Agli arresti il Paperon de Paperoni serbo
È l’uomo più ricco della Serbia ed uno dei più potenti. Fino a pochi giorni fa Miroslav Mišković sembrava un intoccabile, oggi è agli arresti e sotto indagine della magistratura per privatizzazioni sospette
“In Serbia è sempre meglio non chiedere da dove viene il primo milione”. Questo il detto popolare che ti riferiscono a Belgrado quando parli dei tycoons che sono diventati ricchi durante gli anni dell’embargo. Proverbio molto appropriato se si parla di Miroslav Mišković “il tycoon” per antonomasia, che nel 2007 secondo la rivista Forbes aveva un patrimonio stimato in un miliardo di euro, l’uomo più ricco della Serbia, ormai ben lontano da quel primo milione.
Mišković, padrone della Delta holding, il più grosso gruppo privato del paese, è stato arrestato il 12 dicembre e successivamente una corte ha stabilito per lui una misura di custodia cautelare della durata di 30 giorni. Il ricorso dell’avvocato contro le misure di custodia è stato respinto martedì 18 dicembre.
A molti è parsa la caduta degli dei. Il Paperon de’ Paperoni serbo infatti è sempre stato un intoccabile; passato dal regime di Milošević alla transizione democratica senza una macchia anzi diventando sempre più ricco e comprandosi, letteralmente, la Serbia grazie alle privatizzazioni poco trasparenti degli anni 2000; senza disdegnare di fare “spesa” anche nei paesi limitrofi: Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Montenegro.
Mišković non è più intoccabile
Dopo essere stato interrogato il 3 dicembre, contemporaneamente all’imprenditore Milo Đurašković, e dopo che il figlio, Marko Mišković, era stato fermato all’aeroporto mentre partiva per Londra, con conseguente ritiro di passaporto, si è capito che l’immunità del più potente businessman di Serbia stava vacillando.
La mattina del 12 dicembre Miroslav Mišković è stato arrestato in un’operazione che ha visto l’arresto di altre 9 persone tra cui il figlio Marko, proprietario della Mera Investement Fund e Milo Đurašković, capo della Niebens Group e proprietario di Sheer Corporation e della PTP Niš. Secondo le prime notizie l’accusa per i tre principali indagati è di aver guadagnato illegalmente circa 30 milioni di euro tra il 2005 e il 2010 dalla privatizzazione delle compagnie che si occupano di costruzione e manutenzione stradale.
“C’erano voci che Milo Đurašković fosse solo un prestanome e che dietro di lui ci fosse in realtà Mišković – spiega il giornalista di Republika Ivan Zlatić – evidentemente qualcuno ha trovato le prove. Le prime privatizzazioni di queste compagnie di manutenzione stradale sono iniziate con Đurašković che ha comprato la PZP (Preduzeće za puteve) Niš senza aver mai lavorato nel settore. Interessante che dopo questa prima privatizzazione il governo ha cambiato le regole dicendo che solo chi aveva già un’azienda che si occupava di manutenzione stradale avrebbe potuto ottenere nella privatizzazione le analoghe aziende ancora di proprietà dello Stato. A quel punto Đurašković ha avuto mano libera su molte di esse”.
Attraverso la prima azienda, dunque, Đurašković ha preso tutte le altre “PZP”: "Beograd", "Kragujevac", "Vranje", "Srem put", "Bačka put" ed altre. Đurašković è sotto processo in un altro caso di corruzione in cui è accusato di aver danneggiato per 35 milioni di euro la FAM company di Kruševac.
Indagini in corso
Il Procuratore serbo contro il crimine organizzato Milko Radisaljević ha annunciato che le indagini saranno lunghe e che è stata avviata anche un’indagine finanziaria sulle compagnie legate a Mišković. Si parla di indagini che riguardano anche altre privatizzazioni delle 24 che secondo l’Unione europea risultano controverse. Tra queste le più importanti sono quelle relative alla privatizzazione del C-Market (la più grande catena di vendita al dettaglio in Serbia) e il Porto di Belgrado. In entrambe Mišković e Milan Beko, l’altro grande tycoon serbo, avrebbero collaborato nell’acquisizione delle compagnie tramite compagnie di facciata basate in Lussemburgo.
Aleksandar Vučić contro i tycoon
Ma il vero protagonista degli arresti di questi giorni non è la procura contro il crimine organizzato bensì il vice primo ministro Aleksandar Vučić numero due dell’SNS, il partito del presidente Tomislav Nikolić, che ha dichiarato da quest’estate guerra alla corruzione.
Dopo l’arresto il vice premier tuonava su tutti i principali mezzi di informazione: “Due cose sono state dimostrate in Serbia: che nessuno è protetto e intoccabile e che lo Stato è più forte di qualsiasi individuo”. Anzi adesso il vice primo ministro dichiara ai giornali che “Mišković deve fare i nomi dei politici” ovvero di quelle persone che secondo Vučić e altri sono al soldo del magnate.
Secondo la stampa al momento dell’arresto Mišković avrebbe addirittura lanciato minacce di morte al vicepremier portando all’innalzamento delle misure di sicurezza per Vučić . E l’interessato avrebbe risposto con un orgoglioso tweet e post di Facebook: “Nessuno può battere la Serbia e nemmeno lo farà Miroslav Mišković”.
L’Unione Europea si congratula per la forte posizione presa contro la corruzione mentre c’è chi pensa ad una mera operazione di facciata come il leader dell’LDP Čedomir Jovanović che afferma : “La lotta alla corruzione si fa garantendo l’inviolabilità della corte, l’indipendenza della procura e leggi chiare ed efficaci. Niente di tutto questo è stato fatto”.
“Vedremo dove finirà l’inchiesta, e il lavoro della “squadra anti-corruzione” messo in piedi da Vučić . Per ora nessuno lo può dire – dice il giornalista Ivan Zlatić – certo è che le dichiarazioni del vicepremier non sono molto consolanti in tal senso. Vučić dice che l’arresto di Mišković è un esempio per tutti gli altri, che si faranno indagini e arresti, ma non dice nulla su un cambiamento del sistema per prevenire la corruzione. Dalle leggi al sistema giudiziario”.
Continua Zlatić: “Le abbiamo già viste queste cose come nel 2005 quando Dragoljub Karić è stato arrestato, era il padrone di una grossa compagnia telefonica, la Mobtel. Allora Mlađan Dinkić era il ministro delle Finanze e diceva ‘Adesso che tutti vedono che mettiamo i potenti in prigione nessuno vorrà più violare la legge’, ma così non è stato”.
Chi è Mišković?
Miroslav Mišković nato nel 1945 a Kruševac, entra in scena nel 1990 quando per un breve periodo è stato vicepremier di Milošević. Si inventa durante i suoi sei mesi di governo il “Fond za razvoj”, Fondo per lo sviluppo, che distribuisce soldi ad imprese private. A capo del Fond ci sarà per un periodo molto lungo Olivera Božić subito dopo andata a guidare il Porto di Belgrado privatizzato. Come dire prima lavoro per Mišković nella cosa pubblica e dopo nel privato. Lui fonda la Delta Bank che sarà al centro di molte illazioni negli anni novanta per il riciclaggio di denaro sporco del regime e le transazioni verso Cipro, paradiso fiscale usato dai tycoon serbi.
Nel 2005 Banca Intesa acquisirà il 75% di Delta Bank che diventa Banka Intesa Beograd, questo nonostante per gli anni dell’embargo il nome di Mišković fosse tra quelli a cui era bandito l’arrivo in Europa e la Delta Bank era bandita dagli USA.
Oggi le cose sono molto cambiate e il magnate serbo era accanto a Joe Biden segretario di stato americano durante la sua visita nel 2008. Nel 2001 fu vittima di un breve rapimento di cui si accusano i membri del potente clan mafioso di Zemun. Molte sono state le speculazioni sull’ammontare del riscatto pagato.
Assieme a Milan Beko è stato uno degli attori, e profittatori, delle grosse privatizzazioni degli anni 2000: il C-Market che è diventato la popolare catena di supermercati “Maxi” appartenente al gruppo DELTA e del Porto di Belgrado. Finanziatore occulto di partiti politici e di molta stampa serba, oggi minaccia di rivelarne i nomi.
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