Ad un anno dal referendum, una Grecia senza speranze
Il 5 luglio 2015 la Grecia votava contro le riforme chieste dai suoi creditori. Ad un anno di distanza, la sinistra che contesta Tsipras è scesa in piazza, denunciando tradimento politico e disillusione
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 6 luglio 2016)
Bandiere del partito trotzkista Antarsya sventolano nell’aria non lontane da quelle di Unità popolare, forza di estrema sinistra nata lo scorso agosto da una scissione di Syriza. Sono passate da poco le otto di sera a piazza Syntagma, nel centro d’Atene, ed alcuni gruppi di persone si fermano davanti alla sede del parlamento.
Sono in pochi, l’atmosfera è dimessa. Un anno fa il primo ministro greco Alexis Tsipras aveva chiamato quasi 10 milioni di greci ad esprimersi con un referendum a favore o contro le nuove misure di austerità volute dai creditori del paese. “Ci eravamo sentiti importanti, vi era euforia, qualcosa cambiava in Grecia”, ricorda Meri Papadopoulos. “Oggi siamo ben lontani da quella manifestazione provocata dalla vittoria dei “no” con il 61,3%”, afferma questa donna di 35 anni, ritornata su questa piazza per ricordare quel referendum ritenuto storico.
“La disillusione è troppo grande. Nel decidere di procedere con le riforme Tsipras ha tradito il nostro voto e la nostra speranza di porre fine all’austerità. La gente è stanca, non ha più voglia di scendere per le strade. Siamo come rassegnati”, spiega questa professoressa di greco antico che non si dichiara parte di alcun partito politico. “Anche se si sapeva che Tsipras non poteva certo cambiare il mondo aveva suscitato speranze genuine. Pensavamo che avrebbe trovato un’alternativa alle politiche di austerità, che ci avrebbe restituito la dignità perduta in tanti anni di recessione”.
La disillusione serpeggia anche mentre Despina Spanou descrive le politiche portate avanti dal governo di Alexis Tsipras. Quest’ateniese di 58 anni ha abbandonato Syriza nel luglio scorso per poi confluire in Unità popolare. “E’ stato eletto con promesse anti-austerità, ma l’attuale governo ha adottato le stesse politiche di quelli precedenti: abbassa le pensioni, aumenta le tasse e prosegue con le privatizzazioni. Un anno fa credevamo nel cambiamento. Ora non più”.
Al suo fianco Panagiotis Katikas, che non nasconde il suo fastidio. Quest’architetto in pensione denuncia quella che definisce la capitolazione di Alexis Tsipras davanti alle istituzioni europee: “Ha detto che non vi è alternativa possibile. E’ un messaggio grave inviato a tutt’Europa e che dice che la sinistra non è in grado di portare cambiamento”.
Alle 9 e 30 di sera, mentre Piazz Syntagma si svuota, Nikos tarda ad andarsene. “Non c’è nulla di peggio di un governo che non rispetta il voto popolare dopo aver promosso un referendum. Non abbiamo alcun peso, è l’Unione europea a decidere per noi. Non vi è più speranza in Grecia. Molti se ne sono andati e penso di farlo anch’io”, afferma deciso questo studente di 27 anni. Cita poi un recente rapporto della Banca centrale della Grecia secondo il quale, dal 2008, circa 500.000 greci, in particolare giovani diplomati, hanno lasciato il paese.
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