Kosovo: A B C … buio
Il Kosovo in questi giorni si è fermato per la scomparsa di Rugova ed il dibattito politico è centrato sulla sua successione. Ma intanto i problemi della vita quotidiana rimangono pressanti. Questa volta la mancanza di corrente elettrica è legata a tre lettere: A, B e C
Una settimana fa il Kosovo è stata vittima di un’ondata di gelo, con temperature che sono arrivate, durante la notte, sino ai -17. Ora i suoi cittadini sono chiamati ad un’altra prova di resistenza contro il freddo: la KEK, Compagnia elettrica kosovara, ha infatti annunciato un nuovo piano di distribuzione dell’energia che lascerà i kosovari senza elettricità per molte ore al giorno.
Anche se fin dal 1999 l’amministrazione internazionale UNMIK ha tentato attraverso la KEK di garantire la fornitura d’elettricità 24 ore su 24 il modo in cui i cittadini del Kosovo si sono comportati nei confronti di questo servizio e molti altri fattori – non da ultima la gravissima crisi economica – hanno portato alla situazione di questi giorni: il buio.
Negli ultimi giorni si sono svolte molte proteste nei confronti della KEK e della reintroduzione del cosiddetto piano ABC per la distribuzione di energia elettrica: quest’ultimo prevede 4 ore di fornitura e 2 senza per la categoria A, 3 ore di fornitura e 3 senza per la categoria B e 2 ore di fornitura e 4 senza per la categoria C.
Ma chi sono in Kosovo i cittadini A, quelli B e quelli C?
La suddivisione è fatta soprattutto considerando chi in passato ha pagato o meno le bollette. Criteri etnici? Non direttamente anche se è vero che la minoranze, in particolare quelle che vivono in enclave, e quindi i serbi, sono quelle che presentano più inadempienze: perché non possono muoversi liberamente e quindi recarsi agli uffici preposti ai pagamenti, perché le enclaves vivono gli aspetti più duri della crisi economica che attanaglia il Kosovo ed infine perchè proprio i serbi sono quelli più restii a riconoscere le istituzioni kosovare. Dalla KEK si ribatte che se le bollette non vengono pagate l’unico risultato possibile è … il buio.
Attualmente la produzione dei due impianti termoelettrici kosovari è di 550 MW mensili a fronte dei 1000 necessari nel periodo invernale.
Se a tutto questo si aggiunge che nei giorni scorsi due strutture di trasmissione a Likosane hanno ceduto si capisce come mai i cittadini del Kosovo siano in fibrillazione e chiedano che immediatamente venga affrontata dalle autorità una situazione ritenuta da molti molto grave.
Il Primo ministro del Kosovo, Bajram Kosumi si è incontrato recentemente con la direzione della KEK per discutere di possibili situazioni. Ed il management della KEK, il governo del Kosovo e l’amministrazione internazionale UNMIK hanno affermato che il piano cosiddetto "ABC" è discriminatorio e va superato.
Quest’ultimo è uno dei tanti esami che il governo del Kosovo si trova ad affrontare in questo periodo. In gioco non vi è solo la sua capacità di imporre lo stato di diritto (il pagamento delle bollette) ma anche la sua abilità nel trovare una soluzione ad una situazione di profonda emergenza. Che rischia di degenerare.
Esasperati per i continui tagli molti cittadini della città di Dakovica o di Podujevo hanno fatto irruzione negli uffici locali della KEK ed hanno rotto per protesta molti vetri dei lampioni. A Lipjan la situazione è divenuta intollerabile con tagli superiori alle 30 ore di seguito. Anche a Suva Reka e Strpce la situazione non era molto meglio e i cittadini di Kacanik sono arrivati a definire la KEK, durante le lroo proteste, "la grande mafia".
Dopo aver visto sui media kosovari come si protestava contro la KEK in altre parti del Kosovo i cittadini di Klina hanno deciso di bloccare la strada che collega Pristina a Pec.
Le tensioni poi sono ulteriormente salite quando si è sparsa la voce che la KEK riforniva la capitale Pristina di energia 24 ore su 24 mentre lasciava al buio il resto della Provincia.
Questa situazione non è comunque una novità per tutti i kosovari e soprattutto per la comunità serba: lo scorso inverno alcune città e villaggi dove vivono dei serbi sono rimaste senza elettricità per un totale complessivo di 50 giorni.
In questa situazione drammatica ciascuno cerca di giustificarsi come può. I serbi affermano che non hanno libertà di movimento e non possono pagare quindi le bollette e si chiedono poi perché dovrebbero pagare se poi vengono riforniti poche ore al giorno. La KEK risponde che se nessuno paga le bollette loro non possono fornire l’elettricità. Nella situazione cerca d’insinuarsi anche il governo serbo: il ministro per l’Energia Radomir Naumov si è detto pronto a rifornire le enclaves serbe con 50 milioni di KW al mese offrendo la fornitura d’energia anche agli uffici dell’amministrazione internazionale UNMIK. Ma la sua offerta è stata declinata dalle istituzioni kosovare e dall’amministrazione internazionale. Belgrado fin dall’anno scorso si è anche offerta di ripagare tutti i debiti che i cittadini serbi del Kosovo hanno accumulato in questi anni nei confronti della KEK ma anche quest’offerta non è stata accettata.
Senza elettricità e, da qualche settimana, senza la copertura della rete dei cellulari Mobtel Serbia – interrotta a causa dello scandalo che sta riguardando il magnate serbo Bogoljub Karic – i serbi del Kosovo si sentono sempre più sotto pressione. Ma in questi giorni la situazione non è molto più facile anche per tutti gli altri cittadini del Kosovo.
E se alcuni analisti affermano che la questione dell’energia non può essere affrontata ora perché "il Kosovo ha cose ben più importanti da fare" altri invece si chiedono dove si possa arrivare con un governo del Kosovo ed una dirigenza della KEK incapaci nel garantire a tutti energia elettrica e nel far pagare le bollette. Non ci riescono ora, assistiti dalla comunità internazionale, come riusciranno a farcela in futuro quando tutti gli aiuti non vi saranno più?
Occorrerebbe pensarci un po’, a questa questione, magari sedendo in una stanza fredda e senza acqua corrente, perché le tubature sono scoppiate per il gelo.
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