Albania: apparizioni e dimissioni
Meglio che Berisha si dimetta subito, perché prima o poi verrà riconosciuto colpevole per le morti dei manifestanti del venerdì di sangue. E’ l’opinione di Mero Baze, giornalista tra i più schietti in Albania, in passato vicino all’attuale premier albanese
Tratto da Tema on-line, pubblicato il 28 gennaio 2011 (tit. originale "Përse Berisha duhet të dorëzohet tani")
Traduzione per Osservatorio Balcani e Caucaso: Marjola Rukaj
E’ apparso di nuovo ieri. Poco prima dell’avvio di una delle manifestazioni pacifiche tra le più imponenti che io abbia mai visto a Tirana, per le dimensioni e la solennità. Berisha è apparso davanti ai giornalisti nel suo ultimo tentativo di fermare il fiume di gente. Da due giorni avvertiva, condannava a morte, faceva deviare la polizia dai suoi doveri funzionali, interpretava a piacere le dichiarazioni degli ambasciatori occidentali e le loro azioni sulla sicurezza, inventava campi di addestramento dei criminali, governi ombra e nuovi golpisti, finché si è accorto che il nemico principale era il Presidente della Repubblica. Non voleva proprio vedere quella manifestazione dalla finestra del suo ufficio.
Non so se ha alzato di nascosto la serranda blindata del suo ufficio. Nessuno stava pensando a lui in quei momenti. I tre memoriali fatti di montagne di fiori per ricordare i tre cittadini assassinati in conseguenza di un suo ordine, sono diventati un luogo di pellegrinaggio per decine di migliaia di cittadini di Tirana e di tutta l’Albania. Non è riuscito a fermarli nonostante abbia consumato l’impossibile tra retorica e violenza verbale.
Sempre di venerdì, una settimana dopo, l’opposizione ricorda tre morti assassinati dal premier davanti al suo ufficio, mentre il premier continua ad attentare a una serie di istituzioni importanti dello stato, martoriando lo stato di diritto. Tra quei due venerdì egli ha eliminato la procuratrice generale, definendola la comare del golpe, puttana di boulevard, golpista, bugiarda, sfacciata. Ha spodestato i servizi segreti di questo Paese, considerandoli parte del golpe. Ha condannato a morte il leader dell’opposizione. Ha sfasciato l’esercito albanese, membro della NATO, ha tentato la via della depoliticizzazione appellandosi ai generali per sostenerlo e difendere il suo potere. Alla fine ha attaccato il Presidente, accusandolo di essere parte dello schema che mira a destituirlo. Da quel venerdì nero, quest’uomo si è accanito tutti i giorni contro lo stato, mettendo fuori gioco tutte le istituzioni.
Tutto questo è avvenuto in modo molto rapido, nel corso della settimana del lutto. La ragione è chiara. In un paese normale, anche dai minimi standard di giustizia, Sali Berisha sarebbe stato l’accusato principale, su cui avrebbero pesato le responsabilità per le tre vittime. Ha ammesso di esser stato nel suo ufficio quel giorno, mentre fuori si consumava la violenza, e sta cercando di vendere come informazioni tutte le sue allucinazioni, scaturite dalla paranoia che l’ha stravolto temendo di venir destituito. In queste condizioni, quest’uomo diventa un pericolo nazionale, poiché è imprevedibile, e imprevedibili sono le sue manipolazioni pazze contro l’integrità dello stato albanese.
Se in questi giorni alle sue conferenze stampa ci fossero stati anche i diplomatici occidentali, e l’ambasciatore americano, ascoltando le sue parole tradotte dai loro interpreti, ognuno di loro avrebbe sicuramente pensato a come trovare un modo per destituirlo, con la diplomazia: per togliergli il potere, una bomba che nelle mani di un pazzo può provocare un disastro.
I giornalisti occidentali che l’hanno ascoltato, l’hanno trasformato in oggetto di barzellette, e non sono stati in grado di riprendere nemmeno una frase del suo discorso per poi citarlo nei loro articoli. E non era colpa loro. Cosa citare di quello che diceva? Citare che l’opposizione ha istituito campi di addestramento in cui prepara il golpe? Che un piano A e un piano B sono falliti ma vi sarebbe un piano C di riserva? Che il presidente è a capo del complotto? Che Edi Rama gli sparerà addosso se per caso lo vede passare davanti al suo ufficio? Tutto questo è oltre la serietà di uno statista.
Queste affermazioni tolgono ogni dubbio sul fatto che questa persona dev’essere allontanata da questo gioco pericoloso che sta mettendo in atto a danno dell’Albania. E tutto questo per un motivo molto personale. Ogni sistema libero di giustizia avrebbe portato in prigione Sali Berisha e Lulzim Basha (ministro della Difesa ndt) per i tre assassinii. So che molta gente sospira pessimista, a sentire queste parole, ma Sali Berisha deve capire che gli assassinii non vengono prescritti. Non vanno in prescrizione. Non possono venir cancellati con una procedura speciale, né con l’immunità. Un giorno verranno indagati e il colpevole verrà condannato.
Non so dire se questo sarà fatto da Ina Rama, anche se non posso affermare il contrario, ma so che un giorno l’Albania avrà un procuratore generale che condannerà questo crimine. Se non oggi, o l’anno prossimo, questo avverrà tra 5 anni, o ancora più tardi. Sali Berisha è attualmente incriminato e sta cercando di smantellare lo stato per fuggire alle responsabilità del crimine.
A volte fa il pazzo, a volte lo scemo, altre volte lo statista, poi lo sfacciato, a volte il golpista e altre volte la vittima, solo ed esclusivamente per fuggire al processo. Ma la sua condanna è ormai un dato di fatto. I figli delle vittime erano in piazza il venerdì dopo, a baciare le foto dei loro padri defunti, li baciavano e guardavano verso la finestra dove si nascondeva l’assassino. Nessuno si deve permettere di credere sia possibile vincere la loro rabbia. Non si tratta più della destituzione di Berisha o di Lulzim Basha. Si tratta della loro condanna.
Nell’attuale spirale di rabbia politica in cui è finita l’Albania, se vi fosse una condanna, sarebbe una condanna leggera, perché in molti avrebbero riserve a imporre giustizia, a causa degli interessi politici in ballo. Domani per loro però sarà peggio. Domani dovranno fare i conti con un potere giudiziario a sangue freddo, e più occidentale, o anche con una rabbia più primitiva e più vendicativa se tutto viene lasciato in mano alla giustizia fai da te. La procuratrice più comoda per Sali Berisha rimane Ina Rama. Il presidente più comodo rimane Bamir Topi. E come ha affermato egli stesso, il rivale più comodo rimane Edi Rama. Per cui è meglio che si dimetta oggi, piuttosto che andare in prigione come Pinochet, nell’età in cui gli servirà il pannolone. E allora dovrà probabilmente fare i conti anche con la presa di distanza dei suoi seguaci più fedeli; come Aldo Bumçi (capo del PD per la zona di Tirana ndt) per esempio.
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