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Il caso Kusturica

Una polemica dai toni accesi è scoppiata tra il noto regista Emir Kusturica e il settimanale montenegrino Monitor. Sotto accusa il giovane scrittore e giornalista Andrej Nikolaidis e il settimanale di Podgorica per aver reagito alle dichiarazioni fatte dal regista sulla guerra degli anni ’90

23/02/2005, Redazione -

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Di Jasenka Kratović (redazione Notizie Est)

Il famoso regista Emir Kusturica nella primavera dello scorso anno aveva fatto causa ad Andrej Nikolaidis, autore dell’articolo "L’aiutante di un carnefice", pubblicato sul settimanale montenegrino "Monitor". Andrej Nikolaidis, giornalista del medesimo settimanale e uno dei migliori scrittori montenegrini della nuova generazione, aveva analizzato l’impegno politico di Kusturica all’inizio degli anni novanta quando le posizioni del regista, che in quel momento si trovava all’apice della sua fama, risultavano molto vicine a quelle del regime di Slobodan Milosevic. Gli intellettuali montenegrini hanno condannato l’azione di Kusturica contro il settimanale montenegrino.

Nonostante queste proteste, il tribunale montenegrino, nel mese di novembre del 2004, ha emesso una sentenza di colpevolezza contro Nikolaidis, per calunnia e insulti nei confronti di Kusturica, comminandogli una pena di 5.000 Euro da pagare al regista. Inoltre, nei giorni scorsi all’indirizzo del settimanale "Monitor" è arrivata una nuova accusa, contro il settimanale stesso, con la quale il regista chiede un compenso di 100.000 Euro per i danni morali e le sofferenze subite.

Nell’intervista rilasciata recentemente al settimanale bosniaco "Dani" Andrej Nikolaidis parla delle motivazioni che l’avevano spinto a scrivere l’articolo in questione e delle conseguenze, inaspettate, che la sua pubblicazione ha provocato:

"E’ partito tutto dall’intervista che Kusturica ha rilasciato al giornale francese ‘Figaro’. Me l’ha fatto vedere Esad Kocan, capo redattore di ‘Monitor’, dicendomi: ‘Eccolo, parla come se niente fosse successo!’. ‘Non c’è’, sostiene Kusturica in questa intervista, ‘una parte giusta e una sbagliata nella guerra bosniaca. Con il mio nuovo film volevo premunirmi contro l’idea che in quella guerra ci fossero degli attaccanti e degli attaccati’.

‘Siediti e scrivi!’, mi dice Kocan, ‘Non possiamo stare zitti dopo questo’. E io, ovviamente, accetto, perché quello che ha raccontato Kusturica è una storia revisionista. Come se qualcuno nel 1954 avesse sostenuto che nella Seconda guerra mondiale non esisteva "la parte che aveva ragione e quella che aveva torto". Non pensavo alla possibile causa, non pensavo a nulla tranne all’orrore morale di questa intervista. Un po’ di tempo fa l’ho riletta e ho sentito di nuovo una specie di nausea e anche una tristezza. Dico tristezza, perché quest’uomo, sotto la sua autorità di grande regista, continua ‘a pisciare’ sulla tragedia del Paese che lo ha fatto diventare quello che è, e questo gli viene passato. Certo, con la differenza che questa storia la può raccontare ai francesi, ma non a noi.

Ezra Pound durante la Seconda guerra mondiale alla radio italiana sosteneva Mussolini. Quando gli Americani lo presero, lo misero in manicomio. Kusturica ha fatto la stessa cosa, si è schierato con quelli che erano contro il suo Paese e ha sostenuto Milosevic. Con la differenza che lui è diventato un membro della giuria di Cannes. La differenza tra Pound e Kusturica, tra il castigo e il premio, sta nel fatto che il primo era impegnato contro gli ebrei e l’altro contro i musulmani. E anche nel fatto che Pound era un genio".

Per quanto riguarda la pena di 5.000 Euro, Nikolaidis, a "Dani", commenta l’intera procedura: "Durante il primo processo nessun argomento sensato era importante per il giudice Evica Duratovic. Innanzitutto, sono stato condannato a versare 5.000 Euro, che ovviamente non ho, anche se l’accusa non ha avuto alcuna prova della mia colpevolezza. Il giudice ha detto che le mie prove non le sembravano sufficientemente credibili. Il tribunale, quindi, è partito dal presupposto che io sia colpevole, non innocente, e questo è uno scandalo. Quattro mesi dopo la proclamazione della sentenza, la stessa non mi è ancora stata consegnata sotto forma scritta. In questo modo i miei diritti sono stati un’altra volta violati, perché non ho la possibilità di presentare ricorso".

"Nei regimi totalitari cercavano almeno di montare le prove, mentre in Montenegro potete essere condannati anche senza. Aggiungo che durante tutto questo il ‘grande’ Kusturica non è mai venuto in aula.", sottolinea Nikolaidis ai giornalisti di "Dani".

Nella sua nuova causa contro "Monitor", con la quale chiede 100.000 Euro, Kusturica si appella alla Legge sui media, e in particolare alla disposizione che proibisce pubblicazione delle informazioni e delle opinioni che favoriscono la discriminazione, l’odio oppure la violenza contro le persone a causa della loro appartenenza a una razza, religione oppure a una nazione. In più la legge sostiene che gli autori devono essere responsabili per i contenuti che offendono l’onore e l’integrità dell’individuo, e che i media devono pubblicare le informazioni nel rispetto della Costituzione, della Legge e delle regole etiche della professione giornalistica.

Nella sua intervista per l’agenzia MINA il capo redattore di "Monitor" Esad Kocan sostiene che il suo settimanale non ha violato la Legge, e neanche gli standard professionali molto più vincolanti: "In qualsiasi codice sta scritto che il giornalista è responsabile, non solo per quello che scrive, ma anche per quello su cui tace".

All’agenzia MINA anche Andrei Nikolaidis dichiara: "Kusturica ha dei problemi con la propria coscienza, e questo problema non può essere risolto con i soldi che vuole prendere facendo causa. Fare causa a Monitor, giornale che in tutti questi anni è stato dalla parte delle minoranze e che ha contribuito in modo significativo alla democratizzazione della società montenegrina, è una cosa a cui ancora non riesco a credere".

Kocan spiega che "Monitor" non si è occupato dei sentimenti intimi di Kusturica, che riguardano la sua appartenenza religiosa, ma soltanto del suo contesto in quanto personaggio pubblico e intellettuale. Nell’intervista sul "Figaro" Kusturica, originario di una famiglia musulmana di Sarajevo, si definisce serbo ortodosso per sentimento e appartenenza culturale.

Secondo Kocan i media, per quanto riguarda i personaggi pubblici, hanno il dovere di spiegare il contesto storico delle loro mosse, e soltanto tramite un dialogo pubblico si può verificare la responsabilità morale degli intellettuali per i massacri avvenuti in questi luoghi.

"Kusturica ha sfruttato il fatto di essere un personaggio pubblico e famoso per influenzare le masse, esponendo pubblicamente le sue opinioni che non riguardavano la sua professione. E ora si aspetta da un giornale come Monitor – il cui compito principale consiste nella valutazione dei comportamenti dei vari intellettuali e della loro responsabilità nella guerra e nei crimini avvenuti – taccia", dice Esad Kocan e aggiunge: "Se dovesse essere emessa una sentenza contro Monitor questo significherebbe che il Montenegro non ha bisogno del giornalismo, ma soltanto di prendere nota su ciò che dicono i grandi e i potenti. Se dovessimo evitare questi argomenti significherebbe che il concetto di Kusturica, secondo il quale ‘la morale è una cosa relativa’, ha vinto".

Tuttavia, Esad Kocan considera che a causa di questo processo, anche senza una condanna, verrà creata una pressione psicologica sugli altri media che esiteranno a toccare certi argomenti, considerati ancora un terreno pericoloso.

(Fonti: settimanale bosniaco Dani, settimanale montenegrino Monitor, agenzia giornalistica MINA, Radio Slobodna Evropa)

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