Kossovo: morti dove si costruiva la pace
Gli assalitori aspettavano i giovani bagnanti e hanno aperto il fuoco con fucili kalashnikov dalla boscaglia. L’attacco nei pressi del villaggio dove interviene da tempo il Tavolo Trentino con il Kossovo. Il coordinatore: "Un passo indietro di tre anni".
Ieri pomeriggio, mercoledì, alcuni ragazzi di nazionalità serba che facevano il bagno in un fiume nei pressi della enclave di Gorazdevac, Kosovo occidentale, sono stati presi a fucilate da uomini nascosti nella vicina boscaglia. I morti sono Pantelija Dakić, di 11 anni, e Ivan Jovović, di 20 anni. Feriti gravi nel corso dell’attentato Đorđe Ugrenović, Bogdan Bukumirić, Marko Bogićević e Dragana Srbljak. Dragana Srbljak e Đorđe Ugrenović, operati nell’ospedale di Kosovska Mitrovica, sarebbero fuori pericolo. Bogdan Bukumirić è stato trasportato in elicottero in un ospedale militare francese in Kosovo, dove è stato operato. Marko Bogićević, secondo fonti non ufficiali della KFOR e dell’UNIMK sarebbe stato trasportato a Belgrado.
Inizialmente l’UNMIK, Andrea Angeli, ha affermato che sarebbe stata ferita nel corso dell’attacco anche una ragazzina albanese, la cosa viene smentita da parte serba (B92). Il portavoce della polizia internazionale delle Nazioni Unite, Derek Chappell, ha descritto la sparatoria come "l’atto di un folle".
Nebojsa Covic, a capo del centro di coordinamento per il Kosovo ha espresso toni duri, dichiarando la presenza di fascismo in Kossovo, e appellandosi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per una situazione definita "fuori controllo".
La tensione è alta nell’area. I volontari trentini presenti in loco, raggiunti al telefono, questa notte non resteranno a Gorazdevac. Di seguito le interviste raccolte in queste ore e un commento a caldo del responsabile degli interventi nell’area del Tavolo Trentino per il Kosovo, Mauro Barisone.
Alcuni giovani del villaggio serbo di Gorazdevac, vicino a Pec-Peja in Kossovo, sono stati uccisi a colpi di fucile nel pomeriggio di ieri mentre giocavano in riva ad un fiume. Al momento le fonti ufficiali indicano due vittime.
"Questi omicidi sono un ritorno indietro di tre anni", ci dice Mauro Barisone, responsabile a Pec-Peja e Gorazdevac degli interventi del Tavolo Trentino con il Kossovo. "E’ un fatto gravissimo. Mai era capitato un incidente così grave, con due morti e per di più giovani. Non ce lo aspettavamo proprio, anche perché era un periodo buono. I Serbi ricominciavano a uscire liberamente dal loro villaggio. Ho quasi la sensazione che ci sia dietro un disegno: ogni volta che la situazione migliora, accade qualcosa che rialza la tensione e ripropone un clima da stato d’assedio".
Ed in effetti da sempre il conflitto ed il nazionalismo esasperato è un preciso interesse di alcuni gruppi politico-mafiosi. La storia dei Balcani purtroppo è una costante, e come in passato a farne le spese sono gli indifesi. Proprio il Tavolo Trentino con il Kossovo in questi anni ha lavorato parecchio per riaprire il dialogo tra le due parti. In particolare nel mondo giovanile e delle associazioni.
"Uno dei ragazzi uccisi frequentava il nostro centro giovanile. Non so cosa dire, è assurdo", aggiunge Barisone. In questi giorni nel villaggio serbo sono presenti anche sei volontari trentini che sostengono le iniziative estive del centro giovanile. Tra di loro anche Fabrizio Bettini, noto per il suo impegno in varie iniziative di diplomazia popolare non solo nei Balcani.
"Stanotte per sicurezza i volontari è meglio che non dormano a Gorazdevac. La popolazione ci ha sempre accolto bene, ma in un momento di estrema tensione come questo è meglio evitare qualsiasi rischio. E anche nei prossimi giorni chiederemo al villaggio come comportarci: ai funerali ad esempio parteciperemo solo se saremo graditi", conclude Barisone.
Scheda: il villaggio di Gorazdevac
Il villaggio di Gorazdevac è una delle poche enclaves serbe rimaste dopo il ritorno della popolazione albanese all’indomani dei bombardamenti Nato su Serbia e Montenegro nel 1999. Un ritorno che era significato fuga e cacciata per quasi tutti i 200.000 Serbi, rei di aver appoggiato il regime di Milosevic nei dieci terribili anni precedenti. Per quasi tutti, tranne appunto poche migliaia di persone rimaste a vivere nelle enclaves sotto stretto controllo – alcuni dicevano anche troppo stretto – delle forze militari internazionali che controllano la provincia. Da allora un lento, lentissimo, paziente lavoro di ricucitura nei rapporti tra persone e tra comunità. Da un anno a questa parte sono iniziati anche i primi rientri dei profughi. Ma la situazione complessiva è del tutto incerta, e manca una prospettiva che vada oltre l’amministrazione transitoria dell’ONU che regge dal 1999 la provincia: indipendenza del Kossovo, riunificazione con la Serbia, federazione con Serbia e Montenegro, grande Albania… Il futuro della provincia è tuttora oscuro, e la questione dei profughi non può che restare ugualmente indeterminata.
Scheda: il Tavolo Trentino con il Kossovo
Sostegno ai gruppi giovanili misti, con laboratori fotografici e teatrali. Promozione di un’associazione di alpinisti. Progetti con i disabili e per lo sviluppo dell’agricoltura. L’acquedotto in un piccolo villaggio, e l’ospitalità per due studentesse universitarie a Trento. Sono molti e diversi i progetti in cui è impegnato il Tavolo, originale forma di collaborazione fra la Provincia di Trento e una decina di associazioni di volontariato riuniti sotto un’unica sigla. Il Tavolo si è costituito all’indomani dell’operazione di protezione civile a Kukes, nel nord dell’Albania, dell’aprile-maggio 1999. Ha lavorato accompagnando i profughi albanesi nel loro rientro, impegnandosi da subito nell’area di Pec-Peja ed in particolare nell’enclave di Gorazdevac e nei villaggi albanesi confinanti. La scelta di riunire le diverse associazioni in un’unica sigla è stata fatta per rendere il loro intervento più coordinato ed efficace, ma anche per orientarlo sui bisogni veri. Come quello di pace e di ricostruzione del dialogo, che da sempre è centrale per il Tavolo perché ricostruire le case non è sufficiente se non si creano le condizioni per farle abitare dai profughi. Un impegno che i volontari trentini intendono continuare, anche se oggi è la morte ad aver vinto.
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