maledettamente seria. Alle ultime politiche e alle ultime amministrative la differenza in termini di voti tra socialisti e democratici è stata di 60.000 voti. Già se 100.000 emigranti decidono di votare potrebbero decidere le elezioni. La sezione del Partito socialista in Grecia aveva reso noto che per le elezioni politiche del 2009 circa 80.000 emigranti avevano votato per i socialisti, pur sottolineando che la gran parte di questi voti sarebbero stati “rubati” ( i socialisti hanno duramente contestato l’esito elettorale del 2009, ndt). Una cifra che pare esagerata. Attualmente la stessa sezione annuncia l’intenzione di raccogliere 20.000 voti dagli emigranti in Grecia, mentre non vengono invece fatte cifre relative all’Italia.
Invece la delegazione del Partito democratico in Grecia, aperta di recente, annuncia l’adesione di 2600 nuovi iscritti. L’Alleanza rosso-nera dichiara di contare molto sia sugli emigranti sia su chi, nelle scorse elezioni, aveva deciso di non votare. Ed è un argomento forte: molti tra gli emigrati sono sfiduciati dall’alternanza destra-sinistra che ha governato il paese fino ad ora e potrebbero dare il loro sostegno a nuovi politici ritenuti non corrotti. Resta da verificare se riterranno che l’AK di Kreshnik Spahiu abbia queste caratteristiche.
Gli albanesi sono emigrati un po’ dappertutto nel mondo, ma per il momento vengono corteggiati soprattutto quelli che risiedono in Grecia e in Italia. Se l’attuale opposizione socialista o la maggioranza democratica prima o poi decideranno di mettere in pratica le promesse sul voto a distanza la questione si estenderà anche andando oltre i paesi più vicini e coinvolgendo le diaspore in Inghilterra, Germania, Svizzera e altrove nel mondo.
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