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Kosovo: è stallo

Dopo cinque mesi di stallo, il Kosovo è ancora senza governo, ostaggio dello scontro frontale tra il Partito democratico e l’opposizione riunita in una nuova coalizione. Una situazione gravida di rischi, anche per l’economia

21/10/2014, Violeta Hyseni Kelmendi - Pristina

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Ormai cinque mesi sono trascorsi in Kosovo dalle politiche dello scorso giugno e i contendenti non sono ancora riusciti ad accordarsi per una maggioranza di governo.

Quattro partiti – che prima di giugno erano all’opposizione – si sono riuniti nella coalizione denominata "LVAN" ponendo così una sfida aperta agli sforzi del primo ministro uscente e leader del Pdk, Hashim Thaçi, di assicurarsi un secondo mandato.

La Lega democratica del Kosovo (Ldk), il movimento Vetëvendosje, l’Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) e la recentemente fondata Iniziativa per il Kosovo (Nisma) hanno indicato Ramush Haradinaj dell’Aak come il loro candidato al ruolo di primo ministro.

La coalizione LVAN accusa Thaçi di malgoverno e corruzione e per questo rifiuta qualsiasi accordo con il suo partito, il Pdk. Dal Pdk però si ribatte che sono loro i vincitori delle elezioni e quindi spetta a loro guidare il nuovo esecutivo. Il Pdk è in effetti il partito con più rappresentanti in parlamento, ma sino ad ora non è riuscito ad avere voti a sufficienza neppure per eleggere il presidente del parlamento.

Lo zampino della Corte costituzionale

Secondo l’analista politico Krenar Gashi la situazione si sarebbe complicata ulteriormente dopo la pronuncia della Corte costituzionale secondo la quale spetta al partito con la maggioranza relativa di nominare il presidente del parlamento, anche se questo non ha i voti sufficienti per eleggere il proprio candidato. A suo avviso la Corte costituzionale non ha soppesato sufficentemente le conseguenze politiche che avrebbe avuto la sua pronuncia.

“Sfortunatamente siamo al punto in cui l’unica soluzione per uscire dallo stallo non può che arrivare dai negoziati politici. Quindi, è solo attraverso un accordo politico – che deve ovviamente rispettare la pronuncia della Corte – che possiamo uscire da questa situazione”, afferma Gashi.

La nomina del presidente del parlamento dovrebbe poi aprire la strada alla nascita di un nuovo governo. Il presidente del Kosovo Atifete Jahjaga ha intensificato gli sforzi per arrivare alla fine dello stallo. Ha avviato un giro di consultazioni con tutte le forze politiche spingendo i leader politici a superare la situazione attuale ed evitare un crisi politica, finanziaria e di budget. Il presidente ha anche avvertito che la situazione sta danneggiando severamente l’immagine internazionale del paese.

Compromesso

“La coalizione Lvan e il Partito democratico debbono capire che non è ormai più possibile ottenere quanto avevano preventivato inizialmente: quello che possono fare ora è tentare di raggiungere una porzione dei loro interessi politici”, sottolinea Fisnik Korenica, del centro di ricerca GLPS (Group for Legal and Political Studies).

“Permane ancora la possibilità della divisione orizzontale del potere tra i due gruppi di partiti: agli uni potrebbe andare la presidenza del parlamento, agli altri il governo. Quest’opzione sarebbe paradossale. Nelle democrazie parlamentari, solitamente, la presidenza del parlamento è dello stesso colore della maggiranza governativa. Il Kosovo potrebbe rappresentare un’eccezione”, ha aggiunto Korenica.

Di solito, in passato, a sbrogliare le situazioni difficili in Kosovo interveniva la comunità internazionale. Non sembra però essere questo il caso. Samuel Žbogar, a capo dell’ufficio dell’Unione europea in Kosovo, ha dichiarato che la comunità internazionale non interferirà nella politica interna del Kosovo. Dal canto suo Christopher Murphy, senatore Usa, durante una sua visita a Pristina, la scorsa settimana, ha espresso la speranza che “i partiti politici siano in grado di mettere da parte la loro attitudine politica individuale per creare una coalizione che implichi sacrificio personale per il bene del paese”.

Economia in crisi

Il vuoto politico attuale implica un continuo deterioramento della situazione economica. In questi giorni sono sempre più numerosi gli esperti che lo sottolineano. “Senza un nuovo governo non si possono gestire le aziende pubbliche come le Poste e telecomunicazioni, l’Azienda elettrica, gestire la privatizzazione del complesso turistico di Brezovica. Numerose agenzie pubbliche sono bloccate dalla mancanza di membri dei loro consigli di amministrazione. Lo stallo sta influendo anche sui capitali investiti nel paese. Comparando la situazione con quella dell’anno scorso gli investimeti di capitali sono inferiori dell’11%” sottolinea Agron Demi, direttore dell’Istituto GAP per gli studi avanzati, con sede a Pristina.

Lo stallo preoccupa anche gli 80.000 dipendenti pubblici del paese che temono il parlamento non sia in grado di discutere e approvare il budget 2015 e di conseguenza che lo stato non sia riesca il prossimo anno a pagare regolarmente dipendenti, beni e servizi. Agron Demi però esclude che si possa arrivare a questa situazione. A suo avviso i partiti del Kosovo la eviteranno.

“Il problema delle istituzioni statali è che operano sulla base di situazioni contingenti e spesso infrangendo le norme. E’ quindi probabile che una soluzione venga trovata per evitare la ‘chiusura dello stato’, ma per avere una buona pianificazione di budget avremmo dovuto avere già ora una bozza a disposizione, in modo da poter avere due mesi di dibattito in parlamento prima della sua approvazione definitiva”, afferma Demi. E’ però evidente che questo non è più possibile e quindi Demi suppone che il budget 2015 venga approvato in tutta fretta tra gennaio e marzo, senza alcun dibattito in aula.

Mentre i cittadini del Kosovo sono sempre più preoccupati delle conseguenze dello stallo politico sembra che Hashim Thaçi, pur di non rinunciare al governo, stia spingendo per l’idea di andare a nuove elezioni politiche.

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