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Albania: 2013, anno elettorale

Il 2013 in Albania sarà un anno elettorale. Il prossimo 23 giugno si terranno infatti le elezioni politiche. La campagna elettorale però sembra già essere iniziata lo scorso novembre – in occasione del centenario dell’indipendenza albanese – tra festeggiamenti in pompa magna, promesse altisonanti e la solita conflittualità tra i partiti politici

14/01/2013, Marjola Rukaj -

Albania-2013-anno-elettorale

Il prossimo 23 giugno in Albania si voterà per le politiche. Il Paese si affaccia alle prossime elezioni con una serie di fallimenti alle spalle tra cui il più clamoroso è l’ennesimo rifiuto dello status di paese candidato all’UE. Si prospetta una campagna elettorale con poca Unione europea e molto albanocentrismo.

Permane in ogni caso il solito caos ideologico, di una sinistra e di una destra che si distinguono l’una dall’altra per motivi clientelistici e non per differenza di programmi elettorali.

Novità delle prossime elezioni è invece il fatto che lo scredito che da anni caratterizza le due formazioni politiche principali ha dato vita a diverse formazioni politiche minori, che saranno probabilmente cruciali nella formazione del prossimo governo.

Per la prima volta nella storia dell’Albania pluralista scende inoltre in campo apertamente una formazione che si richiama al nazionalismo albanese e con l’ambizione – per ora a dire il vero non molto articolata – di riunire tutti gli albanesi in un unico stato.

L’Alleanza rossonera

Quello che ha cambiato di non poco la scena politica negli ultimi due anni è l’emersione dell’Alleanza rossonera (Aleanca Kuqezi). Un movimento che all’inizio in pochi hanno preso sul serio e che per molto tempo la maggior parte delle persone non riuscivano a distinguere dagli ultrà del calcio a sostegno della nazionale albanese, i cosiddetti “Tifosi rossoneri”.

Difficile ancora adesso individuare di preciso i protagonisti e i meccanismi che hanno portato alla nascita del movimento. Il fatto che l’Alleanza rossonera (AK) abbia intensificato la propria attività politica proprio un anno fa, nel corso di uno dei conflitti istituzionali più acuti tra il premier Berisha e l’allora presidente della Repubblica Bamir Topi, ha fatto pensare a molti che quest’ultimo fosse il promotore principale del movimento.

I festeggiamenti per il centenario dell’indipendenza albanese, foto di Marjola Rukaj

A capo del movimento vi è Kreshnik Spahiu, un giurista quarantaquattrenne che ha da sempre occupato importanti cariche giuridiche e politiche, tra cui l’ultima è stata quella di vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, da cui Spahiu si è dimesso nel febbraio 2012 per dedicarsi totalmente alla politica.

Una personalità carismatica, che sembra ispirarsi esteticamente al leader kosovaro di Vetëvendosje, Albin Kurti, e che ha dato vita ad un movimento nazionalista che si prefigge di portare a termine il progetto dei padri della nazione albanese e realizzare la riunificazione nazionale. L’8 gennaio Spahiu ha consegnato alla Commissione elettorale centrale a Tirana la richiesta di approvare un referendum per la formazione di una Federazione tra il Kosovo e l’Albania.

Nel corso del 2012 l’Alleanza si è impegnata in una campagna di promozione in tutta l’Albania e ovunque vivano albanesi. AK si oppone a Berisha considerandolo un anti-nazionalista e un anti-albanese. Dell’AK finora si conosce solo il suo lato nazionalista e populista mentre non esiste un vero e proprio programma elettorale che riguardi la vita quotidiana dei cittadini all’interno dell’Albania.

Non sono mancate iniziative alquanto radicali tra cui la proposta piuttosto irrealistica di albanizzare tutta la toponomastica slava, turca e latina in Albania, oppure l’iniziativa per promuovere l’utilizzo di nomi albanesi per i neonati dell’ospedale ginecologico di Tirana.

Non esistono ad oggi sondaggi in merito al sostegno popolare di AK ma sembra ormai chiaro che questa formazione venga considerata dai cittadini albanesi come il “terzo polo”, da votare principalmente per punire gli screditati partiti maggiori del paese. Probabilmente la maggior parte degli elettori non si farà invogliare dalla promessa della Grande Albania, di cui nessuno finora riesce a spiegare in termini concreti che tipo di vantaggi possa apportare ai cittadini albanesi. Ciononostante, molto probabilmente, AK riuscirà ad entrare in parlamento e anche ad ottenere un ruolo cruciale nella coalizione che dovrà formare il prossimo governo.

Lo scisma del PD

Un altro partito del panorama politico albanese è il Nuovo Respiro Democratico (FRD). Fondato dall’ex presidente Bamir Topi in seguito ai conflitti con il premier Berisha che hanno caratterizzato l’ultimo periodo della sua presidenza. Al partito hanno aderito anche l’ex ministro della Giustizia Gamend Oketa, uno degli intellettuali di spicco del PD di Berisha, Aleksander Biberaj, e altri ancora che per un motivo o un altro hanno preso le distanze dall’attuale premier.

I festeggiamenti per il centenario dell'indipendenza albanese, foto di Marjola Rukaj

FRD si autodefinisce un partito di centro-destra in alternativa alla destra di Berisha. Il partito di Bamir Topi attirerà un elettorato tradizionalmente anticomunista, ma scontento dall’operato di Berisha. Probabilmente aderiranno a questo nuovo partito gli ex detenuti politici, e gli ex proprietari spodestati durante il regime di Enver Hoxha che si sono visti delusi dalle promesse non mantenute dell’attuale premier.

Il miglior nazionalista

Il resto della scena politica albanese rimane invariato, ma la retorica apertamente nazionalista dell’AK, e la sua opposizione frontale a Berisha, ha fatto sì che anche i partiti principali riscoprano “l’irrisolta causa albanese”. La campagna elettorale di Edi Rama si chiama “Rilindja”, e si rifà direttamente all’omonimo movimento nazional-romantico di fine ‘800 che ha dato vita all’identità nazionale albanese. “Unificazione nazionale” è la formula più pronunciata da tutti i politici indipendentemente dall’orientamento politico.

Che l’anno elettorale sarebbe iniziato all’insegna del nazionalismo e della Grande Albania si è capito sin dall’inizio delle celebrazioni del centenario dell’indipendenza albanese. A novembre la candidatura UE dell’Albania è stata bocciata per la terza volta. Irrimediabilmente lontana Bruxelles, ci si è lasciati invece entusiasmare dall’unificazione nazionale. In molti, da tutte le terre dove abitano comunità albanesi, sono arrivati a festeggiare in Albania il centenario dell’indipendenza: un milione nella sola Valona, secondo le stime ufficiali.

Bandiere rosso-nere ovunque, mappe della grande Albania, slogan che rivendicavano le terre albanesi in Grecia, musica turbofolk dai testi nazionalisti, e una decina di monumenti e opere d’arte dedicati ai vari padri della nazione, e a diversi elementi caratteristici della cultura albanese. Uno spettacolo intenso, fatto per galvanizzare le folle, ma di fatto un’occasione persa per celebrare veramente il centenario della cittadinanza albanese e per promuovere la cultura del paese.

Passaporto per tutti

Come se non bastasse, Berisha per l’occasione si è reinventato in veste nazionalista. Il premier ha infatti lasciato tutti a bocca aperta quando ha promesso di concedere il passaporto albanese in via eccezionale a tutte le persone di etnia albanese fuori dai confini dello stato albanese. La notizia ha fatto sì che il giorno dopo centinaia di kosovari andassero a richiedere la cittadinanza albanese al consolato dell’Albania a Pristina. Per patriottismo o opportunità, dato che i cittadini kosovari oggi sono i più isolati dei Balcani occidentali, mentre il passaporto albanese dal 2010 permette il libero movimento nell’area Schengen. Naturalmente la promessa non ha avuto alcun seguito, ma è bastata per far annullare la visita a Tirana ai politici greci e macedoni che erano stati invitati per il centenario, seccati anche per una concomitante dichiarazione del premier albanese sul fatto che l’Albania "inizia a Presevo (Sud Serbia) e finisce a Preveza (Nord Grecia).

Un altro tentativo di riunire gli albanesi da parte di Berisha è stata la proposta di unificare lo spazio televisivo con il Kosovo, che a sua volta si è tradotta in un buco nell’acqua dato che la gestione delle frequenze radiotelevisive è una questione internazionale che viene decisa alla Conferenza di Ginevra.

In molti pensano i ogni caso che il nazionalismo di Berisha finisca con il suo pragmatismo, ma per mantenere la propria credibilità e affrontare l’AK di tanto in tanto dovrà intraprendere delle azioni concrete verso la promessa di unificazione. Tali mosse però, come nel caso della promessa della cittadinanza albanese per tutti gli albanesi etnici, rischiano di mettere l’Albania in una posizione difficile a livello internazionale, con Bruxelles in primo luogo. Per non parlare di unificazioni territoriali: i diplomatici europei hanno reagito molto negativamente al riguardo.

Davanti ad un potenziale nuovo isolamento e allontanamento da Bruxelles è difficile pensare che gli albanesi cadano nella trappola del nazionalismo ad oltranza. Ma l’anno elettorale sarà lungo e come sempre molto movimentato.

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