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Addio a Marinko Čulić

L’Associazione dei giornalisti croati ha comunicato martedì 31 gennaio la morte di Marinko Čulić, all’età di 72 anni. Čulić è stato una delle colonne portanti del giornalismo croato, noto per il suo impegno antinazionalista, per la sua raffinata ironia e i suoi sagaci editoriali

03/02/2023, Boris Pavelić -

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(Originariamente pubblicato sul portale Tačno , 1 febbraio 2023)

In situazioni tristi anche i fatti casuali assumono una dimensione simbolica del tutto inaspettata. La morte del rinomato giornalista ed editorialista zagabrese Marinko Čulić ha quasi coinciso con il decimo anniversario della pubblicazione di un suo testo dedicato alla Mostar postbellica. Con questa analisi intitolata Mostar è una città in cui è facile essere criminali , pubblicata sul portale Tačno il 14 marzo 2013, il collega Čulić ha fornito uno dei tanti esempi straordinari del suo impegno giornalistico, esempi che dimostrano come ha lavorato un giornalista che per più di quarant’anni ha scritto con dignità, cercando una via d’uscita dal cataclisma politico e culturale che ha travolto i Balcani. Un impegno portato avanti in segno di dissenso e protesta contro quelli che hanno provocato quel cataclisma e che a tutt’oggi continuano a fomentarlo.

Sul piano personale, Marinko Čulić era un uomo molto amato: benevolo, ma non ingenuo; mite e, al contempo, dotato di una raffinata ironia; abile, istruito, saggio, ma mai arrogante; sempre socievole, senza mai ostentare un’aria spavalda. Come giornalista invece era straordinario sotto molti aspetti. Scriveva brillantemente, come pochi sanno fare. In un articolo commemorativo, pubblicato in occasione della scomparsa del loro collega, la redazione del portale Novosti descrive così lo stile di scrittura di Čulić: “Caratterizzato da una sottile maestria stilistica, intrecciata ad una spiccata sensibilità sociale e alla capacità di fornire un ampio sguardo sulle vicende politiche e sociali dello spazio ex-jugoslavo”. Uno stile di scrittura in piena sintonia con le decisioni fatte da Čulić lungo il suo percorso esistenziale: nel corso della sua carriera giornalistica lunga quarantacinque anni, ogni volta che ha dovuto fare una scelta, ha sempre seguito la strada più difficile, ma dignitosa. Come ad esempio quando negli anni Ottanta ha deciso di lasciare il quotidiano Večernji list per lavorare per il settimanale zagabrese Danas, una delle più importanti testate dell’ex Jugoslavia nel periodo dopo la morte di Tito che ha contributo in modo rilevante alla democratizzazione della Croazia. Oppure quando, all’inizio degli anni Novanta, in quel vortice in cui il regime dell’HDZ ha preso il controllo di molti media croati, ha deciso di passare al settimanale Nedjeljna Dalmacija, per poi compiere un passo cruciale unendosi, nel 1993, al Feral Tribune. Poi nel 2008 [dopo la chiusura del Feral] ha iniziato a lavorare per Novi list, abbandonandolo però un anno più tardi, dopo essere stato censurato dal proprietario del quotidiano di Fiume, per poi unirsi alla redazione del Novosti, dove ha continuato a lavorare fino al suo ultimo editoriale pubblicato qualche mese fa.

Marinko Čulić è anche uno dei pochi giornalisti le cui battute sono entrate a far parte della memoria collettiva, diventando vere e proprie frasi idiomatiche. Ad esempio, pochi sanno che l’espressione kosti u mikseru [le ossa nel frullatore] è un’invenzione di Čulić, per la prima volta utilizzata, in un contesto ironico, in un suo articolo pubblicato nel 1996 sul Feral Tribune, in cui questo analista senza pari ha smontato l’ossessione di Tuđman di trasformare il complesso memoriale di Jasenovac, dedicato alle vittime del regime ustascia, in una versione croata della Valle de los Caídos ideata del dittatore spagnolo Francisco Franco, quindi in un cimitero in cui – come in un inquietante spettacolo infinito – gli ustascia sarebbero stati sepolti accanto alle loro vittime, e dove nessuna anima sarebbe mai riuscita a trovare il vero riposo, così come nel cimitero monumentale di Franco non hanno trovato riposo né i franchisti né i repubblicani, con la differenza che questi ultimi vi furono sepolti senza il consenso dei loro familiari.

Inoltre, Marinko Čulić è uno dei pochissimi giornalisti, forse uno dei due, che nell’Europa democratica della seconda metà del Novecento hanno vinto in tribunale contro un capo di stato. Nel 1996 il procuratore capo della Repubblica di Croazia, in nome del presidente Franjo Tuđman, sollevò l’accusa contro Marinko Čulić e Viktor Ivančić, l’allora caporedattore del Feral, a causa del summenzionato articolo Kosti u mikseru e di un fotomontaggio pubblicato sulla copertina dello stesso numero del Feral. Quel processo spettacolare – ingiustamente, ma con ogni probabilità volutamente dimenticato dall’opinione pubblica – si concluse, del tutto inaspettatamente, con una sentenza di assoluzione, una sentenza che – nonostante i ripetuti tentativi dei vari procuratori di impugnare la decisione del tribunale, protrattasi fino alla morte di Tuđman nel 1999 – rese Čulić e Ivančić eroi della libertà di parola in un’epoca cupa in cui l’autocrazia stava per trasformarsi definitivamente in una dittatura dissimulata.

Čulić è anche autore della prima e probabilmente la più profonda analisi mai scritta del tuđmanismo inteso come ideologia e strategia politica, contenuta nel libro Tuđman – anatomija neprosvijećenog apsolutizma [Tuđman – l’anatomia di un assolutismo non illuminato], pubblicato nel 1999 dal Feral, poi ripubblicato nel 2014 dalla casa editrice zagabrese Novi Liber in un’edizione aggiornata dal titolo Tuđman – i poslije Tuđmana [Tuđman – e dopo Tuđman]. Questi testi, ormai diventati una lettura imprescindibile, in cui Čulić analizza una delle più importanti figure politiche della Croazia postjugoslava, sono una naturale continuazione di una forma di scrittura giornalistica che Čulić ha praticato con grande maestria per quasi mezzo secolo: analisi politica in forma di commento. Durante la sua intera carriera giornalistica, Čulić – che ha compreso bene sia il potenziale utopico dell’idea jugoslava sia l’incapacità delle élite politiche dei popoli slavi del sud di rendere reale tale potenziale – ha lottato per trovare una soluzione, un compromesso che escludesse la violenza e il nazionalismo. In questo senso, i suoi editoriali potrebbero essere definiti “ non pragmatici”, ed è proprio qui che risiede il principale valore della sua scrittura: Marinko ha sempre cercato – in modo coerente, egregio e dignitoso – di spingere l’opinione pubblica, croata e quella dei paesi vicini, a confrontarsi con una certezza che nessuno ha mai voluto accettare, ossia con il fatto che poteva e doveva andare meglio, che la guerra poteva e doveva essere evitata, che tutto poteva e doveva essere risolto senza una sola vittima.

C’è da sperare che qualche editore o redattore decida di preparare una selezione rappresentativa degli editoriali di Čulić: ne uscirebbe, ne sono certo, un volume su opzioni politiche migliori, opzioni che i paesi della regione hanno volutamente ignorato. Per esprimere questa idea con le parole dello stesso Čulić, concludendo così questo omaggio al grande giornalista e riconciliatore, ricordiamo il messaggio del suo testo dedicato a Mostar, uscito sul portale Tačno esattamente dieci anni fa: "Possiamo solo sperare che la politica che ha creato tutta la miseria nella nostra regione negli ultimi tre decenni, permettendo tra l’altro che nel 2013 i vigili del fuoco di Mostar rimanessero senza un soldo, venga sconfitta e ridotta in cenere".

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