Accettare le diversità: i diritti umani e le sfide della riconciliazione
Le conclusioni della conferenza di Sarajevo organizzata dall’Università di Bologna, dall’Istituto per l’Europa Centro-Orientale e Balcanica e dall’Università di Sarajevo. La proposta di creare una rete delle organizzazioni della società civile nell’ambito dell’Iniziativa Centro Europea
Elaborazione di Osservatorio Balcani e Caucaso
Più di 170 professori universitari, politici europei, studenti e laureati della ERMA (European Regional Master’s Degree in Democracy and Human Rights in South East Europe) e attivisti della società civile si sono riuniti a Sarajevo il 29 e 30 aprile 2011 negli spazi del CIPS (Centro studi interdisciplinari post-laurea dell’università di Sarajevo) per discutere di diversità come ricchezza per lo sviluppo delle società e delle sfide per accettarla. La conferenza, dal titolo “Accettare le diversità: diritti umani e le sfide della riconciliazione”, è stata organizzata dall’Università di Bologna, dallo IECOB (Istituto per l’Europa Centro-Orientale e Balcanica) e dall’Università di Sarajevo in occasione della celebrazione del decimo anniversario dell’ERMA. La conferenza ha portato anche alla costituzione della rete CEI delle organizzazioni della società civile, che vuole collegare tra di loro le organizzazioni della società civile del Sud Est Europa, in particolare quelle attive nel campo della difesa e della promozione dei diritti umani, della riconciliazione e delle nuove strategie di sviluppo.
La conferenza si è aperta con i saluti del vice-rettore dell’Università di Sarajevo, prof. Hazim Bašić, di S.E. Raimondo De Cardona, Ambasciatore d’Italia in Bosnia Erzegovina, e di Boris Iarochevitch, Capo delle operazioni della Delegazione dell’Ue in Bosnia Erzegovina. Dopo la presentazione del prof. Stefano Bianchini, dell’Università di Bologna, sui punti principali della conferenza, il pubblico ha assistito ai discorsi dei relatori Leonidas Donskis, del Parlamento Europeo, e del prof. Zoran Pajić del King’s College di Londra.
Il Tribunale dell’Aja e le narrazioni nazionali
La discussione è stata organizzata in sei gruppi (panels) che hanno affrontato l’argomento da diversi punti di vista. Nel gruppo 1 (Sentenze del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja e narrative nazionali: fatti contro miti ), il prof. Vjeran Pavlaković, dell’Università di Fiume/Rijeka, ha evidenziato il recente e emblematico caso del verdetto Gotovina che ha mostrato le difficoltà affrontate dalla società croata nel rapporto con la narrativa dominante sulla guerra e sulla nuova identità croata. Il punto è che gruppi diversi recepiscono la giustizia in modi diversi, come ha ribadito Goran Bozicević, direttore del Miramida Centar – Regional Peacebuilding Exchange di Groznjan-Grisignana (Istria, Croazia). In un contesto tale, la riconciliazione diventa una sfida e l’unica via d’uscita è quella delle scuse, come ha proposto il prof. Nenad Dimitrijević, del CEU (Central European University) di Budapest.
Accettare le diversità
Nel gruppo 2 (Accettare le diversità: sfide per l’educazione e la società civile ), il prof. Bianchini ha sottolineato che le ragioni che stanno dietro le guerre nell’ex Jugoslavia (guerre scoppiate contro e sulle diversità) fanno parte della cultura europea. Lo Stato nazione è emerso come veicolo di democrazia, ma col tempo è diventato un sistema per promuovere l’omogeneizzazione e l’esclusività in termini di lingua, identità, interessi economici, ecc. con confini molto ben definiti. Questo è il motivo per cui tutte le società in Europa oggi affrontano molteplici difficoltà nel gestire le diversità. C’è un bisogno di ripensare il sistema educativo prima di tutto, e di offrire visioni diverse della cultura europea attraverso il sincretismo e il métissage (meticciato). Le diversità possono essere conciliate in diversi modi: attraverso l’inclusione, attraverso un approccio opinion-blind (privo di giudizi) o semplicemente con un semplice cambio di comportamento, dall’“essere interessanti” all’“essere interessato” all’altro, come ha proposto David Solomons del Creative Learning Consultants di Londra.
Diritto di non appartenenza, giustizia di genere e di transizione
Nel gruppo 3 (“Etnicità” e diritto di non-appartenenza), il prof. Jo Shaw dell’Università di Edimburgo ha descritto il concetto di cittadinanza etnica, mentre il prof. Ger Duijzings della UCL – School of Slavonic and East European Studies ha dichiarato che le città rappresentano un ambiente anonimo pieno di estranei e che la differenza è un prerequisito per l’identità urbana, un concetto considerato del tutto normale.
Nel gruppo 4 (Giustizia di genere e di transizione nel Sud Est Europa ), la prof.ssa Vlasta Jalušič del The Peace Institute (Mirovni inštitut – inštitut za sodobne družbene in politične študije – Slovenia), si è concentrata sulla posizione egemone, e finora incontestata, di mascolinità e femminilità prima, durante e dopo il conflitto, nonché sul fatto che queste posizioni siano state costantemente rafforzate. La docente Gordana Duhaček della Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado ha introdotto il concetto di Tribunali di donne come meccanismo alternativo nel campo dei processi di giustizia transizionale, offrendo una prospettiva diversa delle nozioni di vittima, sopravvissuto e testimone in ambito processuale.
Il ruolo dei media e la sfida all’omogeneità
Nel gruppo 5 (Ripensare il giornalismo: il ruolo dei media nelle società post-conflitto ), Žarka Radoja, di E-novine, e Eldin Hadzović, di BIRN BiH, hanno messo in risalto il ruolo cruciale che hanno i media nelle società democratiche e hanno enfatizzato il fatto che i media di oggi sono un prodotto di consumo basato sul sensazionalismo. Nel gruppo 6 (La sfida all’omogeneità nelle comunità etniche: uno spazio per il dialogo), il prof. Mitja Žagar, dell’Istituto per gli studi etnici dell’università di Ljubljana e della Primorska, ha precisato che i gruppi etnici, anche se descritti come omogenei, sono variegati al loro interno e diversi da un punto di vista culturale. I leader politici nei loro progetti sostengono l’omogeneità, tuttavia è estremamente difficile realizzarla in pratica.
Una rete della società civile in ambito CEI
La conferenza ha rappresentato un’opportunità unica per incoraggiare la discussione tra accademici e rappresentanti della società civile che si occupano di riconciliazione o gestione della diversità. Inoltre, ha rappresentato un’occasione rara per riunire i membri delle organizzazioni della società civile del Sud Est Europa. Questo sforzo è culminato con la costituzione della rete CEI delle organizzazioni della società civile, ancora aperta a nuovi membri.
(A cura di Aleksandra Nedzi, Cinzia Tarletti, Davor Marko, Mariana Hadžijusufović, del Comitato organizzatore della conferenza)
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