Interessi nazionali e stato dei cittadini
Un ulteriore contributo alla preparazione della conferenza internazionale di Ginevra dal titolo "Dieci anni da Dayton e oltre". L’autore in questo breve testo contrappone gli interessi nazionali alla creazione di uno stato basato sui diritti dei cittadini
Di Nikola Kovač, membro dell’Associazione BiH 2005
(frammento della relazione preparata per la conferenza internazionale di Ginevra "Dieci anni da Dayton e oltre")
Dal punto di vista dell’organizzazione territoriale, del funzionamento delle istituzioni comuni, della politica elettorale e dei quadri, la Bosnia Erzegovina oggi si trova dalla parte diametralmente opposta al sistema dei diritti istituzionali e dei principi politici dello stato dei cittadini.
Territorialmente, la BiH è divisa in due entità, che, più o meno, rispecchiano anche la determinazione etnica della popolazione. Il mescolamento nazionale di un tempo (con un totale del 5% di territori omogenei) è stato respinto dalla prassi della cantonizzazione e della maggiorazione della maggioranza della popolazione. La decisione di Dayton sulle entità, di cui si discuterà alla conferenza internazionale "Dieci anni da Dayton e oltre" organizzata dall’Associazione BiH 2005 dal 20 al 21 ottobre a Ginevra, è stata intesa dai poteri locali come segno per l’autonomia territoriale e per la monopolizzazione dei diritti sulle decisioni in ambito politico, economico, culturale ed educativo, della salute e dell’informazione.
Il funzionamento delle istituzioni comuni non può essere fondato sul governo del diritto finché il potere è detenuto dai portavoce delle divisioni a cui si è giunti con la violenza, cioè con le conquiste di guerra. Gli usurpatori del potere, che riconoscono le leggi locali e difendono i propri interessi, si servono dei mezzi più disparati per ostruire il lavoro delle istituzioni che sono chiamate a difendere l’idea di uno stato comune della BiH. Tutte le decisioni vengono prese tenendo conto della inviolabilità degli interessi nazionali, che vengono regolarmente definiti ad hoc, a secondo del bisogno del momento, in rapporto alla forza o alla pressione delle lobby.
La politica dei quadri è completamente subordinata al desiderio e agli interessi dei partiti politici. Le competenze tecniche dei funzionari sono respinte a favore della attitudine dei candidati dei partiti. Persino i posti diplomatici sono distribuiti ai candidati dei partiti a prescindere dalle loro competenze tecniche.
I diritti elettorali dei cittadini della BiH non sono definiti in accordo coi principi dell’equità e della costitutività dei tre popoli, ma secondo l’appartenenza territoriale dei cittadini. Questa illogicità della legge elettorale è maggiore quanto più comprende la frattura del corpo elettorale, la divisione del territorio statale e l’agevolazione dei principi etnici a scapito di quelli civili.
L’insistere esclusivamente sulla difesa degli interessi nazionali conduce alla ghettizzazione etnica, e non verso le opzioni strategiche dell’integrazione europea. Lo stato dei cittadini non annienta e non relativizza le specificità nazionali ma, al contrario, offre eque opportunità, senza maggiorazione, marginalizzazione e discriminazione. Un tale clima politico è possibile solo quando dalla memoria collettiva svanirà l’ossessione sulle frontiere che separano, sull’altro come fonte di paura, sulle differenze come motivo di sospetto.
In breve, le tendenze separatiste e di divisone territoriale non rinforzano l’integrità dello stato ma piuttosto la spaccano. Oltre a ciò, quando l’idea nazionale si sviluppa in ideologia nazionalistica, allora anche gli interessi nazionali si trasformano in obiettivi di guerra e il discorso della ragione prende la forma della distruzione irrazionale. Con ciò, l’intrattenersi sulle delimitazioni etniche, a cui ha condotto l’applicazione alla lettera dell’accordo di Dayton, conduce alla legalizzazione delle divisioni della BiH: territoriali, politiche, economiche, culturali.
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