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Introduzione alla ricerca “I Paesi balcanici e l’Unione Europea, a che punto l’int

Claudio Bazzocchi esamina le ragioni alla base di questa ricerca e ne presenta i contenuti.

03/11/2001, Claudio Bazzocchi -

Da alcuni mesi Osservatorio Balcani e ICS hanno promosso un appello per l’integrazione europea dei paesi dell’Europa sud-orientale. Con l’appello, firmato da centinaia di esponenti della cultura, della politica e della società civile italiani e balcanici, abbiamo voluto dire che il processo -avviato ormai da tempo- dell’unificazione a partire dalle politiche economiche e finanziarie e della progressiva inclusione dei paesi "ammissibili" nell’Unione Europea -secondo stretti parametri- si è dimostrato limitato, escludente e contraddittorio. L’Europa dei diritti e dei cittadini -nonostante l’approvazione della Carta dei Diritti a Biarritz nel dicembre del 2000- è ancora sostanzialmente un obiettivo lontano e subordinato all’Europa delle monete e dei mercati e la prevalenza delle considerazioni economiciste e finanziarie esclude gran parte dell’Europa centro-sud-orientale dall’accesso alla "casa europea". Il rischio è che l’Unione Europea non sappia guardare oltre i propri confini, verso una più ampia e plurale cittadinanza europea. Per questo abbiamo rilanciato l’appello "L’Europa oltre i confini" -promosso dall’ICS e dall’Osservatorio sui Balcani- per un’integrazione "certa, sostenibile e dal basso" dei Balcani nell’Unione Europea.
Come ha ricordato il Presidente della Commissione Romano Prodi, i Balcani sono membri "virtuali" dell’Unione Europea: si tratta di costruire allora un rapido processo di integrazione, "certa, sostenibile, dal basso" nelle strutture economiche e istituzionali dell’Unione Europea.
Contestualmente alla promozione e alla presentazione dell’appello presso varie sedi, non ultima la Marcia Perugia-Assisi, ci è sembrato opportuno predisporre uno strumento informativo per capire a che punto è il percorso dei paesi del sud-est europeo presso l’entrata nell’Unione Europea e quali sono gli altri strumenti di integrazione europea a livello istituzionale.
È nato così l’agile rapporto che qui presentiamo: I paesi balcanici e l’Unione europea. A che punto è l’integrazione?, redatto dalla dott.ssa Teresa Polara, già collaboratrice del Ministro per le Politiche Comunitarie, Gianni Mattioli.
Il rapporto, una sessantina di pagine, ha lo scopo di spiegare prima di tutto qual è la posizione di Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Rep. Federale di Jugoslavia, Romania e Slovenia rispetto all’entrata nell’Unione europea.
Il lettore saprà così che Romania, Slovenia e Bulgaria sono in questo momento i soli tre paesi dell’area balcanica che entreranno nella nuova Unione che, come ha sancito il trattato di Nizza, si allargherà da 15 a 27 membri. Il rapporto ci aggiorna sullo stato dei negoziati e sugli strumenti finanziari mesi a disposizione dei tre paesi candidati all’entrata. Inoltre troviamo in esso le valutazioni della Commissione europea e del Parlamento europeo del processo di entrata dei tre paesi menzionati, che sembrano destinati a diventare membri effettivi dell’Unione fra il 2004 (Slovenia) e il 2010 (Bulgaria e Romania).

La seconda sezione del rapporto si occupa dello stato delle relazioni fra i cinque paesi rimanenti dell’area – Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia e RFY – e l’Unione europea. Si parla così del SAP, il Processo di Stabilizzazione e di Associazione, ossia quel processo di progressivo adeguamento agli standard comunitari, al termine del quale i vari paesi acquisiscono lo status di potenziale candidato per l’adesione all’Unione europea. I cinque paesi in questione vengono analizzati uno ad uno e possiamo farci un’idea sullo attuale stato di relazione con l’Unione e su come stiano sfruttando gli strumenti tecnico-finanziari a sostegno del SAP: il programma CARD e l’Agenzia Europea per la Ricostruzione.
Polara scrive nel suo rapporto che sono comunque pochi gli analisti che azzardano previsioni per l’entrata dei cinque paesi in oggetto nell’Unione. Chi lo fa parla comunque di un periodo compreso fra il 2010 e il 2015.
La terza parte del paper prende in esame altri quattro strumenti di integrazione europea e cooperazione regionale: il Patto di Stabilità, L’iniziativa Centro-europea (InCE), L’Iniziativa adriatico-ionica e la Comunità di Lavoro Alpe-Adria. Anche in questo caso il rapporto ci permette di ricostruire il quadro di riferimento delle iniziative regionali di integrazione europea aldilà della vera e propria adesione all’Unione.
Queste iniziative di cooperazione regionale, che pure troppo spesso rischiano di rimanere espressioni formali di buone intenzioni, rappresentano comunque una novità importante rispetto al tradizionale approccio bilaterale di adesione all’Unione. Il Patto di stabilità, assieme all’Ince e all’Iniziativa adriatico-ionica, indicano infatti una nuova strategia regionale di cooperazione da parte dell’Unione europea. L’approccio multilaterale nel processo di integrazione europea sta cercando di affermarsi su quello bilaterale, che certamente è più conveniente a quei regimi e a quelle culture politiche nazionalistiche che continuano a vedere l’adesione all’UE come un privilegio a scapito dei paesi vicini. Queste iniziative di cooperazione multilaterale aprono invece la porta a processi di armonizzazione europea affinché si diffonda «una volontà di "reintegrazione" regionale, che non ha più paura di ricorrere a questo termine e che non vuole essere affatto in contrasto con il processo di adesione, bensì desidera in un certo senso anticiparlo e rafforzarlo sotto il profilo culturale ed economico in modo che l’integrazione europea ne tragga il massimo vantaggio in quanto ardito progetto politico di sviluppo e pacificazione del vecchio continente» .
Dobbiamo inoltre sottolineare che un altro aspetto importante di queste iniziative è che esse non rappresentano solo forme di cooperazione e coordinamento fra governi, ma possono prevedere anche il protagonismo di altri settori delle società dei vari paesi interessati: dalle scuole agli enti locali, dalle università alle imprese.
L’ultimo capitolo del presente rapporto cerca di interrogarsi sulle possibilità delle ONG dell’Unione e dei paesi balcanici di contribuire al processo di integrazione. Particolare attenzione viene rivolta al ruolo che possono avere gli scambi giovanili e quelli fra scuole nel processo di integrazione. Vengono così elencati gli strumenti messi a disposizione dalla Commissione europea per gli scambi giovanili e la cooperazione culturale in genere con i paesi terzi dell’est europeo.
Come recentemente Stefano Bianchini ha ricordato, «nel loro complesso tutte le misure finora attuate dalla comunità internazionale non sono state in grado di incidere significativamente sulle cause originarie della destabilizzazione balcanica»:

"Cause, queste, che vanno ricondotte ad aspetti prettamente culturali, intesi sia in termini di cultura politica (ossia connessa alle aspettative, conoscenze e capacità della popolazione e delle classi dirigenti locali di rapportarsi alle istituzioni e alla mediazione), sia in termini di consapevolezza diffusa che il patrimonio culturale costituisce un bene condiviso e non una leva per distinguersi dal vicino ed erigere barricate protettive.
Indubbiamente, la crisi prolungata dell’economia e, con essa, il crescere delle disparità sociali – unitamente alle difficoltà di assicurare l’ordine pubblico e la giustizia – hanno esercitato un peso rilevante nel mantenere elevata la tensione regionale. Ciò nonostante, il nazionalismo è largamente ricorso allo strumento culturale per definire i limiti di una comunità e favorirne l’omogeneizzazione, al fine di stabilire nuove regole e fonti di lealtà per gli individui e i gruppi. È evidente, allora, che solo un’operazione in grado di sfidare su questo terreno il nazionalismo e ribaltarne l’approccio, con il sostegno proveniente dall’idea di integrazione europea, può ragionevolmente pensare di porre le basi per un’effettiva stabilizzazione del sudest europeo".

Con questo rapporto sullo stato dell’integrazione europea l’Osservatorio Balcani vuole sottolineare che il processo di integrazione europea sarà d’ora in avanti uno dei punti qualificanti per il proprio lavoro di ricerca e riflessione sull’area balcanica. Il rapporto in questione vuole essere un primo contributo di tipo informativo, che sicuramente sarà utile per tutti coloro che desiderano farsi un’idea e che vorranno seguire l’Osservatorio e l’ICS nell’opera di promozione culturale e politica di un’integrazione rapida e dal basso del sud-est europea nell’Unione.

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