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Il ghetto del Kosovo

Il regime dei visti UE ha portato i kosovari ad un insopportabile isolamento. A quindici anni dalla dichiarazione di indipendenza sono costretti a code interminabili, procedure umilianti e costi notevoli per ottenere un visto per i paesi UE. E non sempre ci riescono

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(Pubblicato originariamente da Kosovo 2.0 )

"Perché non usa un megafono?", chiede una donna di 73 anni in attesa insieme a una cinquantina di altre persone davanti agli uffici di Pristina di TLScontact, un centro internazionale per la richiesta di visti. Dal fondo della fila riesce a malapena a sentire l’addetto alla sicurezza che legge dei nomi da un foglio di carta. Quindi la donna tiene gli occhi sulla sua bocca, come molti altri che aspettano nervosamente in fila, tentando di leggere il labiale.

Viene chiamato un altro nome. "Sono io", dice un uomo, interrompendo il rumore silenzioso dei candidati che sfogliano i loro documenti e le loro cartelle. Tutti fanno spazio mentre lui si sposta in testa alla fila.

Gli altri aspettano. Si fanno domande a vicenda. "È la prima volta?" "Dove andare?" Alcuni chiedono consigli a chi è già stato qui.

Nonostante la stanchezza, c’è un senso di solidarietà. Le persone si danno consigli a vicenda e offrono posti di attesa più comodi agli anziani. "Buona fortuna", si augurano, convinti come sono che tutto dipenda dalla fortuna.

L’addetto alla sicurezza grida un altro nome, ma nessuno risponde. Alza la voce e ci riprova. L’urgenza della sua voce inquieta la folla.

Le persone escono periodicamente dall’edificio portando con sé buste che contengono il loro destino. La loro domanda di visto è stata approvata o respinta? Potranno visitare la loro famiglia? Andare in vacanza? Ricevere cure mediche all’estero? Alcuni fanno finta di niente e se ne vanno con la busta sigillata in mano. Altri la aprono con ansia non appena escono. Alcuni festeggiano e chiamano immediatamente i loro cari con la buona notizia. Altri hanno un’aria sconsolata e se ne vanno arrabbiati o storditi.

Tutti, tranne il Kosovo

"Il popolo di un Kosovo multietnico e democratico avrà il suo posto in Europa", si legge in una dichiarazione dell’Unione europea (UE) di pochi giorni prima del vertice di Salonicco del 2003. "I Balcani saranno parte integrante di un’Europa unificata".

L’UE ha parzialmente mantenuto questa seconda promessa nel 2010, quando i cittadini di tutti i paesi balcanici sono stati liberati dall’obbligo di visto, costoso e burocratico, per entrare nei paesi Schengen per un breve periodo. Tutti tranne il Kosovo.  

Solo in quell’anno l’UE ha fornito al Kosovo una tabella di marcia per i visti, ovvero i requisiti che il paese avrebbe dovuto soddisfare per ottenere l’esenzione dall’obbligo del visto nell’area Schengen. I paesi limitrofi avevano ricevuto i passi da compiere nel 2008 con 40 requisiti ciascuno, quella del Kosovo ne aveva invece 93.

Nel 2016 il Kosovo aveva spuntato tutte le caselle della tabella di marcia. Poi l’UE ha introdotto due nuovi requisiti: la ratifica di un accordo di demarcazione dei confini con il Montenegro e il miglioramento della lotta alla corruzione.

Nel marzo 2018, contro una forte opposizione, il parlamento del Kosovo ha ratificato l’accordo per la demarcazione dei confini e pochi mesi dopo la Commissione europea ha confermato che il Kosovo aveva soddisfatto tutti i parametri di riferimento. Ora spetterebbe al Consiglio europeo e al Parlamento UE adottare la proposta di abolizione del regime dei visti per il Kosovo, un passo che è stato continuamente bloccato, in particolare da Francia e Paesi Bassi.

Mentre i kosovari devono superare infiniti ostacoli per recarsi negli stati dell’UE, il Kosovo ha simbolicamente accolto l’UE con tutto il cuore. Quando il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza nel 2008, l’inno nazionale de facto era l’"Inno alla gioia", l’inno dell’UE e del Consiglio dell’UE. L’attuale inno del Kosovo è una canzone senza testo intitolata "Europa" e la bandiera nazionale è stata progettata per assomigliare alla bandiera dell’UE, un segno della volontà di integrazione europea del paese.

Sebbene l’UE incoraggi questa identificazione simbolica con l’Europa e ripeta il mantra che "il futuro del Kosovo appartiene all’UE", il suo regime di visti suggerisce il contrario. Alla fine del 2022, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno annunciato che il Kosovo avrebbe ottenuto la liberalizzazione dei visti entro il 2024. Ma la risposta del Kosovo è stata tiepida, visti gli anni di promesse non mantenute da parte dell’UE. Per oltre un decennio, i kosovari sono stati tra gli ultimi europei a dover affrontare procedure di richiesta del visto costose, lunghe e a volte arbitrarie per poter viaggiare in Europa. Con la recente esternalizzazione della concessione dei visti a breve termine a società private, vi sono ulteriori preoccupazioni riguardo alla privacy dei dati, ai costi aggiuntivi e alle violazioni del Codice dei visti dell’UE. 

L’Ambasciata croata in Kosovo ha dichiarato a K2.0 di aver esternalizzato le richieste di visto a VFS perché "ha consentito un’elaborazione più rapida delle richieste di visto [e] ha migliorato gli standard di servizio per i richiedenti il visto".

Dal settembre 2022, i servizi per i visti della Germania sono stati esternalizzati alla società VisaMetric, registrata in Kosovo nel 2021. Secondo il loro sito web, gestiscono più di 100 centri per la presentazione delle domande di visto in 11 paesi.

Sebbene l’esternalizzazione sia stata fatta in nome dell’efficienza, molti kosovari trovano che l’attuale processo sia quanto mai confuso e scoraggiante. "Negli ultimi anni l’attesa si è prolungata. Negli ultimi due anni è stata una catastrofe", sottolinea Fitore Gashi, uno sviluppatore web che attualmente vive in Germania.

Una delle principali difficoltà è ottenere un appuntamento per il visto. Sebbene il Codice dei visti preveda che gli appuntamenti per il visto siano disponibili entro due settimane, i kosovari devono spesso aspettare almeno un mese, a volte anche cinque.

Nell’agosto 2022, K2.0 ha contattato TLScontact per chiedere un appuntamento. Nessuno spazio sino ad ottobre.

In una dichiarazione rilasciata a K2.0, l’ambasciata tedesca ha affermato che, dopo aver esternalizzato l’elaborazione dei visti a VisaMetric, i tempi di attesa per gli appuntamenti sono stati ridotti da sei mesi a due, un tempo comunque quattro volte superiore a quello previsto dal Codice dei visti.

L ‘attivista LGBTQ+ Blert Morina ha avuto problemi a causa di questi ritardi lo scorso autunno, quando doveva partecipare a un incontro di difensori dei diritti umani in Svezia. Ha raccontato che, sebbene gli organizzatori dell’evento avessero scritto all’ambasciata svedese un mese prima della data di partenza, l’unico appuntamento disponibile era cinque giorni prima dell’inizio dell’incontro, lasciando poco tempo per ricevere una risposta e pianificare il viaggio di conseguenza.    

Il Codice dei visti prevede che i richiedenti ricevano una decisione sulla loro domanda entro 15 giorni, anche se a volte ci vuole più tempo.

Alla fine Morina ha ricevuto il visto, ma gli è stato comunicato con circa due ore di anticipo che avrebbe dovuto recarsi immediatamente da Pristina a Skopje, per ritirarlo presso l’ambasciata svedese nella Macedonia del Nord.

L’ambasciata svedese incolpa la pandemia da Covid per i ritardi nella concessione dei visti e afferma che "la maggior parte dei richiedenti riceve un appuntamento al VFS entro poche settimane". VFS non ha risposto alle domande di K2.0.

Eroll Bilibani, produttore e responsabile di DokuLab, il programma educativo del festival cinematografico Dokufest, ha dovuto affrontare numerose difficoltà per aiutare i suoi studenti ad accedere a eventi artistici e culturali nell’UE, proprio a causa dei ritardi nell’ottenimento del visto. Gli studenti di DokuLab, "non possono prendere decisioni spontanee per andare da qualche parte, per vedere qualcosa. Devono pianificare la partecipazione a una mostra con tre o cinque mesi di anticipo. Questa è davvero una grande discriminazione".

Ottenere un appuntamento per il visto è più facile per chi può permettersi di pagare per i servizi premium. VFS dichiara che, pagando un supplemento di 30 euro, i richiedenti possono presentare la domanda nel giorno di loro scelta, ricevere l’assistenza di un membro del team dedicato e presentare tutti i documenti mancanti nello stesso giorno. Un costo aggiuntivo di 12 euro consente ai richiedenti di presentare la domanda al di fuori del normale orario di lavoro. TLScontact e VisaMetric offrono servizi simili denominati "valore aggiunto" e "VIP".

Liri Hashani, 23 anni, ha scoperto a novembre che alcune di queste opzioni a valore aggiunto sono in realtà obbligatorie. Quando alla fine dell’anno scorso ha richiesto un visto tedesco a VisaMetric, è rimasta sorpresa dal fatto che, oltre ai normali 30 euro di costo del servizio, le è stato richiesto di pagare un ulteriore "servizio VIP" di 30 euro per farsi consegnare il passaporto a casa tramite corriere, nonostante volesse ritirarlo personalmente in ufficio.

Il Codice dei visti stabilisce che la tassa di servizio pagata a chi gestisce la domanda di visto non deve superare i 40 euro. Non è chiaro se l’obbligo di pagare 60 euro per il servizio e il corriere sia in contrasto con il Codice dei visti o meno. In ogni caso, i kosovari sono irritati dalla tassa aggiuntiva.

In uno scambio di battute su Twitter a proposito della struttura tariffaria di VisaMetric, Kaltrina Hoxha ha osservato sarcasticamente: "Vivo nello stesso edificio di VisaMetric, posso andarci in pantofole. Sempre 30 euro" [per il servizio di corriere].

In una dichiarazione rilasciata a K2.0, l’ambasciata tedesca ha affermato di aver approvato la decisione di VisaMetric di rendere obbligatoria la tassa per il corriere "al fine di massimizzare il numero di domande accettate ed elaborate evitando il sovraffollamento dei locali del centro visti".

Inoltre, il sito web di VisaMetric afferma che: "Per le domande di famiglia (coniuge e figli), la tassa di 30 euro deve essere pagata una sola volta. Quando si prenota un appuntamento, la tassa di 30 euro a persona sarà rimborsata per i restanti membri della famiglia il giorno della domanda". Un dipendente di VisaMetric ha parlato con K2.0 e ha detto che l’azienda incoraggia i dipendenti a non onorare questa promessa e a trattenere il rimborso.

K2.0 ha inviato a VisaMetric un elenco dettagliato di domande sulla questione, ma non ha ricevuto risposta.

600.000 domande di visto, 99 milioni di euro

Ottenere un appuntamento è solo il primo passo per richiedere un visto, un processo che comporta lunghe file e viaggi in diversi uffici per raccogliere i documenti richiesti.

Una volta arrivati al centro di richiesta, molti si lamentano di dover aspettare a lungo dopo l’appuntamento fissato per presentare i documenti. Morina e altri descrivono anche il personale del centro per la richiesta del visto come aggressivo e scortese. Per alcuni, le code interminabili e la generale mancanza di rispetto sottolineano la sensazione che l’UE voglia tenere fuori i kosovari.

TLScontact ha risposto alle nostre sollecitazioni dichiarando che cercano di accogliere i richiedenti in condizioni piacevoli e che le lunghe code sono dovute al fatto che i richiedenti "arrivano troppo presto agli appuntamenti". Secondo un dipendente di VisaMetric, i richiedenti sono spesso obbligati ad aspettare tre ore oltre gli appuntamenti previsti.

Richiedere un visto non costa solo tempo, ma anche denaro. Il costo stimato per una domanda è di 165 euro. Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia statistica del Kosovo, il reddito medio mensile del settore pubblico in Kosovo è di 542 euro. Lo stipendio medio del settore privato è di 376 euro.

Tra il 2014 e il 2021, i kosovari hanno presentato circa 600.000 domande di visto Schengen. Al costo di 165 euro per domanda, in questi otto anni i kosovari avranno speso quasi 99 milioni di euro per richiedere visti a breve termine. In questo periodo di tempo, circa il 20% di queste domande è stato respinto.

I costi possono essere molto più elevati in casi come quello di Enduena Klajiqi. Sommando le spese per il visto per la Bulgaria, le spese di viaggio per Sofia e le spese per il visto per il Belgio, è arrivata a più di 500 euro.

Sebbene il Codice dei visti preveda l’esenzione dalle tasse per un’ampia gamma di visite culturali ed educative (in particolare per i minori di 25 anni), molti kosovari che ne hanno diritto finiscono per pagare comunque. 

Esenzioni

Il Codice dei visti prevede l’esenzione dal pagamento dei visti per: bambini di età inferiore ai sei anni; studenti; studenti post-laurea e insegnanti accompagnatori che effettuano soggiorni per motivi di studio o di formazione; ricercatori che viaggiano per svolgere ricerche scientifiche o partecipare a seminari o conferenze scientifiche; rappresentanti di organizzazioni no-profit di età non superiore ai 25 anni che partecipano a seminari, conferenze, eventi sportivi, culturali o educativi organizzati da organizzazioni no-profit. 

L’ambasciata svizzera ha dichiarato a K2.0 che TLScontact è responsabile della verifica dell’ammissibilità all’esenzione dai diritti di visto. L’azienda però sul proprio sito web non ha alcuna informazione sull’esenzione dai diritti di visto. L’ambasciata svizzera ha fatto notare che il Codice dei visti è disponibile al pubblico, nonostante non sia disponibile in albanese.

TLScontact ha dichiarato di non includere informazioni sull’esenzione dalle tasse sul proprio sito web perché si tratta di "decisioni prese dal nostro cliente governativo, non da TLScontact. Informazioni sono disponibili sul sito web del governo".

L’ambasciata svedese, per la quale è l’azienda VFS a elaborare i visti, ha dichiarato che "l’ambasciata si assicura che vengano pagate le tasse previste e che vengano applicate le esenzioni dalle tasse. L’ambasciata assiste il VFS in caso di richieste specifiche e si assicura che le tasse vengano rimborsate in caso di errore".    

Il sito web di VisaMetric contiene informazioni solo sull’esenzione dalle tasse per età.

Ciononostante, K2.0 ha parlato con diverse persone che avevano diritto all’esenzione dalla tassa, ma che hanno finito per pagarla. Dafina Fondaj, farmacista, ha pagato la tassa per il suo visto per recarsi all’Università di Lublino, in Polonia, per condurre una ricerca per la sua tesi di master, ricerca scientifica che il Kosovo non ha le strutture per sostenere. All’epoca aveva anche meno di 25 anni.

Flaka Rrustemi, che si è recata in Italia a 22 anni per partecipare a un festival attraverso una ONG, ha dovuto pagare il visto, insieme ad altri colleghi di età inferiore ai 25 anni. “Purtroppo, il nostro accesso alle informazioni è piuttosto limitato e gli impiegati dell’ambasciata non ci informano su queste cose", ha detto, riferendosi al fatto che il gruppo non sapeva di avere diritto all’esenzione dalle tasse.

Eroll Bilibani ha anche fatto notare che Dokufest invia kosovari di età compresa tra i 17 e i 20 anni in viaggi d’istruzione e scambi culturali nell’UE e ha dovuto pagare i visti per gli studenti coinvolti.

Visti di quattro giorni

Anche quando i kosovari ottengono un visto, a volte ne vengono rilasciati di durata inferiore a quella prevista dal Codice dei visti.

Il Codice dei visti stabilisce che "il periodo di validità di un visto per un ingresso comprende un ‘periodo di grazia’ di 15 giorni di calendario" e riporta un esempio di calcolo del periodo di grazia: "data di arrivo + durata del soggiorno + 15 giorni di ‘periodo di grazia’".

K2.0 ha visionato visti concessi a kosovari da stati membri dell’UE con periodi di validità di sette giorni e durate di soggiorno fino a quattro giorni. Validità e durata del soggiorno troppo brevi possono essere fonte di ansia perché un volo cancellato o ritardato, o un altro evento imprevisto, può far sì che il titolare del visto superi il periodo di validità del visto Schengen, impedendogli di ricevere un visto in futuro.

Dardan Konjufca, un giovane del Kosovo, si è trovato di fronte a una situazione del genere quando il suo volo per Pristina dalla Germania è stato cancellato solo 10 minuti prima dell’apertura del gate. Konjufca non era preoccupato per i normali grattacapi associati ai voli cancellati, ma piuttosto per il fatto che il suo visto sarebbe scaduto il giorno successivo e che la compagnia aerea gli aveva offerto un volo alternativo solo due giorni dopo.

Mentre altri si preparavano a rimanere in Germania un po’ più a lungo del previsto, Konjufca ha dovuto trovare un altro volo che partisse lo stesso giorno per non violare il suo visto, soprattutto dopo che un funzionario della dogana tedesca gli aveva ingiunto di lasciare immediatamente la Germania. Nonostante Konjufca abbia chiesto alla compagnia aerea di metterlo su un volo per lo stesso giorno, racconta che gli hanno risposto che non potevano farci nulla. È stato costretto a pagare un altro volo in partenza quel giorno. La compagnia aerea iniziale si è rifiutata di rimborsargli il volo cancellato perché gli aveva offerto un volo alternativo.

Blert Morina ha vissuto un’esperienza simile con un volo in ritardo. "Eravamo a un workshop di quattro giorni e la durata di permanenza nel visto era di quattro giorni. Il volo era in ritardo ed è stato molto stressante non sapere se saremmo riusciti a partire in tempo o meno", ha raccontato.

Altri subiscono la frustrazione di ottenere visti a breve termine, nonostante abbiano chiesto quelli a lungo termine. Donika Qerimi ha richiesto un visto nel 2018 per recarsi in Belgio per difendere il suo dottorato di ricerca. La difesa si svolgeva a dicembre e a gennaio, quindi ha richiesto un visto di più settimane che avrebbe coperto l’intero periodo. Ha ricevuto invece un visto per quattro giorni. Ha dovuto presentare un reclamo per ricevere un visto che coprisse l’intero viaggio.

Il sistema a cascata, che regola la durata dei visti, dovrebbe evitare che accadano cose del genere.

Quando i viaggiatori con un visto di breve durata hanno già dimostrato, in passato, di rispettare i termini dei precedenti visti Schengen, dovrebbero aver diritto a ricevere soggiorni con visti multi-ingresso sempre più lunghi.

Un visto per più ingressi, valido fino a cinque anni, può essere rilasciato ai richiedenti che dimostrino la necessità di viaggiare frequentemente o regolarmente, a condizione che dimostrino l’uso legittimo dei visti precedenti, la loro situazione economica nel paese d’origine e la loro reale intenzione di lasciare l’area Schengen prima della scadenza del visto.

K2.0 ha visto diversi passaporti kosovari con visti che non seguono il sistema a cascata. Ad esempio, sebbene Selmani, Bilibani, Qerimi e Morina abbiano dichiarato di recarsi regolarmente nell’UE da oltre un decennio, nessuno ha mai ricevuto un visto di cinque anni e ad alcuni sono stati concessi visti di breve durata, a volte anche di pochi giorni, dopo essere stati precedentemente in possesso di visti plurimi di lunga durata.  

Il sistema a cascata

Secondo “il sistema a cascata”, se un richiedente ha ottenuto e utilizzato legalmente tre visti nei due anni precedenti, ha diritto a un visto con un periodo di validità di un anno.

I richiedenti che negli ultimi due anni sono stati in possesso di un visto a ingresso multiplo con validità di un anno hanno diritto a un visto di due anni. Dopo aver utilizzato un visto a ingresso multiplo di due anni, i richiedenti hanno diritto a un visto di cinque anni.    

Bilibani ha dichiarato che, nonostante non abbia mai violato le regole sui visti e viaggiato spesso, gli è stato recentemente concesso solo un visto di sei mesi dopo averne posseduto uno di tre anni, un’apparente violazione del sistema a cascata.

Le ambasciate di Svizzera, Germania, Svezia e Croazia hanno dichiarato di applicare rigorosamente il sistema.

Anche ricevere un visto di breve durata viene vissuto come una vittoria, perché è comune che le domande vengano respinte su una base che sembra arbitraria.    

Morina è stato respinto cinque volte e dubita che riproverà a fare domanda.

Anche Bilibani è stato respinto una volta. Nel 2018 è stato invitato a parlare al Festival internazionale del cinema di Berlino – Berlinale, ma l’ambasciata tedesca gli ha negato il visto con la motivazione che mancava un documento.

I documenti mancanti sono una particolare piaga per i richiedenti il visto, perché l’obbligo di fornire "documenti relativi all’alloggio o la prova di mezzi sufficienti per coprire l’alloggio" può essere interpretato in modo soggettivo.

Il Codice dei visti stabilisce che quando gli esaminatori della domanda stabiliscono che non sono stati forniti documenti sufficienti, la domanda è irricevibile e l’organo di controllo deve immediatamente "restituire il modulo di domanda e tutti i documenti presentati dal richiedente, distruggere i dati biometrici raccolti, rimborsare i diritti per il visto e non esaminare la domanda".

Bilibani ha affermato che nel suo caso la procedura sopra descritta non è stata applicata e che il suo visto è stato esaminato e poi respinto.

Alcune persone hanno raccontato a K2.0 di esperienze in cui gli addetti al trattamento dei visti li hanno informati che alle loro domande mancavano di documenti, compresi documenti che non erano elencati da nessuna parte come documenti necessari per la domanda. È stata quindi offerta loro la possibilità di presentare il documento mancante pagando un costo aggiuntivo.

TLSContact e l’ambasciata svizzera negano che vi sia una tassa obbligatoria per presentare un documento mancante. VFS e VisaMetric non hanno risposto alle domande sulla questione.

I richiedenti la cui domanda viene respinta hanno il diritto di fare ricorso. Può essere un processo oneroso o costoso e ogni paese ha le proprie procedure. Mentre il ricorso contro il rifiuto di un visto da parte dell’ambasciata svizzera costa circa 200 euro, più del costo della domanda di visto, un ricorso in Svezia o Norvegia non richiede alcuna tassa. Un ricorso all’ambasciata croata costa 43 euro.

Protezione dei dati, trasparenza e privacy

Nel 2018 l’UE ha emanato il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che offre ai cittadini e ai residenti dell’UE un maggiore controllo sulle modalità di raccolta, utilizzo e protezione dei loro dati. Regole rigorose richiedono ora alle organizzazioni di proteggere i dati personali che raccolgono attraverso misure di salvaguardia. Il GDPR dà inoltre ai cittadini e ai residenti dell’UE il diritto di recuperare i propri dati personali dalle istituzioni pubbliche e private.

K2.0 ha parlato con studiosi e attivisti specializzati nella governance pubblica e nelle questioni relative al GDPR, che hanno sollevato domande e preoccupazioni sull’accumulo e l’elaborazione dei dati di cittadini extracomunitari da parte di TLScontact. Chi possiede i dati medici, legali e finanziari delle decine di migliaia di kosovari che ogni anno fanno domanda di visto per l’UE attraverso TLScontact?

Prima dell’esternalizzazione dei servizi per i visti, i consolati o le ambasciate gestivano ogni parte del processo di rilascio dei visti. Ora sono aziende private ad avere il compito di gestire e proteggere i documenti e le informazioni sensibili necessarie per ottenere un visto, che, a seconda del paese, possono includere dettagli sullo stato di salute, risparmi bancari e numeri di conto, condizioni di salute mentale, orientamento sessuale e altro ancora.    

La Svizzera, che gestisce le domande per molti paesi dell’area Schengen, non è membro dell’UE e non è tenuta a rispettare il GDPR. Tuttavia, TLScontact, che gestisce l’elaborazione dei visti in Svizzera è una società dell’UE ed è quindi tenuta a rispettarle anche quando tratta con cittadini non UE come i kosovari. L’ambasciata svizzera ha dichiarato a K2.0 di rispettare il GDPR in tutte le fasi del processo di richiesta del visto e TLScontact ha affermato che tutti i dati raccolti dai richiedenti il visto "sono completamente criptati e inviati a server governativi sicuri, prima di essere eliminati dai nostri sistemi".

Una componente chiave delle salvaguardie del GDPR è che i cittadini e i residenti dell’UE devono essere pienamente informati su come verranno utilizzati i loro dati. K2.0 ha posto delle domande alle ambasciate degli stati membri dell’UE in Kosovo che sono rappresentate da TLScontact, VFS o VisaMetric su come utilizzano esattamente i dati dei richiedenti. I pochi che hanno risposto hanno dichiarato in generale di prendere sul serio la sicurezza dei dati e di aderire al GDPR durante l’intero processo di richiesta del visto.

Tuttavia, un dipendente degli uffici di VisaMetric a Pristina ha dichiarato a K2.0 che c’è poca attenzione alla protezione dei documenti fisici e dei dati dei richiedenti nel processo di trasporto delle domande da e verso l’ambasciata tedesca e poi ai richiedenti attraverso il servizio di corriere. Secondo questo dipendente, le procedure poco rigorose hanno portato alla perdita di documenti o passaporti dei richiedenti. VisaMetric non ha risposto a una richiesta di commento.

Le preoccupazioni sulla privacy e sulla protezione dei dati sono state al centro delle proteste di alcuni politici e attivisti in Germania quando il paese ha annunciato nel 2017 l’intenzione di iniziare a trasferire l’elaborazione delle domande di visto a società private.

K2.0 ha parlato con Thomas Tombal, un ricercatore dell’Università di Tilburg nei Paesi Bassi che si occupa di questioni relative alla protezione e alla governance dei dati, delle informazioni fornite a K2.0 da TLScontact. Ha espresso preoccupazione per il fatto che non indicano che tipo di dati utilizzano i governi dell’UE o per quale scopo.

"In queste risposte [di TLScontact], molte cose si perdono nella traduzione: non si capisce quali siano le responsabilità del garante pubblico – dell’ambasciata – dell’azienda privata, e la legislazione in vigore dove si opera", ha detto Tombal.

Sebbene TLScontact abbia dichiarato a K2.0 di "non vendere i dati personali raccolti dai richiedenti il visto", sul suo sito web si legge che trasferisce "alcuni dati personali a paesi, territori o organizzazioni che si trovano al di fuori dello Spazio economico europeo". Non è chiaro di chi siano i dati trasferiti, su quale base legale e a chi.    

Le preoccupazioni per la privacy vanno oltre le leggi arcinote sulla protezione dei dati, ma i tentativi di opporsi possono influire negativamente sulle possibilità dei richiedenti di ottenere un visto. Quando Eroll Bilibani si è visto rifiutare il visto per partecipare alla Berlinale nel 2017, il suo visto è stato respinto perché si è rifiutato di consegnare gli estratti conto bancari, mostrando invece i rendiconti finanziari dell’organizzazione culturale che copriva il suo viaggio. "Ho presentato gli estratti conto
della nostra organizzazione perché le nostre spese sono coperte dall’organizzazione", ha detto, "quindi non c’è motivo per cui l’ambasciata dovrebbe voler sbirciare i miei risparmi personali. È una violazione della privacy ed è degradante".

Alcuni kosovari si lamentano anche delle violazioni della privacy nella parte personale del processo di candidatura. Quando Fitore Gashi ha fatto domanda per un visto di ricongiungimento familiare per andare in Germania, ha dovuto presentare la prova dell’impiego e dello stipendio del marito come parte della documentazione. L’impiegato che stava esaminando la sua pratica ha detto: "Wow, che bello stipendio ha tuo marito. Dove lavora?".

"È una domanda che non avrebbero mai dovuto farmi. Non sono affari loro", sottolinea Gashi, che nonostante si sentisse offesa per la violazione della sua privacy, era consapevole di non essere libera di non consegnare questi documenti sensibili né di contraddire l’addetto ai visti.

Dopo aver richiesto un visto per la Grecia, anche Driton Selmani ha vissuto un’esperienza strana che ha sollevato questioni di privacy. Come tutti i richiedenti, ha dovuto fornire la prova dell’alloggio, in questo caso prenotando un hotel per il suo soggiorno. Ma a un certo punto, poiché il suo visto aveva un periodo di validità di tre mesi, ha scelto di posticipare il suo viaggio di una settimana e di prenotare nuovamente un altro hotel. Poco dopo, ha ricevuto una telefonata scioccante dall’Ufficio di collegamento della Grecia a Pristina che gli chiedeva perché avesse cancellato la prenotazione dell’albergo. "È stato come se qualcuno fosse entrato nel mio letto proprio tra me e mia moglie", ha raccontato.

K2.0 ha contattato l’Ufficio di collegamento greco a Pristina in merito all’incidente, ma non ha ricevuto alcuna risposta.

"La privacy è un diritto umano, sancito da importanti leggi europee e internazionali. Se alcuni governi dell’UE negano questo diritto ai cittadini extracomunitari, stanno dicendo che i cittadini extracomunitari non sono esseri umani e quindi non meritano questo diritto", ha dichiarato Aral Balkan, un attivista informatico che vive in Irlanda.

Guardando al futuro

Il 14 dicembre 2022, lo stesso giorno in cui i leader del Kosovo hanno firmato la domanda di adesione all’UE, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo per "concedere al Kosovo la libertà di visto a breve termine". L’accordo prevede che l’esenzione dal visto venga applicata al più tardi entro il 2024, dopo l’implementazione del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), un sistema di controllo delle frontiere dell’UE.

Dopo anni di disinteresse e di eterni ritardi nella tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti, dopo anni di rifiuti arbitrari delle domande di visto, di violazioni del Codice dei vis

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