Albania: il governo chiude il collegio turco
Ad una settimana dall’inizio delle lezioni, lo scorso 22 settembre, il governo albanese ha chiuso improvvisamente il collegio turco femminile ‘Mehmet Akif’ di Tirana. Una decisione drastica e motivazioni poco chiare. Nell’ombra l’ingerenza delle autorità turche
Sotto un cielo grigio che minaccia un imminente pioggia, un gruppo di ragazze marcia in segno di protesta verso la sede del governo a Tirana. Alcune ripongono sul marciapiede coppe vinte in competizioni internazionali, intonando insieme in coro: “Annullate la chiusura del collegio!”. Sono le studentesse del collegio turco “Mehmet Akif” (scuola media superiore), che per l’ennesima giornata protestano contro la decisione arbitraria del governo, presa il 22 settembre, una settimana dopo l’inizio dell’anno scolastico 2022-23.
Con voce rotta, una studentessa racconta la propria delusione e l’andare in frantumi delle ambizioni per un’istruzione di qualità che è convinta le potrebbe cambiare la vita. Proviene da un’area remota del nord dell’Albania, dove il tempo si è fermato e il disagio economico prevale sull’emancipazione femminile. Grazie alla borsa di studio poteva sognare in grande.
Stesso destino del collegio lo ha subito qualche giorno prima la scuola dell’infanzia “Zübeyde Hanım”, frequentata da 255 bambini e proprietà di una società registrata in Olanda da cittadini di origini turche. Non è la prima volta che succede. Nel 2020, il governo chiuse due madrase e il Memorial International School di Tirana seguendo un copione simile.
Il collegio dell’élite
Fondato nel 1996 dalla Fondazione Gülistan, il collegio ‘Mehmet Akif’ è diventato in poco tempo un punto di riferimento in Albania per l’insegnamento di qualità e in lingua straniera (principalmente inglese e turco). Di fronte ad un paese lacerato dal conflitto del 1997 e l’instabilità politica che seguì, il collegio, famoso per rigore e disciplina e caratterizzato da un’ottima immagine pubblica, offriva sicurezza ai genitori e un passaporto per il futuro alle loro figlie.
Al test d’ingresso al collegio partecipano fino a 2000 alunne provenienti da tutto il paese, per lo più studentesse eccellenti, beneficiarie di borse di studio per merito. Nel tempo, molte diplomate del collegio sono diventate parte dell’élite intellettuale albanese.
Il pretesto del governo
Il destino delle 159 studentesse iscritte attualmente al collegio è cambiato però a settembre con una decisione lampo del governo che ha chiuso le attività della scuola. Il governo ha inoltre specificato i doveri a capo dell’istituzione riguardo al trasferimento delle studentesse in altre scuole e il rimborso delle rette, ma senza indicare il motivo per il quale viene revocata la licenza o eventuali violazioni di norme vigenti.
In un post su Facebook, il ministro dell’Istruzione Evis Kushi ha chiarito che la revoca ha avuto luogo perché il collegio ha commesso “una serie di violazioni della normativa vigente”, in quanto ha svolto le lezioni in una sede diversa da quella autorizzata. Il ministro ha respinto le speculazioni sulle reali cause della decisione, che conducono alla frequente pressione esercitata dalle autorità turche sulla chiusura di tutte le scuole riconducibili al movimento di Fethullah Gülen, ex-alleato politico del Presidente Erdoğan.
I rappresentanti del collegio sostengono di aver comunicato ufficialmente al ministero in giugno la richiesta di trasferimento della sede, effettuando gli interventi necessari per rendere gli spazi a norma di legge e di non aver ricevuto alcun riscontro in merito. Ribadiscono che tale decisione “non ha nulla a che fare con l’istruzione o l’attuazione delle leggi del paese”. Come riporta il comunicato stampa della sezione albanese del Comitato di Helsinki per i diritti umani, la visita in loco dei rappresentati del ministero si è svolta solo il 14 settembre, due giorni dopo l’inizio delle lezioni, i quali hanno messo a verbale che la sede non rispettava alcuni criteri, senza indicare però ai dirigenti del collegio un termine entro il quale soddisfarli.
Vista la reazione pubblica, il Primo ministro Rama ha reagito inizialmente su Twitter, sostenendo che “le studentesse della scuola chiusa devono protestare contro i proprietari che hanno venduto l’edificio scolastico e trasferito l’attività altrove, senza ottenere il necessario permesso”. L’edificio storico del collegio è in realtà di proprietà del comune di Tirana, il quale ha concesso l’usufrutto alla Fondazione Gülistan per 30 anni.
Successivamente, in un intervento per i media, il premier è tornato sulla questione negando fermamente che la decisione sia collegata in alcun modo alle richieste fatte dal Presidente turco sulla chiusura delle scuole turche.
L’insistenza di Erdoğan
“Ci aspettiamo che l’Albania prenda misure contro la FETO e non permetta che le nostre relazioni vengano danneggiate”, ha dichiarato Erdoğan lo scorso 17 gennaio davanti al parlamento albanese. Si trovava in visita ufficiale in Albania per inaugurare i 522 appartamenti costruiti con fondi turchi nella città di Laç, a favore di famiglie che hanno perso le proprie abitazioni durante il terremoto del 2019. L’anno prima era stato donato un ospedale a Fier, del valore di 40 milioni di euro, inaugurato pochi giorni prima delle politiche dell’aprile 2021.
Facendo leva sull’amicizia speciale che lo lega all’Albania, Erdoğan in gennaio ha ribadito pubblicamente che il popolo turco era “profondamente ferito” dal fatto che il movimento Gülen continuasse il suo operato indisturbato, ribadendo la necessità di Tirana di prendere tutte le misure necessarie perché si eviti il peggio. Posta in questa forma, la ribadita amicizia assume più la forma di una transazione e scambio di favori politici. Al contempo, più che un avvertimento, la sua dichiarazione è stata interpretata come una precondizione per lo sviluppo delle future relazioni tra i due paesi.
Dal tentato colpo di stato del 2016, le autorità turche hanno esercitato continua pressione su Tirana, con una risposta del governo ambivalente. Di fronte alle sfide emerse dal terremoto e dalla pandemia, Tirana però ha accettato vari aiuti ma non senza costi: ha aumentato la propria dipendenza dalla Turchia. Inoltre anche gli stretti rapporti personali tra Rama ed Erdoğan hanno sollevato perplessità nell’opinione pubblica: i loro frequenti incontri sono infatti accompagnati da poca trasparenza. Il rischio è che col tempo si sfumi ulteriormente il confine tra relazioni interstatali e commerciali tra i due paesi, portando a personalizzazione del potere e degli interessi.
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