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Kosovo, di nuovo elezioni anticipate

La scomoda alleanza di governo tra PDK e LDK è durata poco più di due anni: mercoledì la decisione, mediante una mozione di sfiducia, di staccare la spina. Il Kosovo si prepara quindi a nuove elezioni anticipate, già  fissate per l’11 giugno

12/05/2017, Francesco Martino -

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Sono state fissate al prossimo 11 giugno le nuove, ennesime elezioni anticipate in Kosovo. La decisione, presa ieri dal presidente Hashim Thaçi dopo le consultazioni di rito con i leader politici, segue la mozione di sfiducia di mercoledì scorso, passata con 78 voti su 120 nel parlamento di Pristina. Un risultato nato dell’iniziativa politica dell’opposizione, ma reso possibile della volontà del Partito democratico del Kosovo (PDK) di silurare la “strana alleanza di governo” con gli avversari storici della Lega democratica del Kosovo (LDK), sorta a fine 2014 dopo mesi di stallo politico e grazie alle forti pressioni della comunità internazionale.

Il matrimonio di interessi tra il PDK, guidato da Kadri Veseli dopo l’elezione del leader storico Thaçi a presidente del Kosovo, e l’LDK del premier Isa Mustafa, non si è mai trasformato in una storia d’amore, e ha conosciuto momenti estremamente turbolenti, che hanno accompagnato le decisioni più importanti prese dall’esecutivo: il “sì” alla Corte Speciale sui crimini dell’UÇK, la creazione formale dell’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo (prevista dagli accordi di Bruxelles e mai concretizzata) e la lunga odissea sulla definitiva demarcazione del confine col Montenegro – pretesa dall’Unione europea per sbloccare la liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari – e nuovamente rimandata a data da destinarsi con la caduta del governo.

Tutte iniziative fortemente volute dai protettori esterni del Kosovo – Unione europea e Stati Uniti – ma che hanno scatenato il muro contro muro dell’opposizione politica, formata dal movimento Vetëvendosje, dall’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) di Ramush Haradinaj e dall’Iniziativa per il Kosovo (NISMA), costola ribelle del PDK, che hanno a lungo bloccato i lavori del parlamento ricorrendo non solo all’ostruzionismo, ma anche al lancio di uova e fumogeni all’interno dell’aula.

Staccare la spina

Per quanto scomoda, l’alleanza tra PDK e LDK ha resistito per più di due anni. Ora però la leadership del PDK ha deciso di staccare la spina e chiamare gli elettori alle urne.

“Questo governo, segnato da forti contrasti interni tra alleati innaturali, ha prodotto pochi risultati concreti. L’economia del Kosovo è rimasta al palo, e i problemi principali del paese restano gli stessi: altissima disoccupazione, bassa crescita, privatizzazioni inconcludenti, soldi pubblici spesi quasi solo per costruire autostrade. Anche sulle difficili scelte internazionali, dal dialogo con la Serbia al confine col Montenegro, l’esecutivo non è riuscito a spiegarsi e a convincere i cittadini”, spiega ad OBCT Andrea Capussela, già a capo dell’unità economica dell’International Civilian Office (ICO) in Kosovo e autore del libro “State Building in Kosovo”.

“Con le nuove elezioni il PDK ha voluto limitare i danni e rilanciare il proprio potenziale politico anche in vista dei primi rinvii a giudizio della Corte speciale sull’UÇK, che potrebbero provocare grave imbarazzo al partito”, prosegue Capussela. “In un contesto internazionale complesso, in cui anche l’alleato americano è diventato meno prevedibile con l’amministrazione Trump, per il PDK è fondamentale serrare le fila e garantirsi posizioni negoziali forti nel caso di atti d’accusa nei confronti della propria leadership”.

Anche per l’analista indipendente Shkëlzen Gashi è il fantasma della Corte l’elemento fondamentale nella caduta del governo. “Sono convinto che l’obiettivo delle elezioni anticipate sia la creazione di un ‘governo dell’UÇK’, operazione sostenuta anche dalla comunità internazionale. Un tale esecutivo, in cui potrebbero entrare PDK, AAK e NISMA – i cui leader sono stati a capo della guerriglia armata – viene visto come l’unico in grado di garantire la stabilità dopo l’annuncio dei nomi degli indagati per crimini di guerra”. Per questo, sempre secondo Gashi, “LDK e Vetëvendosje sono destinati a restare all’opposizione”.

Quale campagna elettorale?

Anche stavolta, secondo Gashi “a dominare la campagna elettorale saranno temi e toni nazionalistici, più che quelli legati ad economia e società. Si parlerà di demarcazione del confine col Montenegro, dei negoziati con la Serbia, ma anche dell’idea di una possibile unificazione con l’Albania”. Un tema, quello della “Grande Albania” sollevato ripetutamente – e non a caso – nelle scorse settimane sia da Thaçi che dal premier albanese Edi Rama (anche lui impegnato nella campagna elettorale per le politiche del 18 giugno) e sempre in grado di accendere il dibattito e polarizzare l’elettorato.

“Sarei molto stupito se la campagna che si sta aprendo dovesse partorire un dibattito reale su temi concreti. Mancano le idee e nessuno ha successi o proposte da rivendicare, e si rischia nuovamente lo scontro tra interessi clientelari mascherato dalla retorica nazionalista”, ribadisce Capussela. “Purtroppo questo è il prezzo che il Kosovo paga per avere una pessima classe dirigente. Un ulteriore elemento di difficoltà viene poi oggettivamente dall’indebolimento sempre più visibile della prospettiva europea”.

Con una nuova alleanza PDK-LDK estremamente improbabile, almeno sulla carta, resta da vedere se e come l’attuale opposizione riuscirà a proporre una alternativa seria al sistema di potere che ruota intorno a Thaçi e al PDK. Nelle scorse settimane è circolata più volte l’idea di coagulare un progetto politico intorno al leader dell’AAK Ramush Haradinaj, tornato ancora una volta “da eroe” dopo essere stato a lungo trattenuto in Francia, a causa delle accuse di crimini di guerra rivoltegli dalla Serbia. Per Capussela “è possibile una convergenza tra AAK, NISMA e Vetëvendosje, che potrebbe puntare al 35-40% dei voti”. Resta però da vedere quale sarà l’atteggiamento dell’LDK, che si porrebbe, ancora una volta, come ago della bilancia.

Tutti i dubbi dei serbi del Kosovo

Anche la Srpksa Lista, il partito nato su iniziativa di Belgrado per massimizzare l’influenza della comunità serba nelle istituzioni kosovare, ha votato mercoledì contro il governo di cui ha fatto ufficialmente parte, citando “il mancato rispetto degli accordi di coalizione”.

Le nuove elezioni lasciano aperti molti dubbi tra i serbi del Kosovo, che hanno in gran parte vissuto gli anni della coalizione PDK-LDK come tempo perduto. Per il presidente dei giornalisti serbi del Kosovo Budimir Ničić, intervistato dal portale Kossev, la presenza della Srpksa Lista al governo non ha portato a nessuna ricaduta positiva. “Anche gli stessi membri del governo eletti nella ‘Lista’ hanno ammesso più volte di non essere riusciti a fare assolutamente nulla di utile in questi due anni e mezzo”, ha dichiarato Ničić.

Secondo Ničić il fallimento è dovuto “all’inesperienza di chi è stato chiamato a rappresentare i serbi del Kosovo a Pristina”, ma anche di chi a Belgrado ha guidato questa iniziativa politica. “Spero che impareremo qualcosa da quanto successo: è arrivato il tempo di coinvolgere le forze migliori che abbiamo in Kosovo, in grado di non essere meri esecutori né della volontà di Belgrado, né di quella di Pristina”.

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