Addio Piramide di Tirana
Ben inserita nel contesto urbano di Tirana, la Piramide fu eretta dopo la morte di Enver Hoxha, come suo mausoleo. Ampiamente utilizzata come spazio culturale, rappresenta parte della storia e dell’identità dei cittadini di Tirana. Il premier Berisha ha deciso di sostituirla con un complesso moderno sede del nuovo parlamento
Ha i giorni contati l’ex mausoleo del dittatore Hoxha, l’edificio a forma di piramide al centro di Tirana. L’opera, considerata tra le migliori dell’architettura socialista in Albania, ormai un simbolo del Paese nei media internazionali, verrà sostituita da un modernissimo complesso per la sede del parlamento. La Piramide, costruita inizialmente per commemorare la personalità di Enver Hoxha, verrà demolita e consegnata alla storia. È quanto ha deciso il parlamento albanese lo scorso 5 luglio, con i voti della sola maggioranza. Si è conclusa così una vicenda molto discussa, che era iniziata nel novembre 2010, e che aveva visto in continuo conflitto il governo Berisha, l’opposizione con a capo l’ex sindaco di Tirana, Edi Rama, e numerosi intellettuali di spicco nel Paese.
Scontri di identità
Tutto è iniziato un giorno d’inverno del 2010, quando il governo Berisha, a seguito della proposta entusiastica della capo parlamentare Jozefina Topalli, ha annunciato di voler avviare i lavori per la costruzione di un parlamento da regalare al popolo albanese per il centenario dell’indipendenza del Paese, nel 2012. “Costruiremo il parlamento più moderno e più bello d’Europa”, ha più volte ribadito negli ultimi mesi il premier Berisha. L’Albania dispone già di una sede parlamentare, in ottime condizioni, che fa parte del complesso architettonico progettato negli anni ’20, quando Tirana venne proclamata capitale dell’allora neonata Albania. Il governo Berisha mira tuttavia a costruire una nuova sede, puntando sul cuore della città, spazzando via la Piramide. La notizia ha suscitato l’irritazione dell’opposizione che, per l’ennesima volta, ha accusato il governo Berisha di intromettersi nelle competenze del governo locale, senza però opporsi alla demolizione.
La Piramide, è stata costruita nel 1987, due anni dopo la morte del dittatore Enver Hoxha, per diventare il suo mausoleo. La sua struttura tipicamente socialista, opera di uno dei migliori architetti albanesi, Klement Kolaneci (genero di Enver Hoxha), oltre a ricondurre inizialmente all’idea del potere e alle forme socialiste, vista dall’alto assume la forma di un’aquila bicefala, simbolo nazionale degli albanesi.
Ben inserita nel paesaggio urbano, nel cuore della città, la sua funzione iniziale è rimasta solo sulla carta, poiché sin dall’inizio la Piramide è stata ampiamente utilizzata come spazio culturale, ospitando sale da concerto, eventi espositivi culturali ed economici, locali ricreativi, e anche media importanti del paese tra cui Top Channel, la televisione più seguita nello spazio albanofono. Lo stesso Berisha, negli anni ’90, confermando la funzionalità e l’identità trasformata della “Piramide”, l’aveva battezzata Centro Culturale “Pjeter Arbnori” dedicandola a uno dei cofondatori del Partito democratico, nonché personalità di tutto rispetto della cultura albanese.
Il nome Pjeter Arbnori, come anche altre denominazioni, non è mai entrato nel gergo dei cittadini, che hanno sempre chiamato l’edificio semplicemente “Piramida”. Molti architetti e intellettuali infatti si sono opposti alla decisione di demolire la Piramide, proprio perché per i cittadini di Tirana ha una funzionalità urbana e identitaria nel centro della città. Il premier, però, ha definito gli argomenti di chi si è opposto alla demolizione come posizioni “da comunisti, tipiche di chi vuole commemorare i crimini della dittatura di Hoxha”.
Democrazia del divano, albanian style
Appena la questione è apparsa sui media, nel febbraio 2010, sono stati numerosi i cittadini che si sono opposti alla demolizione della piramide. Su Facebook sono stati creati almeno 4 gruppi con centinaia di membri. Alcuni cittadini, con a capo Artan Lame, giornalista e rappresentante dell’associazione per la conservazione dei monumenti, hanno intrapreso la firma di una petizione contro la demolizione. Gli argomenti erano chiari, i cittadini si oppongono alla demolizione di un edificio che percepiscono come parte della storia di Tirana, parte della propria storia come luogo di ritrovo, e nessuno vede in essa quello che vedono il premier Berisha e la capo parlamentare Jozefina Topalli, intenti a loro detta “a voler spazzare via il comunismo dal cuore della capitale”.
Nel frattempo hanno avuto luogo diverse manifestazioni in cui i rappresentanti della società civile sono scesi in strada col megafono in mano, circondati da pochi sostenitori. Mentre su Facebook l’attivismo e la rabbia sembrano mobilitare molti, in piazza si sono viste solo qualche decina di persone, per lo più vicine a qualche centro sociale di sinistra. Non ha avuto sorte migliore la petizione che, nonostante l’adesione di migliaia di cittadini firmatari, non è riuscita a decollare neanche tra i media albanesi.
Il premier Berisha, come anche in passato, ha ignorato le obiezioni e le petizioni dei cittadini. A rendergli tutto più facile è il nuovo tipo di pigro attivismo degli albanesi nell’epoca di Facebook, un modo comodo per conciliare frustrazioni politiche e apatia tradizionale, che non va oltre la piazza virtuale, frequentata con torpore dal proprio divano.
Finanze in (profondo) rosso
Che piaccia o meno, sotto il naso di tutti, la piramide abbandonata a se stessa verrà spazzata via dal cuore di Tirana per farsi sostituire da un nuovo parlamento, progettato da fior di architetti europei, selezionati lo scorso marzo in un concorso internazionale. Il progetto vincente, dello studio viennese Coop Himmelb(l)au, presentato con enorme entusiasmo da Jozefina Topalli, sarà una bellissima costruzione di architettura contemporanea, in un’interessante connubio di materiali, spazio, e forme che però non si sa quanto peserà sulle tasche degli albanesi. I giornali albanesi provano a indovinare i costi, spaziando tra i 40 e i 110 milioni di euro.
Inoltre, i media di Tirana affermano che l’ammontare necessario alla realizzazione del progetto verrà preso in prestito dall’Arabia Saudita, aggiungendosi ad altri debiti precedenti, che non fanno dormire sonni tranquilli sul futuro economico del Paese. A voler aggravare la situazione sono anche i 2 milioni di euro già spesi negli ultimi anni, quando si voleva trasformare la Piramide in Teatro Nazionale. Il nuovo parlamento si aggiungerà molto probabilmente alla lista delle grandi opere pubbliche senza preventivo, alimentate dai soliti indebitamenti a catena che sono all’ordine del giorno in Albania.
La semiotica schiacciante del potere
Il nuovo parlamento verrà inserito con tutta la sua modernità nel centro di Tirana, senza che vi sia traccia di alcun piano urbanistico armonioso, data la creatività con cui è stata decisa la sua costruzione. Tra le torri, che si ergono imponenti di giorno in giorno nel centro della capitale, la Piramide rappresentava dal punto di vista architettonico uno spazio a misura d’uomo, ben metabolizzato dalla città e dai cittadini, essendo anche uno dei pochi edifici del centro dalla funzione non strettamente politica ed economica.
Tirana, concepita e costruita secondo i canoni delle architetture totalitarie, caratterizzate da edifici imponenti e vialoni fatti per le radunate, le masse, e la perdita dell’individuo, si troverà con un nuovo parlamento, un altro centro di potere, inutilizzabile dai cittadini; una manifestazione del potere, in chiave contemporanea, che renderà il centro città ancora meno a misura d’uomo di quanto non sia attualmente. Con uno sviluppo estremamente caotico e soffocante, è difficile immaginare che Tirana possa recuperare la sua cultura della piazza da Paese mediterraneo, orientandosi verso altri centri e altri quartieri. Ai cittadini non rimarrà che ammirare il nuovo gioiello architettonico, in un centro città che diventa sempre più una piazza d’affari e di potere, globalizzata e distante dalla realtà del Paese.
Tra gli scettici qualcuno si è chiesto perché fosse necessario demolire proprio la Piramide, una delle più belle opere architettoniche in Albania. È superfluo dire che con la demolizione della Piramide gli albanesi perderanno un pezzo di storia, significativa, da interpretare in positivo e in negativo dai cittadini. Ma tale fenomeno non costituisce nulla di nuovo in Albania.
Gli anziani di Tirana si commuovono tuttora nel ricordare la loro çarshija che si sono visti radere al suolo in nome della modernità. Sulla stessa scia, dopo il crollo del comunismo, le nuove élite pluraliste hanno spazzato via dalle collezioni del museo nazionale persino le migliori opere d’arte del social-realismo, a volte idee innovative di brillanti artisti. La scarsa affezione per la memoria storica non ha risparmiato neanche le vittime del comunismo. La memoria dei crimini della dittatura ritorna alla ribalta opportunisticamente solo quando si vuole diffamare l’avversario politico.
Come in passato, la questione della Piramide dimostra per l’ennesima volta che la storia per gli albanesi continua a essere scandita dai dettami politici del momento. E le élite politiche, oggi come in passato, dimostrano di avere scarso rispetto per la storia e per l’identità urbana.
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