Agrokor, fine del mito del buon imprenditore
La Agrokor, la più grande azienda dello spazio ex jugoslavo è sull’orlo del fallimento. Recentemente il suo proprietario di maggioranza nonché fondatore, Ivica Todorić, ne ha perso il controllo. Un resoconto sulla vicenda
Il consorzio Agrokor è uno dei maggiori dello spazio ex jugoslavo. È stato fondato nel 1980 da Ivica Todorić, all’epoca uno dei più grossi florovivaisti della Jugoslavia, ma non ancora tycoon multimilionario come divenuto in seguito. Con il passaggio dal socialismo al capitalismo negli anni Novanta, durante il processo di privatizzazione e trasformazione – secondo recenti analisi macchiato da numerose irregolarità e illegalità – l’azienda si è allargata. Col tempo ha acquistato quote di numerose catene alimentari, catene di fornitori, catene di vendita al minuto e all’ingrosso in tutta la Croazia.
Così Agrokor ha comprato ad esempio Jamnica (famosa per l’acqua minerale), Ledo (gelati), Zvijezda (olio di girasole) e molti altri marchi. Il più rilevante è stato l’acquisto della catena di vendita al minuto di alimenti e bevande, Unikonzum, nel 1994. La catena, che allora era presente esclusivamente nell’area di Zagabria, ben presto è stata ribattezzata Konzum, ed è subito diventata la più grande catena di supermercati in Croazia e una delle più forti dell’intera regione.
Negli anni 2000, Agrokor ha iniziato ad allargarsi anche ai paesi della regione, prevalentemente in Bosnia Erzegovina, Serbia e Slovenia, ma anche in Montenegro, Ungheria e altri. Ad esempio in Serbia ha acquisito una delle più grosse catene di vendita al minuto denominata Idea.
Il più rilevante acquisto compiuto nell’ultimo decennio è stato, nel 2014, di Mercator, la più grande catena di vendita al dettaglio in Slovenia, permettendo così ad Agrokor di dominare un altro mercato ed aggiungere 10.000 nuovi dipendenti. Per quanto riguarda questi ultimi al momento l’Agrokor in Croazia [4,2 milioni di abitanti] impiega 40.000 dipendenti, mentre se si calcola l’intera regione si va oltre i 60.000.
Ad Agrokor sono legati anche migliaia di fornitori e un gran numero di banche, per via dei finanziamenti concessi. Semplicemente detto, Agrokor ha inghiottito buona parte dell’economia della regione, addentando però più di quello che poteva masticare: la concorrenza nelle catene di vendita al dettaglio di alimentari è molto forte, con competitori internazionali come Spar, Lidl o Kaufland.
Inizio della crisi
La crisi di Agrokor ha iniziato a farsi sentire nello scorso gennaio, quando l’agenzia Moody’s ha abbassato il rating finanziario del consorzio da B2 a B3, a causa dei grossi debiti contratti. Già a gennaio si ventilava che Agrokor avesse contratto debiti per circa 3,3 miliardi di euro e si era fatto cenno alla grossa esposizione dell’azienda verso le banche russe – Sberbank e VTB Bank – verso le quali ha un debito di circa 1,5 miliardi di euro (tra cui anche 550 milioni di euro di finanziamento della Sberbank per l’acquisto di Mercator).
Ciononostante, la maggior parte di esperti, politici e media dicevano che non si trattava di una crisi di rilievo e di certo non tale da far saltare l’intera azienda. Anche all’Agrokor rispondevano che la situazione era sotto il controllo.
A febbraio però è diventato chiaro che la situazione di Agrokor non era per nulla sotto controllo, in particolare per quanto riguarda l’indebitamento dell’azienda. Si è iniziato a parlare di un debito complessivo verso le banche e verso i fornitori che superava i 5,5 miliardi di euro. Iniziava ad emergere che i fornitori dei finanziamenti PIK (Payment in Kind), avrebbero assunto, nel 2018, quote di proprietà dell’azienda per un importo di 485 milioni di euro, se Agrokor non avesse restituito in tempo i debiti contratti. Di tutto questo ne ha parlato il portale web specializzato in temi economici Debtwire, secondo il quale Agrokor avrebbe un ulteriore debito di 800 milioni di euro di IVA mai versata (notizia poi smentita dalla stessa Agrokor).
Oltre agli indicatori economici, Agrokor ha iniziato a perdere anche sotto il profilo politico e di relazioni internazionali. L’ambasciatore russo a Zagabria, Anvar Azimov, ha infatti iniziato a dubitare pubblicamente della possibilità che la Sberbank continui infatti a finanziare i prossimi affari dell’azienda.
Con più insistenza si è iniziato quindi a discutere della necessità di ristrutturazione dell’azienda, anche se ancora non erano emersi gli scenari attuali, peggiori di quelli di allora. Inoltre, sia il governo che i politici d’opposizione ancora credevano che la situazione non fosse così critica e insistevano sulla sopravvivenza di Agrokor, intesa pur sempre come locomotiva dell’economia nazionale e della regione.
Così, il ministro delle Finanze ed ex direttore di Agrokor, Zdravko Marić tranquillizzava l’opinione pubblica dicendo che Agrokor sarebbe sicuramente sopravvissuta e la ministra dell’Economia Martina Dalić commentava sommariamente dicendo che l’amministrazione di Agrokor doveva prendere in mano la situazione. Il più diretto è stato Branko Grčić, membro del Partito socialdemocratico della Croazia ed esperto di economia, il quale ha affermato che Agrokor doveva sopravvivere “in qualsiasi modo”, aggiungendo che “in questo momento è fondamentale… non divulgare cattive notizie su Agrokor”.
Escalation
La situazione ha subito un’escalation in marzo, quando è diventato chiaro che era sfuggita di mano. Nonostante il fatto che sia il ministro Marić che Agrokor affermassero che non vi erano debiti contratti verso lo stato, è diventato sempre più chiaro che il governo sarebbe dovuto intervenire. Pressato dalle domande dei media, il governo ha ammesso che verso la metà del mese si era incontrato segretamente con il proprietario di Agrokor, Ivica Todorić, con il suo management e con i rappresentanti di Sberbank.
Anche se durante questi incontri si era concluso che il governo non sarebbe intervenuto direttamente finanziariamente per salvare il consorzio, l’esecutivo ha comunque iniziato ad incontrare i fornitori. Inoltre si è cominciato a parlare di una legge speciale legata alla situazione, che il governo avrebbe potuto proporre urgentemente al Parlamento. Dall’altra parte, si è parlato sempre più insistentemente di un possibile accordo fra Agrokor e le banche creditrici, per mettere per un certo periodo i debiti in “stand-by”.
Detto e fatto, il 31 marzo scorso è arrivata la firma di un accordo stand-still fra Agrokor e i creditori. Al contempo è stata introdotta un’amministrazione speciale temporanea, per verificare rapidamente la situazione nell’azienda e programmare la sua ristrutturazione. Come direttore generale della ristrutturazione, come desiderato dal principale creditore, è stato messo Antonio Alvarez III della società internazionale di consulenza Alvarez & Marsal. Alvarez III ha subito annunciato una grande battaglia per salvare l’azienda, e si è potuto intuire che – per salvare il consorzio – si andrà verso una rilevante ristrutturazione, con diminuzione dei dipendenti e chiusura e vendita di aziende non legate al core-business.
Epilogo: Lex Agrokor
Ad aprile si è arrivati alla puntata attuale della crisi di Agrokor: il governo all’inizio del mese ha avviato l’iter legislativo pr l’approvazione di una legge per la soluzione della crisi, a quanto pare ispirandosi a situazioni simili di altri paesi europei, tra cui l’Italia.
Quindi il Parlamento il 6 aprile ha approvato la "Legge sulla procedura di amministrazione straordinaria nelle società commerciali di importanza sistemica per la Repubblica di Croazia", che è stata subito battezzata Lex Agrokor: a causa del momento in cui è stata adottata ed a causa della definizione adottata per "impresa sistemica": oltre 5.000 dipendenti e oltre un miliardo di euro di debiti. Questa legge, che prevede 15 mesi di amministrazione statale straordinaria – il cui amministratore straordinario viene nominato dal ministro dell’Economia – a quanto pare è stata adottata secondo il modello impiegato nella soluzione del caso Parmalat in Italia.
Tuttavia sono state subito sollevate varie problematicità legate alla legge. Tra i critici ad esempio Peđa Grbin rappresentante dell’SDP, che ha sottolineato che una legge simile in Italia – in un mercato molto più forte e più ampio di quello croato – includeva aziende con 1.000 dipendenti e un debito di 200 milioni di euro.
Sin dal primo giorno in cui la Legge è entrata in vigore, il 7 aprile, Todorić a nome del management ha chiesto di avviare la procedura di amministrazione straordinaria dell’Agrokor. “Ho investito quarant’anni della mia vita a favore della Croazia e della regione, di ciò oggi vado fiero. Tutto quello che ho costruito a mio nome l’ho consegnato allo stato croato”, ha scritto Todorić in una sua dichiarazione resa pubblica dopo che il procedimento di amministrazione straordinaria era stato avviato. Tutto questo però, concretamente, significa: grande incertezza per i dipendenti, per i numerosi fornitori e in generale per l’economia croata.
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