2010, l’anno di Madre Teresa
Mostre, spettacoli teatrali, gigantografie dedicate a Madre Teresa occupano lo spazio urbano della capitale albanese nel centenario della nascita della suora che ricevette il Nobel per la pace. Celebrazioni però che sembrano soprattutto voler strumentalizzarne l’immagine come biglietto da visita per Bruxelles
Il 2010 è l’anno di Madre Teresa. Gigantografie, mostre, spettacoli teatrali a lei dedicati, manifesti con le sue citazioni e persino una sfilata di moda bianco e blu ispirata al suo sari, occupano strade e spazi urbani di Tirana. Il tutto curato con enorme attenzione in prima persona dal premier Berisha.
I discorsi e le conferenze si sprecano, sembra si faccia a gara a chi meglio tesse le lodi alla suora, defunta 13 anni fa. Politici, intellettuali, chiunque si trovi in qualche modo esposto alla vita pubblica ha ritenuto necessario aggiungere il proprio pezzo di retorica all’epopea di Madre Teresa. “Grande donna”, “Grande umanista”, “Animo nobile” le parole più gettonate, puntualmente accompagnate con l’aggettivo “albanese”.
Il tutto è un omaggio dedicato a madre Teresa per il centenario della sua nascita. Ma è solo la punta dell’iceberg di un processo che sfocia nell’interpretazione esclusivamente nazionale e mistificata della religiosa. Tanto che essa è ormai un simbolo immancabile in tutte le vetrine di souvenir kitsch albanesi, a fianco all’eroe nazionale Skanderbeg e alle solite statuette folcloristiche raffiguranti uomini e donne in costumi tradizionali. E’ una figura internazionale, approdata in Albania solo vent’anni fa, ma che è diventata presto motivo d’orgoglio e simbolo dell’albanesità. Tanto da far passare paradossalmente in secondo piano la sua personalità e il suo operato, che pare interessare poco agli albanesi.
Madre Teresa è nata a Skopje, da una famiglia albanese, a detta degli albanesi, e valacca a detta di macedoni e valacchi. Non parlava più l’albanese, era capace di cantare solo un paio di canzoni natalizie in questa lingua (secondo quanto ha riferito a un’intervista a tv Klan di Tirana, At Zef Pllumi, noto religioso dissidente durante il regime di Hoxha). Rilasciava interviste in un fluente serbo-croato e si dichiarava albanese di sangue, macedone di nascita e cattolica nell’animo.
Quel che si può dire con certezza è che proveniva da un ambiente multi-etnico in cui le lingue e le nazionalità si confondevano e coesistevano, come era normale nella Skopje ottomana e jugoslava in cui è nata e cresciuta.
E’ una figura che non calza del tutto nelle categorie puriste mono-etniche della retorica albanese attuale. E’ in questo contesto che si è arrivati addirittura a richiedere all’India di riesumare e di far rimpatriare in Albania le spoglie della grande albanese. Richiesta naturalmente rimandata al mittente da parte delle autorità indiane.
In Albania Madre Teresa la si trova ovunque, tanto che usare il suo nome per indicare il luogo dove ci si vuole incontrare non basta… Piazze, vie, ospedali, scuole sono spesso e volentieri dedicate a lei, e tra questi vi è anche l’aeroporto internazionale di Tirana. Nonostante ciò la suora ebbe poco a che vedere con l’Albania, sia per quanto riguarda i suoi legami affettivi sia per quanto riguarda la sua attività da religiosa. Come sottolineano nella blogosfera albanese gli analisti più lucidi del paese, la valenza religiosa e morale di Madre Teresa è completamente ignorata dalla commemorazione della sua personalità che sta avendo luogo quest’anno. Ciò che conta per farle meritare tanta gloria è solo il fatto che sia considerata albanese e che sia famosa, premio Nobel per la pace e beata dal Vaticano.
Ha tutte le carte in regola per affiancare Skanderbeg, nonostante non abbia lottato valorosamente per l’Albania contro nemici d’altre terre e d’altri tempi. E’ diventata a pieno titolo un’icona del nazionalismo albanese secondo lo schema più classico: è conosciuta in Occidente, proprio come Skanderbeg, ed ha una vocazione occidentale in quanto cattolica, esattamente come Skanderbeg, detto anche l’atleta di Cristo che salvò le coste italiane dalle orde turche. Per un’Albania mezzo sconosciuta, di cui all’estero si conosce solo la malavita, far associare il proprio nome a quello di Madre Teresa dovrebbe bastare per iniziare a sciogliere pregiudizi vecchi e nuovi che oscurano l’immagine del paese in Europa. E anche per mettere una rassicurante croce cattolica sopra la maggioranza musulmana del paese.
Di conseguenza madre Teresa è diventata un biglietto da visita prestigioso per l’Albania. Una personalità di cui vantarsi, con cui bussare a testa alta alle porte di Bruxelles, e guardare negli occhi i vari burocrati scettici in merito all’avvicinamento dell’Albania all’Ue. Per far capire che nonostante la sua maggioranza musulmana l’Albania è un paese di grandi cattolici, cripto-cattolici e filo-occidentali.
Egualmente orgogliosi di Madre Teresa sono anche i vicini macedoni, che nel centro di Skopje le hanno dedicato una sorta di mausoleo, connubio casuale di diversi stili architettonici. L’Albania, la Macedonia, e il Kosovo, in quanto terre legate alla figura della grande donna, hanno addirittura emesso un francobollo comune con la sua figura avvolta nel sari bianco e blu.
La venerazione è imposta dalla classe politica albanese, quasi con le stesse modalità con cui negli anni ’80 si continuava a lodare la figura paternalistica di Enver Hoxha anche se, tra la gente comune, c’è chi si chiede perché tanto chiasso per una suora cattolica che con l’Albania c’entra poco e che non rappresenta che una sola parte degli albanesi, quelli cattolici, intorno al 20% della popolazione?
Ma le ragioni sono chiare. Oltre l’autoreferenzialità e l’accresciuto ruolo dei cattolici nella classe politica albanese, l’uso politico di Madre Teresa è la risposta a un’Unione europea che difficilmente può venir considerata pronta ad accogliere paesi multi-culturali e multi-religiosi, con una maggioranza storicamente di religione musulmana. L’ultima conferma ai timori albanesi è arrivata solo pochi giorni fa, al parlamento europeo in occasione della votazione della proposta di liberalizzazione dei visti per l’Albania e la Bosnia Erzegovina. L’Olanda e la Francia vi si sono opposte poiché i due paesi balcanici risultano essere musulmani. Commentando nel suo blog quanto accaduto in ambito europeo, Ardian Vehbiu, noto intellettuale albanese si è chiesto: “Siamo sicuri che sia proprio questa l’Europa nella quale vogliamo integrarci?” Ma l’Unione europea è un altro concetto accettato acriticamente da parte degli albanesi, cui bisogna adeguarsi anche accantonando i propri valori di multi-culturalità e tolleranza religiosa.
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