Kosovo: pubblica amministrazione sotto scacco
Vuoti legislativi e clientelismo affossano il settore della pubblica amministrazione in Kosovo, compromettendone il funzionamento e lo sviluppo
Lo sforzo di creare un’amministrazione pubblica professionale ed efficiente fu sin dall’inizio parte integrante del processo di state-building del Kosovo, cominciato nel 1999, quando, a conclusione della guerra, l’amministrazione del paese venne affidata alla missione internazionale Onu denominata Unmik. La prima legislazione in materia fu adottata nel 2001 e sanciva una serie di principi quali equità, neutralità politica, integrità, trasparenza e merito. Nonostante ciò, nel 2013, patronato politico e nepotismo erano diventati fenomeni così diffusi nell’amministrazione kosovara da far guadagnare al Kosovo la qualifica di “captured-state” e di paese nel quale vige la spartizione delle risorse pubbliche da parte della classe dirigente.
Due sono le ragioni che possono essere identificate come cause della pesante politicizzazione dell’amministrazione pubblica in Kosovo: la generale mancanza di coordinamento tra istituzioni e soggetti politici nella creazione di nuove misure legali e nell’adozione di politiche adeguate, e la natura stessa dei partiti politici kosovari che possono essere definiti come reti clientelari e di patronato.
Il dopo-indipendenza
Tralasciando le riforme adottate durante il periodo di governo dell’amministrazione internazionale e guardando, invece, solo al periodo post-indipendenza, risulta evidente come la dichiarazione di indipendenza del 2008 abbia rafforzato sia l’autorità dei soggetti locali che la loro determinazione nel prendersi carico della sovranità statale. E’ stato inoltre un momento proficuo per affrontare nuovamente la riforma della pubblica amministrazione. Tuttavia, nonostante la nuova indipendenza abbia trasferito maggiori poteri alle realtà politiche locali, la continua dipendenza internazionale e la mancanza di coordinamento accennata in precedenza, hanno avuto un forte impatto sulle soluzioni legali adottate in merito alla pubblica amministrazione.
La difficoltà del mettere in piedi nuove istituzioni, ridistribuire competenze ed assumere la guida dell’intero processo – e il continuo coinvolgimento internazionale – ha creato dei vuoti di coordinamento tra i vari donatori e le autorità di governo. Per fare un esempio, la bozza di legge sulla Pubblica amministrazione del 2010 conteneva più di 200 emendamenti, ovvero due emendamenti per articolo, depositati da differenti portatori di interesse e questo ha inciso fortemente sulla coerenza del testo di legge poi approvato. Secondo un’analisi realizzata da SIGMA nel 2011, la legge sul Consiglio Indipendente di Supervisione (IOB)– organismo istituito al fine di esaminare e decidere su appelli presentati contro le decisioni delle autorità – legge caldeggiata da alcuni donatori, altro non è divenuta che la copia della precedente legislazione, che però era mutuata da un sistema legale diverso da quello kosovaro ed era ampiamente inadeguata. Inoltre nonostante la raccomandazione inserita in una relazione dell’UNDP del 2005 di non porre lo IOB sotto la competenza del Parlamento, in modo da scongiurare qualsiasi possibilità di politicizzazione, la legge del 2010 ha previsto proprio il contrario.
Il sistema attuale poi presenta molti altri casi di sovrapposizione di competenze tra differenti organismi e falle legislative da cui derivano pratiche contraddittorie.
Inoltre, i ritardi nell’adozione dei decreti attuativi hanno portato a una situazione in cui quattro anni dopo la dichiarazione d’indipendenza, il Kosovo era l’unico paese dei Balcani Occidentali a non avere una legislazione completa sulla pubblica amministrazione, tanto da dover ripiegare sulla precedente legislazione adottata sotto l’amministrazione UNMIK. La relazione di SIGMA ha inoltre sottolineato che, comparato ad altri paesi della regione, “il sistema di reclutamento del personale in Kosovo è quello con minori capacità di far rispettare il principio del merito”.
Il conflitto e l’amministrazione pubblica
La mancanza di coordinamento delle iniziative internazionali, i molti vuoti legislativi e l’incapacità delle autorità locali a far fronte ai diversi compiti di governance, da sole, difficilmente riescono a spiegare la profonda politicizzazione dell’amministrazione, trasformata in uno strumento di controllo di rendite e saccheggio delle risorse statali.
Va tenuto in considerazione infatti che lo scenario politico del Kosovo è diviso da animosità interne tra i principali partiti politici – Lega Democratica del Kosovo (LDK), il Partito Democratico del Kosovo (PDK) e l’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AFK) – ricollegabili alla guerra del 1998-1999. Mentre gli ultimi due nascono all’interno dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck), l’LDK ha rappresentato lo spirito del movimento di resistenza pacifica degli anni ’90. Dopo il 1999 alcuni segmenti dell’Uck si sono riorganizzati in forma partitica e sono entrati in parlamento e/o nel sistema di governo, portando con sé – nella politica kosovara – anche le proprie reti clientelari e segmenti irrequieti usciti dalla guerra.
Dato il mancato sviluppo da parte dei partiti politici kosovari di chiare linee ideologiche e di programmi politici, il principale motivo di partecipazione attiva ai partiti altro che non dipendeva dalla spartizione del potere. Un esempio lampante è stata l’immediata scalata all’amministrazione pubblica da parte di particolari interessi politici, non appena i leader locali sono riusciti a raccogliere sufficiente autorità per cambiare le regole del gioco. Nel 2008, l’International Crisis Group metteva il luce che “i progressi registrati negli ultimi tre anni sono stati annullati. I membri del PDK stanno rimpiazzando funzionari amministrativi e tutte le persone nominate alla guida delle imprese pubbliche e istituzioni nominate dal precedente governo".
Di certo, le discrepanze, che caratterizzano le nuove regolamentazioni in materia di amministrazione pubblica, hanno creato un terreno fertile per la “privatizzazione” dello stato e per la suddivisione delle risorse pubbliche tra i propri seguaci.
Uno studio condotto dal Kosovo Centre for Investigative Journalism riporta dati allarmanti riguardanti la commistione tra pubblica amministrazione e politica: mentre nel 2007 solo 5 alti funzionari pubblici appartenevano a un partito politico, nel 2008, erano già aumentati a 35, continuando a crescere sempre di più negli anni successivi.
Fonte: Employment party – Physiognomy of Political Patronage in Kosovo, Preportr
Infine, uno studio del 2013 sulla percezione del sistema di patronato in Kosovo ha mostrato come una larga parte degli intervistati ritenga che il sistema delle nomine legato al criterio dell’appartenenza politica sia diffuso in tutte le istituzioni dello stato. Non sorprende quindi che uno scandalo come il "Pronto 2" emerso nel luglio dell’anno scorso – partito dalla diffusione all’opinione pubblica di registrazioni telefoniche tra alte cariche del PDK, raccolte da EULEX – non abbia provocato rilevanti reazioni da parte dei cittadini. Nonostante ciò, la profonda politicizzazione dell’amministrazione pubblica è una reale minaccia al funzionamento e alla stabilità di uno stato giovane come quello del Kosovo.
* Katarina Tadić è ricercatrice presso l’European Policy Center ed è autrice della ricerca “Building knowledge of new statehood in Southeast Europe: Understanding Kosovo’s domestic and international policy considerations" sostenuta dalla Kosovo Open Society Foundation
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