Albania: Governo in crisi, i socialisti perdono la maggioranza
A Tirana il governo non ha più la maggioranza in Parlamento. Ma proprio nessuno sembra volere le elezioni anticipate.
È crisi nella maggioranza socialista in Albania. Un dibattito sulla riforma elettorale ha spaccato il centro-sinistra al potere, rischiando di mandare il Paese ad elezioni anticipate. Tutto ha inizio circa una settimana fa, quando il Partito socialista (Ps) e quello Democratico (Pd, opposizione) hanno siglato un accordo sulla commissione parlamentare che si deve occupare della riforma, centralizzando nelle proprie mani tutti i poteri. Immediata la reazione dei partiti minori di tutto lo spettro politico: gli alleati dei socialisti hanno minacciato subito di rivedere la loro posizione nella coalizione, facendo di conseguenza cadere il Governo, se l’accordo non viene annullato o modificato.
Ma mentre i socialisti ammettono la crisi nella quale gravano senza tanti giri di parole, l’opposizione del centro-destra dimostra apertamente di non essere ancora pronta a ritornare al potere. Il Pd ha dichiarato di non essere disposta ad andare ad elezioni anticipate con Nano come Premier, chiedendo prima – come una forma di garanzia – la creazione di un governo tecnico.
Una riforma che lacera
Doveva unificare lo spettro politico albanese in vista delle elezioni-esame del 2005, ma la tanto discussa riforma elettorale ha avuto un effetto totalmente contrario. I "piccoli" del mondo politico si ritrovano infatti di fatto tagliati fuori da ogni decisione riguardante le elezioni politiche dell’anno prossimo, ritenute dall’Occidente come la prova della maturità politica di Tirana, necessaria per l’ingresso nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea. Infatti l’accordo tra le due maggiori formazioni politiche nel Paese dà ai partiti minori soltanto uno lo status di "osservatori". Inutile dire che i "piccoli" non ci sono stati stanno e sono passati dalle minacce ai fatti: gli alleati dei socialisti hanno fatto sentire la loro influenza in Parlamento dove, specialmente dopo la rottura del gruppo di Meta dal partito madre, i numeri contano molto.
Tre progetti di legge presentati ai deputati sono stati bocciati: il Ps non è riuscito ad imporre più la propria volontà ed il suo numero due, Gramos Ruci, si è trovato costretto ad ammettere che il partito al governo ha perso la maggioranza parlamentare. "Quando una parte dei colleghi del Ps non esercitano il mandato elettorale, che altro si può fare?" ha chiesto Ruci ai giornalisti. "Oltre a questo – ha aggiunto in una conferenza stampa – il Ps ha un’altra garanzia in Parlamento: la Coalizione per l’integrazione. Quando i membri di questa coalizione non si comportano in modo conforme all’accordo sottoscritto, che altro si può fare?" La risposta è chiarissima e Ruci neanche la pronuncia: andare alle elezioni.
Accusata di non aver funzionato come si deve, la Commissione elettorale centrale (Cec) e la sua riformulazione è uno dei punti salienti dell’accordo tra democratici e socialisti. E volendo smentire queste accuse, appena la questione "elezioni anticipate" ha fatto il suo ingresso nel mondo politico e quello mediatico, il Cec si è subito detto pronto e preparato. Molto più pronto anche di chi da anni chiedeva queste elezioni, cioè i democratici.
Con a capo l’ex Presidente Sali Berisha, il Partito Democratico, proprio quando sembra aver raggiunto il suo obiettivo, fa retromarcia. Fin dai primi giorni della sua vita all’opposizione, nel 1997, Berisha aveva chiesto, annunciato e minacciato che le elezioni anticipate non avrebbero tardato. E non sono mancate neanche le proteste, a volte pure violente, dei democratici, come quella del gennaio 2004 quando manifestanti dell’opposizione tentarono di assalire il palazzo del Governo urlando a squarcia gola "Nano vattene!". Ed ora che tutto si può raggiungere senza il minimo sforzo, l’opposizione albanese rivela che anch’essa teme le tanto invocate elezioni anticipate. Presa alla sprovvista dalla proposta dei socialisti, la destra diffida dell’attuale Codice elettorale, e invece di rischiare preferisce dire al Premier "Nano resta!".
Elezioni che nessuno vuole
Il cambiamento di rotta da parte dei democratici non è l’unico fatto ad indicare che queste elezioni, specialmente se anticipate, nessuno le vuole. Una delle ragioni riguarda la politica estera di Tirana ed ha a che fare con il valore simbolico datele dalla comunità internazionale. Infatti, le elezioni del 2005 sono una delle prove più importanti che l’Albania deve superare per l’integrazione nelle strutture euro-atlantiche. Il resto poi fa parte della politica interna.
I socialisti sanno che dopo una scissione definitiva dei sostenitori dell’ex Premier Meta dal partito, i rapporti con gli alleati sono cruciali per rimanere al potere. Ma per ricucire lo strappo c’è bisogno di tempo, che delle eventuali elezioni anticipate sicuramente non permettono. Ma anche gli altri partiti del centro-sinistra sono del resto coscienti che senza il Ps viene meno il gancio dove aggrapparsi per avere un ruolo almeno un poco rilevante in Parlamento.
Il Partito democratico, invece, deve affrontare altri problemi. È infatti ancora in corso il processo di modernizzazione delle sue strutture, ritenuto necessario per vincere l’anno prossimo, e che non può essere ultimato in un batter d’occhio. Poi alcuni conti in sospeso con i suoi partner, specialmente con i Repubblicani, devono essere sistemati. Da non dimenticare che in sette anni il Partito democratico è uscito sconfitto, almeno ufficialmente, da 3 gare elettorali, ed un altro fallimento costerà caro a Berisha e nessuno potrà più dimenticarsi di chiedere le sue dimissioni.
E sempre di tempo ha bisogno anche il cosiddetto "terzo polo", nonostante in realtà sia un po’ prematuro definirlo così. Si tratta dei due neomovimenti politici, quello del pretendente al trono, il Principe Leka Zogu e quello del gruppo di Meta. Entrambi è da un po’ che hanno iniziato un giro di incontri in tutto il Paese per accumulare sostegno e voti ma gli elettori ancora non conoscono bene i loro programmi e le loro "novità". Tra l’altro Meta e il suo Movimento socialista per l’integrazione sembrano coperti da nuvole di incertezza. L’ex Premier non ha ancora registrato ufficialmente il suo nuovo partito presso il tribunale.
Ma il rischio di elezioni anticipate è scongiurato, almeno per qualche mese, da ferragosto. A fine luglio i deputati vanno in vacanza e nessuno a Tirana vuole prendersi il fastidio di chiedere al Premier Nano una mozione di fiducia in Parlamento. E lui pare che conti proprio su questo, un’estate che si preannuncia piena di provocazioni, minacce e guerra di nervi, dove alla fine nessuno però fa sul serio.
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