Tipologia: Notizia
Categoria:
A Bruxelles si parlerà “ex-jugoslavo”?
Tornerà in auge il serbo-croato? C’è chi, in vista dell’ingresso di Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro nell’Unione europea propone un’unica denominazione. Ma non tutti, ovviamente, concordano
(Pubblicato originariamente dal quotidiano Danas il 2 novembre 2012, selezionato da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)
Recentemente il linguista tedesco Michael Schazinger, membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha proposto di riunire le lingue serbo, croato, bosniaco e montenegrino sotto un’unica denominazione: “lingua ex-jugoslava”…
Non si può ad oggi dare molto credito a questa proposta dato che la sua validità scientifica non sarà dibattuta sino a quando tutti i paesi in cui si parla il serbo-croato non faranno parte dell’Unione europea. Ma, in seno all’UE, esiste una tendenza a raggruppare queste lingue – ad oggi se ne contano 4 – sotto lo stesso nome. Nessuno può sapere se alla fine si continuerà ad utilizzare il termine serbo-croato, come di fatto ancora avviene in numerose università europee, o si passerà all’abbreviazione BCMS (bosniaco-croato-montenegrino-serbo) o se si troverà una terza soluzione.
E’ ciononostante interessante sottolineare come in Serbia non vi siano istituzioni che ufficialmente si debbano occupare della propria lingua all’estero o anche sul piano interno.
In Croazia invece il ministero per l’Educazione e lo Sport ha un dipartimento speciale che si occupa delle questioni legate alla lingua, sia sul piano nazionale che internazionale. Quest’ultimo sottolinea come, secondo la costituzione, la lingua ufficiale del paese sia il croato. “Questo significa che tanto in seno alle nostre frontiere che all’estero, l’unico vero nome della nostra lingua è ‘Croato’”. I portavoce del ministero dicono inoltre di essere a conoscenza del fatto che un certo numero di facoltà universitarie europee propongono corsi in “serbocroato” o in “croato e lingue apparentate” ma insistono anche sul fatto che esiste anche “un numero elevato di università dove il croato è studiato in modo indipendente”. Il ministero ricorda che la Croazia diverrà l’anno prossimo (2013) il 28mo membro dell’UE e che il croato diverrà la sua 24ma lingua ufficiale, il che “farà perdere ogni legittimità alla messa in discussione del nome della lingua”.
La posizione del ministero dell’Educazione e lo Sport del Montenegro è altrettanto interessante. I suoi rappresentanti hanno rifiutato di commentare asserendo che la questione posta era “troppo politica”.
Al contrario non vi sono istituzioni in Serbia che ufficialmente siano competenti per la preservazione dell’identità nazionale e della conservazione della lingua serba. Il ministero serbo per l’Educazione, per le Scienze e per lo Sviluppo tecnologico ci ha rimandato al ministero della Cultura. Quest’ultimo si è affrettato a rispondere che la lingua e l’alfabeto serbo sono questioni nazionali, ma non di esclusiva competenza del ministero della Cultura. “Secondo la legge sull’utilizzo ufficiale della lingua e dell’alfabeto è ai ministeri che si occupano di amministrazione pubblica, trasporti, sviluppo urbano, educazione, cultura e sanità che spetta il compito di generare la regolamentazione in merito alla lingua. Nel nostro paese sono le istituzioni scientifiche ed educative che si occupano delle questioni legate alla lingua e quindi spetterà a loro prendere posizione su questioni linguistiche”, si dichiara al ministero.
Sul piano scientifico, la questione è limpida. Si tratta di un’unica lingua, il serbo-croato, che si è divisa in quattro sotto la pressione del contesto politico. Il professor Sreto Tanasić, direttore dell’Istituto per la lingua serba, ricorda che l’Occidente ha incoraggiato il separatismo linguistico, anche se quest’ultimo non aveva alcuna base scientifica.
Sarebbero stati gli occidentali a permettere la creazione del bosniaco, del serbo, del croato per calmare gli appetiti balcanici. “Attualmente si rendono conto che questo ha per loro dei costi, che implica una pletora di interpreti, che implica che ciascuna lingua venga tradotta in tre, a volte quattro altre lingue e tutto questo non ha alcun senso”, spiega il professore Tanasić. Quest’ultimo aggiunge anche che molte università insegnano il “serbo-croato” ma che vi sono anche università dove esistono corsi separati, uno per il serbo e l’altro per il croato, come ad esempio a San Pietroburgo dove la diplomazia croata ha effettuato un’operazione di lobby efficace.
L’accademico Ivan Klajn ritiene che “serbo-croato” è la sola denominazione scientificamente valida. “Il termine serbo-croato è stato creato dal filologo tedesco Jacob Grimm nel 1824 e da allora è utilizzato dagli slavisti del mondo intero. Le lingue “bosniaco”, “bosgnacco” o “montenegrino” non hanno alcuna giustificazione scientifica, come non lo ha il fatto che ciascun popolo debba necessariamente avere il diritto a chiamare la lingua che parla servendosi del nome della propria nazionalità, idea che è facilmente confutabile ricordando che non esistono le lingue “austriaco, belga, messicano, argentino, statunitense o brasiliano. Le abbreviazioni tipo BCMS e l’idea di una lingua ex-jugoslava non sono che dei tentativi politici che servono solo a circumnavigare il problema. Ai tempi della Jugoslavia nessuno chiamava il serbo-croato “jugoslavo” e quindi non ha alcun senso aggiungervi un prefisso ex”, sottolinea Klajn.
Tenuto conto dell’approccio inflessibile della Croazia, che non riconosce che la denominazione “lingua croata” ed essendo un dato di fatto che quest’ultima sarà la prima ad entrare nell’Unione europea si deve temere che la diplomazia croata riesca a cancellare ogni riferimento alla lingua serba? Il professor Tanasić stima che dal punto di vista storico e culturale il serbo ha un ruolo importante nella regione e che quindi “è poco probabile che questa lingua sparisca dalle università europee”.
Attualmente è in vigore in Serbia un’unica legge che regolamenta l’utilizzo ufficiale della lingua e degli alfabeti, che per molti versi rimane sulla carta e la cui applicazione o meno dipende spesso da specifiche pressioni e fini politici. Ma questa legge non affronta le questioni relative alla nostra lingua in seno all’UE o la salvaguardia di quest’ultima sul piano regionale. Queste questioni dipendono esclusivamente dal piano politico.
“Purtroppo negli ultimi 15 anni, dopo che il compianto Pavle Ivić ha creato il Comitato di standardizzazione della lingua serba non si è mai definito con quali istituzioni statali quest’organo dovesse comunicare. All’inizio collaboravamo con il ministero della Cultura ma questo solo perché il segretario del Comitato, il linguista Branislav Brborić, era anche sottosegretario alla Cultura, Né il governo, né il parlamento, né il ministero hanno mai dimostrato il minimo interesse per le questioni relative alla politica linguistica”, afferma Ivan Klajn, uno dei membri del Comitato per la standardizzazione della lingua serba.
editor's pick
latest video
news via inbox
Nulla turp dis cursus. Integer liberos euismod pretium faucibua