Addio a Vladimir Gligorov
È stato uno degli intellettuali più conosciuti dell’area ex jugoslava, politologo ed economista, figlio del primo presidente macedone Kiro Gligorov. Vladimir Gligorov si è spento il 27 ottobre a Vienna dove ha lavorato e vissuto negli ultimi trent’anni
(Originariamente pubblicato da Novosti , il 29 ottobre 2022)
Si è spento lo scorso 27 ottobre a Vienna l’economista e politologo Vladimir Gligorov. Era nato nel 1945 a Belgrado, dove aveva concluso gli studi universitari di I e II livello, per poi conseguire, nel 1977, un dottorato di ricerca presso la Columbia University di New York. Prima dello scoppio delle guerre jugoslave aveva lavorato alla Facoltà di Scienze politiche e all’Istituto di scienze economiche di Belgrado, per poi trasferirsi a Vienna, dove dal 1994 è stato ricercatore presso l’Istituto di studi economici internazionali, occupandosi di questioni legate alla transizione economica dei paesi dei Balcani, con particolare focus sullo sviluppo della politica economica di alcuni paesi dello spazio post-jugoslavo.
Pur avendo vissuto all’estero sin dai primi anni Novanta, Gligorov non ha mai smesso di interessarsi alle vicende dei paesi ex jugoslavi. Sarà ricordato come uno dei tredici intellettuali che nel 1989, subito dopo la reintroduzione del multipartitismo in ex Jugoslavia, avevano ripristinato l’attività del Partito democratico [fondato nel 1919 e costretto a cessare ogni attività nel 1945]. È autore del programma economico del Partito liberal-democratico. Ha collaborato regolarmente con l’istituto Oxford Analytica, ha scritto per The Wall Street Journal ed è stato editorialista di diversi media del sud-est Europa, negli ultimi anni collaborando principalmente con il portale Peščanik .
Gligorov aveva a più riprese criticato duramente la politica economica della Croazia. Pur non avendo mai nutrito alcuna illusione riguardo al funzionamento dell’Unione europea, è stato un convinto sostenitore dell’adesione della Croazia e di altri paesi balcanici all’UE, ritenendo che l’integrazione europea fosse la strada migliore verso il progresso economico e la stabilità dei Balcani. “Nel caso di alcuni paesi – ed è uno scenario a cui assisteremo anche in Croazia – le raccomandazioni riguardanti la politica economica che arrivano da Bruxelles spesso si rivelano più valide rispetto alle idee avanzate dalle autorità nazionali. Se guardiamo alla politica economica croata degli ultimi quindici anni, peggio di così difficilmente si poteva fare. Alcuni paesi sono capaci di elaborare e attuare buone leggi autonomamente, quindi hanno deciso di non aderire all’UE. Questa però non è un’opzione accettabile nel caso della Croazia, considerando il livello di stabilità politica e sociale, e in generale la capacità politica del paese”, aveva affermato Gligorov [in un’intervista rilasciata nel 2013], criticando anche la politica monetaria della Banca centrale croata che, rafforzando troppo la valuta nazionale (kuna), aveva rallentato la crescita economica della Croazia.
Nei suoi testi, Gligorov aveva ampiamente analizzato le difficoltà incontrate dai paesi dell’est Europa, in particolare dello spazio post-jugoslavo, durante il processo di transizione dal socialismo al capitalismo. “Non vi è dubbio che la transizione si è rivelata irreversibile, e questo sicuramente ci dice qualcosa sulla corrispondenza tra le aspettative [iniziali] e i risultati finora raggiunti. Le attuali aspettative potrebbero però rimanere disattese, perché alcuni paesi stanno nuovamente attraversando una crisi, rischiando di perdere un altro decennio di sviluppo [come già accaduto negli anni Ottanta durante il periodo di declino del socialismo]. Per questo alcuni vorrebbero innalzare nuovi muri, sia che si tratti di muri morbidi, protezionistici, o di quelli solidi, autarchici”, affermava Gligorov in un testo pubblicato nel 2014 intitolato “Il Muro di Berlino e gli altri muri ”.
Proseguendo nella sua analisi del processo di transizione, Gligorov spiegava che gli anni immediatamente successivi al crollo del socialismo erano stati caratterizzati da una sorta di “recessione di transizione”.
“Alcuni economisti ritenevano che la transizione non avrebbe comportato alcuna perdita, perché il vecchio sistema era diventato talmente inefficace che poteva solo andare meglio, anche nel caso in cui i cambiamenti si fossero rivelati graduali”. Eppure, come precisava Gligorov, bisognava prima liberarsi da vari fenomeni ereditati dal socialismo per poter compiere i primi passi in avanti. “A dire il vero, la caduta del Muro aveva portato ad un immediato aumento delle libertà, inteso come parte integrante di quel miglioramento generale [della situazione nei paesi dell’ex blocco socialista negli anni Novanta]. Questo cambiamento non va però confuso con l’aumento dell’efficienza economica e con l’instaurazione dello stato di diritto, fenomeni, questi ultimi, che presuppongono una chiara definizione dei rapporti di proprietà e una democrazia stabile”.
Focalizzandosi poi sul processo di democratizzazione, Gligorov spiegava che la democrazia si era rivelata un sistema efficace nei paesi in cui si era riusciti a eleggere democraticamente i nuovi governi, garantendo così la legittimità delle riforme sistemiche intraprese. “Laddove invece si indugiava a lungo nell’avviare il processo di democratizzazione, come ad esempio in Serbia o in Russia, [la transizione] aveva comportato alcune conseguenze politiche negative che si fanno sentire ancora oggi. Prima la democrazia, poi le riforme – questa è la regola principale delle transizioni europee”.
Parlando di suo padre, Kiro Gligorov, noto politico jugoslavo (tra i vari incarichi ricoperti, dal 1948 al 1952 fu ministro delle Finanze della SFRJ) e primo presidente della Macedonia indipendente, in un’intervista rilasciata al portale della BBC in lingua serba Vladimir Gligorov aveva affermato: “Possedeva capacità politiche e sociali eccezionali, la pazienza. Fu uno dei pochi ad essere sopravvissuti a tutto quanto accaduto in Jugoslavia – le purghe erano inevitabili. Aveva raggiunto un profondo equilibrio interiore, un equilibrio mentale. Con chiunque parlasse, riusciva sempre a concludere la conversazione con toni amichevoli. Mio padre non era soddisfatto del fatto di aver partecipato alla dissoluzione della Jugoslavia. Diceva che in un certo senso si vergognava di averne preso parte”.
Appresa la notizia della morte del noto economista, Dejan Jović, professore presso la Facoltà di Scienze Politiche di Zagabria, ha ricordato quella che è probabilmente la più celebre affermazione di Gligorov, che all’inizio degli anni Novanta, cercando di spiegare la logica del secessionismo, disse: “Perché io dovrei essere una minoranza nel tuo paese, quando tu puoi essere una minoranza nel mio paese?”.
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