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Area: Albania

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L’Albania in motocicletta (e a piedi)

Migliaia di chilometri in moto e poi quattro giorni a piedi, alla scoperta di una civiltà di montagna che da noi non esiste più. Un reportage di viaggio

06/07/2015, Stefano Coassolo -

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Venerdì 1 maggio ripercorriamo a ritroso la valle del fiume Vjosa sballottati nell’abitacolo consunto di una scassatissima Mercedes. Con una mano mi reggo alla maniglia della portiera per resistere agli scossoni mentre lo sguardo corre curioso oltre i finestrini sporchi. "In Albania non c’è nulla che funziona, ma troviamo sempre una soluzione per tutto" ci dice Cimi abbozzando un timido sorriso.

Dobbiamo scendere da Permet, dove siamo arrivati ieri pomeriggio con Surus, fino a valle di Kelcijre. Il previsto autobus di questa mattina non si è visto ed il successivo taxi "ufficiale" non ci ha caricati a bordo. Ma con una telefonata Cimi risolve rapidamente la questione, rimediando un passaggio da un amico su questa arrugginita e vecchia Mercedes dagli ammortizzatori defunti. Trenta km di strada mal ridotta per poter iniziare il nostro trekking di quattro giorni. E Cimi sarà la nostra preziosa guida.

Si, questi giorni di viaggio in moto per arrivare a Permet sono stati eloquenti. Nella terra delle aquile tutto appare provvisorio, mal funzionante, precario, instabile. Le strade somigliano spesso ad un percorso ad ostacoli, la segnaletica è carente. I relitti di impianti industriali vecchissimi, patetici e di dittatoriale memoria, inquinano l’aria ed il paesaggio come grottesche scenografie da "day after".

Sarà la storia che ha riservato alla gente albanese secoli di sottomissioni, sarà la geografia di un paese dalla orografia assai complicata, ma l’impressione è che qui ci si debba arrangiare sempre e comunque. Probabilmente è proprio il desiderio di tastare con mano questa arte balcanica nel trovare una via d’uscita dai problemi il vero motore del nostro viaggio.

Siamo arrivati al confine albanese e alla cittadina di Scutari dopo 5 giorni di viaggio (1550 km da casa).

Partiti venerdì 24 aprile con un bel sole e temperatura perfetta. I primi 600 fino a Trieste rigorosamente su autostrada e spezzati con un pernottamento a Verona. Passata Rjieka seguiamo rigorosamente la costa croata. Viaggiamo con i nostri collaudati ritmi da bradipi, con molte pause bar ed un paio di soste su spiaggette per cercare di prendere un poco di sole dopo il lungo inverno piemontese…

La costa croata è splendida, e i circa 600 km che portano al confine con il Montenegro una vera goduria motociclistica. Un prolungato ottovolante dalla perfetta asfaltatura e dai panorami mozzafiato.
Strada, costa e scoscese pareti carsiche sono gli elementi predominanti. Ci gustiamo il tutto con la dovuta calma, mentre spostiamo sempre più a sud il baricentro del nostro viaggio. Ancora una notte croata trascorsa nel bel borgo marinaro di Primosten, allungato su un panoramico promontorio.

Il lunedì sera entriamo in Montenegro, con pernottamento appena al di là del confine, a Herceg Novi. Ottima sistemazione in bed and brekfast, con ottimo "bed" e pantagruelica "breakfast"!

Martedì 28 dovrebbe essere la tappa spettacolare per gustare i fiordi montenegrini ma il meteo non è d’accordo. Temporali violenti, tuoni, saette e grandine… Peccato, ci aspettavamo molto da questa giornata, riusciamo a proseguire con molta prudenza e poche soste foto. All’ora di pranzo siamo a Bar, dove lasciamo sfogare l’ennesimo acquazzone.

Proseguiamo fino ad Ulcinj ultimo centro montenegrino prima del tanto sospirato confine albanese. Erano anni che aspettavo questo momento, ora ci siamo! Come sempre le emozioni devono lasciare tempo alle cose materiali. Controllo dei documenti e assicurazione temporanea impegnano la mente. Scutari è vicinissima, una manciata di chilometri dal confine. Vaghiamo un poco in cerca di una sistemazione prima di imbatterci casualmente in un simpatico ostello meta di globetrotter. Alma, la proprietaria, è una scutarina dal sorriso triste. Ci racconta della sua vita divisa tra Albania e Italia. Moglie di Giorgio, professore del politecnico di Torino, nonché trekker, cicloturista ed esponente notav. Alma porta avanti ormai da sola l’ostello, da quando, l’estate scorsa, Giorgio è rimasto a riposare per sempre su quelle montagne albanesi che tanto amava. "Mi casa es tu casa" è il loro motto, ma scopriremo nei giorni a venire che può tranquillamente essere esteso a tutti i luoghi albanesi che andremo ad attraversare.

È tardi e ci concediamo una breve passeggiata per il minuscolo centro, rinunciando a salire la collina su cui sorge il castello. Lo vedremo dal basso il mattino seguente mentre contorniamo per un breve tratto il famoso lago. Si tratta del più grande specchio lacustre dei Balcani, e come tale è assai ricco di specie faunistiche.

Mercoledì 29 lasciamo Scutari dirigendoci verso sud lungo una bella e scorrevole strada "statale" tra distese di campi coltivati. Segue un tratto di autostrada che autostrada non è, con le troppe immissioni direttamente nei vialetti delle abitazioni limitrofe e la corsia di emergenza immancabilmente occupata da carri trainati da asini o donne con qualche mucca da portare al pascolo…..insomma canoni di sicurezza al limite del grottesco.

A venti km da Tirana, in piena e caotica periferia, questa nuova arteria comunque veloce termina direttamente su una strada stretta e piena di buche. Impareremo che questi cambi improvvisi sono normali. La costruzione di nuove strade moderne ed efficienti è in tutto il paese ad uno stadio embrionale. Nuovi tronconi si alternano ai vecchi che spesso sono in condizioni precarie ed invitano ad una guida oltremodo attenta.

Non entriamo nel centro di Tirana (ma ci passeremo a fine viaggio). Prendiamo per Elbasan e la sua orribile periferia industriale. Qui infatti sorge il "kombinat", ovvero uno stabilimento industriale metallurgico di derivazione cinese e grande vanto del dittatore Hoxha. Oggi parzialmente dismesso, appare davvero come una sorta di mostro che oscura e infesta ogni cosa.

Fa caldo e ci fermiamo presso un minuscolo chiosco per acquistare due Coca cola da una simpatica vecchietta. Ne approfittiamo per chiedere informazioni sulla strada da prendere per Berat. Mancano circa 60 km alla nostra meta e riceviamo pareri discordanti sulla esatta direzione. Succederà altre volte, come se oltre una certa distanza dal proprio centro molti albanesi non conoscano bene le proprie regioni.

In ogni caso questi momenti di sosta a bordo strada rappresentano l’occasione per fare due chiacchiere con la gente del posto. Basta fermarsi un attimo nei paesini per essere attorniati da qualcuno che si preoccupa per noi. Sempre in maniera educata e simpatica. Quasi tutti conoscono l’italiano, due battute sulle squadre di calcio, una stretta di mano, un sorriso. Sarà una costante, così come un cenno di saluto non mancherà mai passando davanti ai sempre affollati bar di paese. Un bel modo per sentirsi accettati, una dimostrazione semplice ma rassicurante di ospitalità genuina.

Da Cerrik seguiamo strade secondarie dal fondo spesso precario che attraversano una piacevole zona collinare, ricca di coltivazioni e di alcune zone umide con grandi stagni. A metà pomeriggio indossiamo ancora una volta le antipioggia causa l’ennesimo acquazzone.

A Berat troviamo una camera nel quartiere di Mangalem presso una intraprendente signora, con vista sulla moschea e l’antistante Gorica. Definita la città dalle 1000 finestre, Berat è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Oltre alla particolare architettura spicca l’elevato numero degli edifici di culto. Le due moschee nei quartieri storici e le ben 42 chiese, alcune risalenti al VI secolo e site per la maggior parte nella soprastante area del Castello.

Giovedì 30 aprile lasciamo Berat alle 10,00 dopo aver fatto una piacevole passeggiata al Castello. Ripercorriamo a ritroso una dozzina di km per poi prendere per Fier. Qui mi aspetto un tratto di strada sconnesso, ed in effetti qualche chilometro di asfalto grattugiato non manca. Invece da poco prima di Fier dovremmo confluire sulla nuova strada per Tepelene e Girocastro. Troviamo le indicazioni che ci interessano e svoltiamo fiduciosi.

Ahinoi siamo in Albania e non sempre bisogna dirsi sicuri di ciò che si sta facendo. La direzione è esatta, ma la strada è quella vecchia che attraversa una zona collinare tutta su e giù. Il fondo è pessimo, spesso l’asfalto manca del tutto. Le buche sono infinite, tendenti a divenire voragini nei tratti più disastrati. Guido con molta prudenza e concentrazione. Un’autentica gimkana che si rivela pure divertente.

Il paesaggio si fa alquanto triste nell’attraversare Bellshi e i suoi impianti estrattivi petrolio. Trivelle a bordo strada, paesaggio grigio e tanfo di idrocarburi. Canoni di sicurezza da medioevo, tant’è che la zona ha un triste primato per le malattie dell’epidermide. Ci becchiamo pure una colonna di autocisterne dagli scarichi puzzolenti in un tratto di strada dove ogni sorpasso è impossibile.

Una quarantina di km e finalmente, poco prima di Tepelene,  sbuchiamo sulla nuova strada che si pensava di prendere un’ora prima. Corsie larghissime, lunghi rettilinei raccordati da veloci curvoni. Molto più rilassante anche se con il senno del poi sarebbe stato un peccato perderci quei quaranta km di Albania interna, assai istruttivi!

Sosta pranzo in un ristorantino di Tepelene gestito da due simpatiche signore per poi abbandonare la nuova strada e svoltare a sinistra per percorrere i 37 ultimi km che ci separano da Permet.

Attraversiamo il ponte sulla Viosa costruito dagli italiani negli anni 30. La strada si fa nuovamente pessima, ma con lo sguardo sono gia’ sui versanti dei monti che ci circondano, dove cammineremo per i prossimi quattro giorni.  Ci becchiamo quello che sarà l’ultimo acquazzone del viaggio poco prima di arrivare a destinazione.

Permet è un paesone di 13.000 anime situato in una grande spianata nella valle della Viosa. Qui si sta cercando di promuovere il turismo legato alle attività Outdoor. Una notevole rete di sentieri, un parco nazionale, le gole del fiume che più in alto si prestano al canyoning, un’associazione che prova a promuovere i piatti tipici. Insomma una meta interessante dove può essere piacevole lasciar ferma la moto per qualche giorno.

Il nostro programma prevede un trek itinerante con percorso ad anello di 4 giorni. Tramite internet sono venuto in contatto con una guida del posto, Cimi. Con lui risaliremo  la valle dello Zagorit. La sua presenza sarà fondamentale. Non esiste segnaletica sul terreno e nemmeno una carta topografica della zona. Mentre i sentieri che attraversano la valle sono tantissimi. Da soli avremmo rischiato di perdere molto tempo nella ricerca del giusto itinerario. La valle è costellata di piccoli villaggi di poche decine di abitanti. Non esistono strade tranne una brutta sterrata che collega la parte alta della valle con Girocastro, a due ore ore di fuoristrada… Pernottamenti nei villaggi ad una giornata di cammino (Limar, Hosteve, Peshtan).

È questo sarà l’aspetto più interessante, ovvero il venire a contatto con un mondo "alpino" che da noi ormai non esiste più. Famiglie tradizionali di quattro generazioni che vivono insieme sotto lo stesso tetto. Autosufficienti o quasi dal punto di vista economico. Come le nostre valli fino agli anni sessanta ma con un salto generazionale: parabola TV sui tetti e internet sul cellulare!

Il quarto giorno saliamo al Dembheli Pass, attraverso il quale passiamo dalla valle dello Zagorit a quella della Viosa. Una lunga e disagevole discesa finale ci deposita sul fondovalle di Permet.

Un’esperienza assai interessante che ci ha permesso di assaporare la grande ospitalità di questa gente e la bellezza intensa dei monti del sud del paese. I volti e i luoghi che abbiamo conosciuto resteranno impressi a lungo nella nostra memoria. Finale con la ciliegina sulla torta: Cimi ci accompagna ad una vasca dove sgorga una sorgente termale naturale.  Bagnetto relax dopo quattro giorni di fatiche e spalle irrigidite dallo zaino pesante!!

Martedì 5 maggio lasciamo Permet con un pizzico di nostalgia per le belle giornate trascorse. Scendiamo verso Tepelene, oltrepassiamo Girocastro per prendere la strada per Sarande. Credevo di trovarla in cattive condizioni invece si rivela una piacevole sorpresa. A metà facciamo una sosta presso la bella sorgente di acqua fredda di Siry i kalter,  ovvero: "Occhio blu"

Nel primo pomeriggio siamo a Sarande che evitiamo come fumo negli occhi. Ne avevo sentito parlare, qui la scellerata corsa alla cementificazione della costa ha prodotto un mostro. Ce ne allontaniamo in fretta per andare a farci un bagnetto su una bella spiaggetta di Ksamil. Verso le 17,00 siamo a Butrinto a visitare le suggestive vestigia romane.

La serata passa in un baretto insieme ad una quarantina di focosi supporters juventini d’Albania. Sul maxi schermo trasmettono la semifinale di Champions Juve – Real Madrid. Quando dico che arrivo dalla provincia di Torino divento l’ospite d’onore della serata!

Mercoledi 6 maggio ci svegliamo con il sorriso. Oggi è la giornata dedicata a risalire la costa Jonica. E sin dal mattino troviamo cielo limpido e sole caldo. Non potevamo sperare in meglio. Ripassiamo da Sarande, che lasciamo alle spalle con un colpo d’acceleratore. E via con le danze! Un su e giù da capogiro, con panorami mozzafiato e guida divertente. Fino a qualche anno fa questa strada era assai disastrata. Ma i recenti lavori l’hanno resa perfetta. Da Ksamil, da dove siamo partiti questa mattina, fino ad Orikum dove termina la costa scoscesa prima della piana di Valona, sono 140 km di puro piacere motociclistico e paesaggistico.

Si attraversano piccoli paesini, noi facciamo sosta/tintarella sulla bella spiaggetta di Himare. Dopo una ottima pita accompagnata da birretta (la locale Korce è ottima) riprendiamo Surus per affrontare il tratto più spettacolare in assoluto.

In pochi chilometri si sale dal mare ai 1.000 metri del passo Llogara. Lunghi e ripidi rettilinei interrotti da secchi tornanti, con la costa che diventa sempre più lontana ed il panorama che si allarga sempre più. Un’autentica meraviglia difficile da raccontare! All’ennesima sosta ci fermiamo ad osservare un gruppo di tedeschi che si lanciano verso il mare con il parapendio. Arrivati al colle, sosta presso un bar dalla strepitosa terrazza panoramica…

Siamo felicissimi per come sta evolvendo la giornata. Questo tratto di costa è splendido, una sorta di regalo che questo paese dai mille contrasti ci offre. È difficile ripartire da un luogo di tale bellezza! La discesa si svolge ripida e con curve strettissime in un profumato bosco di conifere.

Raggiunta Orikum a metà pomeriggio troviamo una sistemazione per la notte prima di andare a riposare sulle nostre stuoie sulla antistante spiaggetta. La magia del tratto di costa spettacolare è terminata. Questo è un’anonimo litorale dall’acqua poco cristallina. Ma siamo stanchi ed un sonnellino pancia al sole ci sta tutto.

Giovedì 7 maggio attraversiamo Valona e con 160 scorrevoli km siamo a Tirana per fine mattinata. Troviamo una camera presso l’Hotel Pik Loti, il cui proprietario si rivela essere persona gentilissima! Pomeriggio a spasso per la capitale. Ci colpisce la vivacità giovane del Blokku, ovvero il quartiere che durante la dittatura era la grigia residenza della nomenclatura di partito. Ora è un susseguirsi di locali assai frequentati, mentre molte facciate dei palazzi sono dipinte in forme multicolori.

La piazza centrale, vicino alla moschea, è nota per la statua dell’eroe nazionale Giorgio Castriota "Skanderbeg", capace di resistere per alcuni anni alla mire espansionistiche ottomane. Dopo cena entriamo nella "piramide". Un cupolone di cemento voluto da Hoxha quale mausoleo di famiglia ed ora spazio espositivo animato da giovani universitari.

Venerdì 8 maggio trascorriamo la mattinata a spasso lungo i bei viali del parco cittadino. Un’area verde attorno ad un lago artificiale a 20 minuiti a piedi dal centro. Un luogo di relax assai frequentato. Da qui il traffico caotico della periferia sembra assai distante. Torniamo al Pik Loti per recuperare moto e bagagli.

I quaranta km che ci separano da Durazzo mettono la parola fine alla nostra piccola esperienza albanese. Saliamo sul traghetto per Ancona e la nostalgia per i bei giorni vissuti è già palpabile. In questo nostro girovagare abbiamo conosciuto posti stupendi fuori dalle comuni rotte turistiche. Sperdute perle di rara bellezza, alternate a grandi brutture, spesso eredità del periodo della dittatura. Ci siamo addentrati dentro alle evidenti contraddizioni, ai contrasti stridenti di un paese che ancora non riesce a trovare la strada verso l’equità sociale. Ma ciò che resta per sempre, al di là e sopra tutto, è la simpatica, generosa e commovente ospitalità della gente albanese.

Faleminderit Albania!

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