Accordo sul nome, le reazioni in (Nord) Macedonia
L’accordo sul nome tra Atene e Skopje è stato raggiunto. In Macedonia (del Nord), però, la strada per la ratifica resta lunga e complessa, mentre l’opposizione ha annunciato lotta dura contro l’intesa
Dopo quasi 25 anni di trattative, Atene e Skopje hanno concordato di porre fine alla lunga disputa sul nome. Secondo il compromesso raggiunto, il vicino settentrionale della Grecia userà erga omnes – internamente ed esternamente – il nome di Repubblica di Nord Macedonia. I ministri degli Esteri Nikola Dimitrov e Nikos Kotzias, in presenza dei rispettivi primi ministri, hanno firmato l’accordo e annunciato una nuova era di relazioni bilaterali.
L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini e il commissario ai negoziati per l’Allargamento Johannes Hahn, presenti alla cerimonia svoltasi sul lato greco della regione frontaliera del lago Prespa, hanno lodato lo storico accordo e si sono congratulati con i primi ministri Alexis Tsipras e Zoran Zaev per la loro determinazione e leadership.
La strada verso la piena attuazione, tuttavia, potrebbe essere dolorosa e imprevedibile come i negoziati stessi. Al momento, l’Assemblea macedone ha fatto il primo passo. Diversi giorni dopo la firma, l’accordo è stato ratificato con 69 voti a favore su 120 parlamentari. I 51 parlamentari d’opposizione di centro-destra della VMRO-DPMNE hanno boicottato la sessione. Ma questo è solo l’inizio, poiché serviranno molti altri passi da parte macedone prima che l’accordo venga siglato e trasferito al parlamento di Atene per la ratifica definitiva.
Il giorno dopo l’accordo storico
Come facilmente prevedibile, in una società polarizzata come quella macedone sono emerse due narrazioni opposte sull’intesa con la Grecia. L’opposizione è fermamente contraria, mentre il governo ne sostiene l’esito finale. In questa equazione, gli indecisi sono la maggioranza e il loro voto farà la differenza nel referendum nazionale sulla questione annunciato per il prossimo autunno.
La VMRO-DPMNE ha definito l’accordo contrario agli interessi statali e nazionali. "Dal punto di vista legale, l’accordo è anticostituzionale ed è un’umiliazione nazionale", ha affermato l’ex ministro degli Esteri Antonio Miloshoski. Dragan Danev, coordinatore del gruppo parlamentare della VMRO-DPMNE, ha descritto l’accordo come un atto di capitolazione e "un genocidio dello stato di diritto macedone e un tentativo di negare la nostra esistenza". Insoddisfatta della procedura di ratifica accelerata imposta dalla maggioranza, l’opposizione ha lasciato la sessione plenaria convocata per l’approvazione dell’accordo. Nel frattempo, i media e gli analisti conservatori hanno descritto l’accordo come dannoso, infido e umiliante.
Dall’altra parte, chi è favorevole all’accordo lo razionalizza come un male necessario e un investimento nel futuro dello stato macedone e dei suoi cittadini, sottolineandone soprattutto gli aspetti positivi. Ad esempio, l’etnia e la lingua saranno ancora chiamate macedoni, mentre la nazionalità sarà denominata “macedone/ cittadino/a della Repubblica di Nord Macedonia” in tutti i documenti. Anche i codici internazionali rimarranno MK e MKD, come registrati finora dalla International Organization for Standardization. Solo le targhe dei veicoli saranno cambiate in NM o NMK. Il primo ministro Zaev, durante la sessione plenaria di ratifica, ha affermato che l’accordo di Prespa offre una soluzione alla trentennale controversia, mettendo al contempo fine all’incertezza.
"Abbiamo raggiunto una soluzione dignitosa e accettabile per entrambe le parti. L’accordo protegge la nostra identità: non abbiamo rinunciato a nulla, né nessuno ci ha tolto nulla. Questo atto coraggioso è una soluzione nell’interesse dei cittadini di entrambi i paesi", ha detto Zaev.
Proteste violente
Mentre i partiti politici litigavano su chi è un traditore e chi è un patriota, circa duemila persone sono scese per le strade di Skopje per protestare davanti all’Assemblea. Le proteste sono iniziate subito dopo la firma dell’accordo. Secondo i media locali, le manifestazioni sono state organizzate tramite social media da gruppi di tifosi sportivi e da un piccolo partito conservatore filo-russo. Le prime proteste del 17 giugno, sebbene annunciate come pacifiche, sono presto sfociate in episodi di violenza, con oltre 10 feriti e circa 25 arrestati. Secondo i media locali, gruppi di giovani, alcuni dei quali mascherati, hanno attaccato gli agenti con pietre e razzi, cercando di sfondare il cordone della polizia e assaltare il parlamento. La polizia è intervenuta con auto blindate, bombe a scoppio e gas lacrimogeni per disperdere la folla. Le proteste sono continuate nei giorni successivi, ma con intensità minore e senza violenza. Evidentemente, la natura violenta delle manifestazioni ha scoraggiato altre persone dal partecipare.
Un altro segmento della società si è espresso con veemenza contro l’accordo: la diaspora, che ha organizzato/annunciato proteste pacifiche in tutto il mondo. Una delle più grandi organizzazioni al mondo, la “United Macedonian Diaspora” (UMD), ritiene inadatta la soluzione-pacchetto, criticando la mancanza di un serio dibattito pubblico, l’assenza di coinvolgimento del mondo accademico macedone e la mancanza di trasparenza nel processo negoziale.
"Il nome Macedonia del nord come soluzione alla controversia bilaterale di 27 anni tra i due paesi, con il suo ultimatum per i cambiamenti costituzionali, la modifica del preambolo costituzionale, la modifica dell’articolo 49 relativo alle minoranze nazionali macedoni e l’uso erga omnes, è un trionfo per la diplomazia greca e un fiasco per l’identità, la storia e il futuro macedone", ha dichiarato l’UMD in un commento scritto.
Passi futuri
La firma è stata solo il primo di una serie di passaggi attentamente pianificati. La ratifica è stata il secondo, ma ora segue la parte più accidentata della strada. Il presidente Gjorge Ivanov deve firmare la ratifica (qualcosa che ha chiaramente detto che non farà in nessuna circostanza) prima che sia pubblicata nella gazzetta ufficiale. Seguono poi gli emendamenti costituzionali (oltre 150 cambiamenti richiedono la maggioranza dei due terzi, mentre Zaev in questo momento ha solo 69 parlamentari su 120) per adempiere alla parte erga omnes dell’accordo. La parte finale, prima che la Grecia porti l’accordo di Prespa davanti al proprio parlamento per la ratifica, è il referendum. Non è ancora chiaro se si tratterà di un referendum vincolante o consultivo, ma in ogni caso sarà il test più importante per il governo di Zaev e l’attuazione complessiva dell’accordo.
In un’altra prospettiva, l’accordo tanto atteso non è solo un successo per i due paesi, ma anche per l’UE e la comunità internazionale. Ora che le élite al potere in Macedonia e in Grecia hanno messo da parte i calcoli politici, è tempo che la comunità internazionale faccia la sua parte. Prima di tutto, lavorando con i principali partiti di opposizione in entrambi i paesi – che fanno entrambi parte del gruppo del Partito popolare europeo – e mantenendo alcune delle promesse fatte, come la data di inizio per i negoziati UE e l’invito ad aderire alla NATO, in modo che l’attuazione possa essere il più agevole possibile.
Se l’accordo di Prespa sarà pienamente attuato e funzionale, avrà un impatto positivo non solo sui due paesi, ma anche sui loro vicini balcanici, che saranno sottoposti ad un più attento scrutinio per realizzare riforme più sostanziali e lavorare sulle loro questioni rimaste ancora aperte.
L’uomo più felice durante la cerimonia sul lago Prespa è stato molto probabilmente l’ambasciatore Matthew Nimetz, inviato personale del Segretario generale delle Nazioni Unite, che ha guidato i colloqui sul nome per quasi due decenni. Come hanno riferito i media, Nimetz ha detto ai suoi amici più stretti che non vuole un regalo per il suo compleanno, che è coinciso con la firma dell’accordo, perché ha ricevuto il miglior regalo possibile dai ministri degli Esteri Dimitrov e Kotzias, con cui aveva lavorato all’accordo negli ultimi mesi. Davvero, un regalo unico.
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