Albania: energia vs. ambiente
Situazione esasperante in Albania. Per la prima volta la corrente elettrica inizia a mancare anche a Tirana, la capitale. La forte crisi sembra favorire la realizzazione di una mega Termocentrale nella principale città turistica dell’Albania, Valona. Società civile e associazioni ambientali però non ci stanno
Di Erviola Selenica
La zona di Valona sembra essere l’area prescelta per la costruzione di grande parco industriale-energetico. Nella parte del territorio della municipalità in cui respira una superficie di migliaia di ettari di pineta marittima e in cui si sviluppa uno degli eco-sistemi lagunari più preziosi del paese (Narta) e dove si erge il grazioso monastero di Zvernec, dove si toccano isola e penisola, mare e fiume, sabbia e scogli, pianura, colline e montagna. E’ su questo potenziale turistico e umano che la natura ha concentrato in prossimita’ di Valona che si parla con insistenza, oramai da un anno , di realizzare un progetto dall’impatto senza dubbio rilevante.
Secondo il progetto, concepito ai tempi del governo di Fatos Nano, sconfitto alle recenti elezioni, il parco includerebbe la centrale termoelettrica (TEC) con una capacità di 130 Megawatt; con la prospettiva di affinacarle in futuro altre centrali però di capacità minore. Nella stesa località si affiancherebbe il completamento del progetto AMBO (punto di raccordo degli interessi albanesi con il gasdotto che congiunge a Macedonia e Bulgaria). La termocentrale sarà una delle fonti principali di energia per il gasdotto AMBO che dovrebbe collegare Burgas-Valona, lungo 980 km. Non solo questo. Si prevede inoltre un’area di stoccaggio del greggio, un nuovo porto specifico per le petroliere e la costruzione di una raffineria.
Valona è stata scelta per la sua collocazione strategica, che permetterebbe di ridurre drasticamente alcuni costi. Una grande quantità di acqua, quantificabile in 900l/sec (assieme alla molteplicità di vita del mondo marino) verranno estratti dai tubi di raffreddamento della TEC, e la stessa quantità con una temperatura più alta verrà scaricata nuovamente nel mare.
Si tratta evidentemente di un progetto che non può convivere con l’industria del turismo.
Il principale investitore nel progetto, la Banca Mondiale, parla di elementi chimici pericolosi, però contenuti entro limiti accettabili. Tutto questo sommato ad una legislazione ambientale non adeguata e lacunosa ha sollevato molti dubbi e proteste.
La storia del progetto ha inizio nel 2003, quando il primo ministro Nano lo presenta come un grande passo in avanti verso lo sviluppo industriale del paese. A gennaio del 2005 iniziano però le prime proteste, appoggiate da pareri contrari al progetto di numerosi esperti in materia ambientale, i quali hanno accusato il governo di voler sacrificare una delle zone del paese più ricche dal punto di vista della biodiversità e delle prospettive turistiche.
Lo studio per la costruzione del "parco energetico" ha spinto le associazioni delle organizzazioni ambientali e la stessa società civile a protestare contro questo progetto. In seguito alle pronunce del nuovo primo ministro Berisha , su un’eventuale spostamento fisico del progetto, il rappresentante della BM in Albania ha dichiarato che i parametri sono accettabili e non comportano dei rischi per l’ambiente.
I media albanesi forniscono versioni contraddittorie delle dichiarazioni della Banca Mondiale. Altrettando contraddittorie sono le interpretazioni e le voci che intervengono nel merito di tali dichiarazioni e rapporti.
Lavdosh Ferruni, direttore dell’Associazione dell’Agricoltura Biologica e membro del Consiglio Scientifico Ambientale nell’articolo "Ipocrisia o irresponsabilità della Banca Mondiale in Albania" individua i vari passaggi del ruolo della BM sul progetto in questione: "Il rappresentante della Banca Mondiale in Albania ha provocato stupore presso i gruppi della società civile quando ha affermato che le altre TEC, il gasdotto AMBO oppure i depositi petroliferi sono semplicemente retorica, e che manca un sigillo ufficiale; e quindi non ci si occupa di queste voci, bensì solamente di un’unica TEC, la cui costruzione verrà finanziata dalla Banca Mondiale".
Lo scorso 20 aprile, l’ufficio stampa del governo albanese informava che la Banca US Export-Import avrebbe emesso i fondi per la costruzione del gasdotto transbalcanico (AMBO). Durante la cerimonia di firma dell’accordo tra Banca Mondiale, KESH (compagnia elettrica albanese) e governo albanese per il finanziamento di progetti nel settore elettrico albanese l’allora primo ministro Nano sottolineò che: "La stessa BM, nel suo rapporto (marzo 2005) sostiene che lo spazio deciso dalla BM permette la possibilità di costruire altre termocentrali nella medesima zona nel futuro se sarà necessario".
Successivamente Nano ha orgogliosamente sostenuto che la BM non finanzia da oltre 30 anni la costruzione di una termocentrale, e che l’Albania sarà un’eccezione. In questa occasione Nano ha più volte fatto riferimento al rapporto della BM sull’impatto ambientale dell’opera titolata "Valutazioni sugli effetti sull’ambiente", sottolineando che tali effetti sono sotto controllo.
Ferruni fa notare come nelle 105 pagine di questo rapporto non si parli in nessun modo di turismo a Valona, mentre Durazzo viene scartata come possibile meta di costruzione del parco, essendo quest’ultimo visto come una minaccia per le potenzialità turistiche che la suddetta città offre.
Contemporaneamente emerge che, rispetto alla regione di Valona, la BM sta preparando il progetto "Amministrazione, supporto integrato e programma di pulizia della zona costiera" che mira soprattutto alla difesa dell’ecosistema marino.
Le varie dichiarazioni del governo (che quando era all’opposizione contestava con fermezza la costruzione di questa centrale nella zona turistica), sono state all’inizio confuse e oscillanti. Lo stesso Berisha con il ministro delle Finanze Bode avevano dichiarato che il progetto aveva natura politica e che non c’era stato uno studio di fattibilità adeguato, da cui si poteva intiuire che si sarebbe proposto di spostarlo altrove.
Negli ultimi giorni di ottobre però il ministro dell’economia e dell’energia ha lanciato l’allarme di una grave crisi elettrica sottolineando che all’orizzonte si profilano tagli all’elettricità sempre più consistenti.
Il governo ha chiarito che la crisi energetica albanese (che dura da 8 anni) sarebbe correlata a quella che caratterizza l’intera regione balcanica, e soprattutto la Bulgaria che è la maggiore esportatrice, la quale si vede chiudere una serie di centrali termoelettriche e nucleari, condizione posta dall’UE per l’integrazione.
Date queste premesse, si sta assistendo ad un repentino rovesciamento dei termini, e si torna a parlare della costruzione della termocentrale, la quale secondo il ministro necessiterebbe di soli due anni di tempo. Significativamente il ministro non ha dimenticato di sottolineare che nel settore energetico investimenti mancano da oltre 30 anni.
La palla ora è nel campo della gente di Valona, messa alle strette dal dilemma se accettare o meno, e condizionata dall’emergenza con cui viene trattata la situazione energetica. La Commissione Centrale Elettorale si trova però ora a valutare una richiesta per lo svolgimento di un referendum popolare in merito alla termocentrale.
L’iniziativa è stata presa da un gruppo di associazioni ambientaliste e da rappresentanti dei cittadini di Valona, i quali hanno depositato nella suddetta commissione le firme necessarie per la richiesta dello strumento popolare.
La Commissione che accerterà l’autenticazione delle firme, ha fatto sapere ai rappresentanti dei gruppi che hanno raccolto le firme che la decisione per la realizzazione o meno del referendum si prenderà solo tra due mesi. L’ultima parola, dunque, potrebbe spettare agli elettori albanesi.
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