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Kosovo-Serbia: perché siamo contrari alla ridefinizione dei confini

L’idea che una ridefinizione dei confini possa assicurare una pace duratura tra il Kosovo e la Serbia è un’illusione pericolosa. Mentre un’agenzia francese di comunicazione viene pagata per fare lobbying in favore di questo scenario, Le Courrier des Balkans riafferma il suo impegno in favore di società aperte e contro le divisioni etniche

17/06/2020, Courrier des Balkans -

Kosovo-Serbia-perche-siamo-contrari-alla-ridefinizione-dei-confini

(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans l’11 giugno 2020)

Lo scandalo continua a riecheggiare. Il ministero per l’Integrazione Europea del Kosovo, al tempo controllato dal PDK, nel 2018 ha versato 168.000 euro all’agenzia di comunicazione francese Majorelle affinché questa promuovesse l’idea di uno scambio di territori come soluzione al conflitto tra il Kosovo e la Serbia. La soluzione, sostenuta dal Presidente Thaçi, è tuttavia respinta da gran parte dell’opinione pubblica e della classe politica kosovara. L’erogazione della somma, la cui origine rimane incerta, è avvenuta al di fuori della legge.

L’agenzia Majorelle, molto nota a Parigi, ha redatto una relazione di cinque pagine, oltre ad aver esercitato influenza nei confronti di diversi giornalisti francesi. A tal fine, ha potuto contare sull’appoggio dell’Ambasciatore del Kosovo a Parigi, Qëndrim Gashi, il quale ha cercato di contattare alcuni giornalisti di Le Monde, secondo le testimonianze raccolte da Pristina Insight . Le smentite dell’Ambasciatore Gashi, che afferma di non aver mai sostenuto l’opzione di uno scambio di territori, appaiono poco compatibili con i fatti già noti. 

Le Courrier des Balkans non è mai stato contattato dall’agenzia Majorelle, sicuramente perché la nostra posizione è sempre stata chiara e nota a tutti: consideriamo l’opzione di una “ridefinizione dei confini” e di scambio di territori come la più pericolosa e funesta delle illusioni.

L’idea di modificare la carta geografica dei Balcani è come un serpente che striscia da più di un secolo nelle cancellerie. L’intenzione sarebbe quella di assicurare una pace durevole attraverso delle frontiere “giuste”, se non fosse che nel mondo non esistono frontiere “giuste” e che la loro ricerca sia imparentata a quella dell’unicorno. Un gioco inutile, che ha portato solo allo scorrimento del sangue. 

Questa strategia da aspiranti diplomatici è bruscamente tornata in primo piano nell’estate del 2018 quando Aleksandar Vučić e Hashim Thaçi l’hanno tirata fuori dal cilindro. L’idea è stata sicuramente insinuata da alcuni consiglieri che obbedivano a degli interessi ancora sconosciuti, ma certamente diversi da quelli del Kosovo e della Serbia. Nel momento in cui l’Unione Europea tentava, dopo anni, di far progredire il dialogo tra Belgrado e Pristina, lento ma non improduttivo, c’era bisogno di trovare bruscamente e al più presto un “accordo finale” tra il Kosovo e la Serbia…

Neocolonialismo

Le Courrier des Balkans considera questa fretta improvvisa un “colpo” politico che alcuni volevano giocare; noi abbiamo sempre considerato qualsiasi opzione di scambio di territori o di ridefinizione delle frontiere come il peggiore scenario possibile per i Balcani. Nei fatti, qualsiasi scambio di territori, seppur negoziato, implica spostamenti della popolazione, con tutte le sofferenze che questo comporta.

Inoltre, se viene adottata questa opzione per il Kosovo, si potrebbe creare un precedente potenzialmente esplosivo per tutta la regione, in particolare per la Bosnia Erzegovina e per la Macedonia del Nord. Tale soluzione rappresenterebbe poi un’evidente contraddizione per tutti i politici internazionali, in particolare europei, che negli ultimi vent’anni si sono sempre orientati, non senza ingenuità, sulla ricostruzione di società pluralistiche, aperte e fondate sulla convivenza. Da ultimo, questa pseudo-soluzione rievocherebbe il principio “etnico” come base dello stato, in quanto le frontiere “giuste” sarebbero quelle che separano gli albanesi dai serbi.

Ed ecco così alcuni dei nostri “esperti” dotarsi di vecchi metodi coloniali, trasformarsi in esploratori che cercano di delimitare i territori delle diverse tribù balcaniche che l’uomo bianco, nella sua saggezza, ha dovuto separare per impedire una volta per tutte l’insorgere di nuove guerre…

Questa illusione conservatrice di un Occidente demiurgo, capace di determinare cosa è giusto e buono per il mondo intero, si poggia su un neocolonialismo mai scomparso. Questo non solo è criticabile da un punto di vista morale o politico, ma è soprattutto sbagliato. Mai nella storia, in nessun luogo del mondo, le elucubrazioni cartografiche hanno garantito la pace o la giustizia, che dipendono al contrario dalle dinamiche sociali che si fondano sullo scambio e la condivisione attraverso le frontiere.

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