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Il caos dei media serbi

Un giornalismo promettente quello serbo, ma afflitto da povertà, mancanza di professionalità e da conflitti politici. La mancata applicazione della legge sulla radiodiffusione, la contesa sulla privatizzazione dei media elettronici, sono i nodi principali dell’attuale caos in cui si trova l’intero settore

25/08/2005, Jelena Bjelica - Belgrado

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Il giornalismo in Serbia, e con esso gli stessi media, dopo lunghi decenni di regime totalitario, iniziano oggi la loro rinascita. Durante il periodo del comunismo, nell’ex Jugoslavia, e in Serbia, il regime adottava una semplice politica per l’informazione dell’opinione pubblica "una fonte (ufficiale) – una verità". Atteggiamento che ha aiutato molto a rendere questa professione insoddisfacente e a far perdere il passo con gli standard internazionali.

Con la comparsa dei media indipendenti e privati all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso nasceva la speranza che non tutto fosse perduto e trasformato nella macchina del regime autoritario nazionalista di Milosevic. Il fatto che i media indipendenti della Serbia siano sopravissuti durante gli ultimi dieci anni del secolo scorso è certamente un’esperienza meritevole, ma non era certo una situazione normale per i media.

I Balcani, la Serbia e gli altri paesi della regione a causa delle guerre di quel periodo, sono stati più la meta temporanea di famosi giornalisti internazionali, che il luogo della loro nascita. Ad ogni modo, in Serbia i media indipendenti in grande misura hanno avuto il pregio di creare l’atmosfera favorevole ai cambiamenti politici.

Cinque anni dopo i cambiamenti del 5 ottobre, la situazione dei media in Serbia sembra incagliata in un paradosso: come combinare il desiderio dei media di affrancarsi dall’indesiderato controllo statale, con il necessario livello di responsabilità politica?

"Da un punto di vista generale ci sono troppi media, e poca professionalità: molta politicizzazione. Ciò riguarda in eguale misura sia i media della carta stampata che quelli elettronici, sia quelli statali che quelli privati. Ci sono troppi commenti, in forma libera e blanda, ed una insufficiente qualità d’informazione, sottoposta a verifica con diverse fonti. Ciò vale per tutti gli ambiti, anche dello sport", spiega Jelka Jovanovic, membro del Tribunale d’onore dell’Associazione dei giornalisti indipendenti della Serbia (NUNS) e giornalista del quotidiano "Danas".

I media elettronici

La Legge sulla radiodiffusione fu adottata nel 2002 al tempo del governo Djindjic. Con questa legge è prevista la creazione di un Consiglio per la radiodiffusione che deve occuparsi di distribuire le frequenze ai media elettronici e in qualche modo di controllarne il lavoro. Il primo tentativo di formare il Consiglio per la radiodiffusione risale all’aprile 2003, ma ben presto l’organismo fu sospeso per disaccordi sulla scelta dei suoi membri.

Solo un anno fa, il governo di Vojislav Kostunica adottò in fretta gli emendamenti alla legge sulla radiodiffusione, che si riferivano perlopiù alla scelta dei membri del Consiglio. Quel gesto suscitò una bufera di reazioni da parte di svariate associazioni di categoria. "Oltre a tutti i tentativi e alle iniziative, così come alle dichiarate intenzioni dei rappresentanti del governo che i problemi riguardanti i media sarebbero stati risolti in fretta… ai media è impedito di accedere al mercato, sia per la normativa di legge, sia per la presenza di oltre 1500 radio e televisioni, delle quali la maggior parte sono state aperte dopo l’adozione della moratoria dell’ex Ministero federale delle telecomunicazioni nell’ottobre 2000. L’Agenzia per le telecomunicazioni non è ancora stata formata, benché la Legge sia entrata in vigore più di un anno fa. Il processo di privatizzazione delle aziende pubbliche non è nemmeno iniziato perché non esiste una decisione in merito. Il governo non fornisce direttive per la privatizzazione, nonostante i termini siano previsti dalla Legge sulla radiodiffusione. Non sono state nemmeno regolate le numerose questioni riguardanti il funzionamento del servizio pubblico. La proposta di modifica della Legge sulla radiodiffusione, che il governo ha portato al parlamento per l’approvazione, evita questo problema, soddisfacendo un mero cambiamento di facciata – si cambiano gli individui autorizzati a proporre i membri del Consiglio, che adesso viene eseguito dalla commissione del parlamento anziché dal solo parlamento e dai due governi, quelle repubblicano e quello provinciale – mentre la stessa struttura che ha sollevato il problema rimane immutata". Così è scritto sul comunicato dell’ANEM, NUNS (associazioni di categoria) e Medija Centar del luglio 2004.

Ad oggi sembra che la storia sulla radiodiffusione non sia ancora giunta al termine. Infatti, la scorsa settimana il ministro per la cultura, Dragan Kojadinovic, ha dichiarato che il governo ha proposto dei nuovi cambiamenti e aggiunte alla legge sulla radiodiffusione, al fine di renderne possibile l’applicazione e sistemare questo settore, in cui regna un caos insostenibile.

Kojadinovic durante la tavola rotonda dell’Associazione dei giornalisti della Serbia (UNS) ha detto che il governo ha dovuto accogliere l’iniziativa per modificare la legge, perché la legge attuale nella sua integrità, o in molti punti, non viene applicata. Secondo le parole del ministro, le modifiche renderanno possibile l’applicazione della legge, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione delle frequenze, ossia la pubblicazione dei concorsi, e molte altre questioni che non sono proprio chiare, come la privatizzazione delle stazioni radio e televisive. Kojadinovic ha annunciato che verrà spostato il termine ultimo per la privatizzazione dei media e ha detto che fino ad ora non c’è stato un reale interesse per la privatizzazione delle stazioni radio e tv. Nessun acquirente serio "è pronto a comprare a scatola chiusa", perché non si sa se verranno mantenute le frequenze esistenti, ha aggiunto il ministro.

Secondo Kojadinovic "La principale mancanza della legge attuale è che non è stata fatta una sostanziale differenza tra il servizio pubblico e le televisioni commerciali". Il ministro ha detto che l’intento della modifica di legge era di "mantenere il più alto numero di emittenti, nonostante non ci siano i soldi nemmeno per un terzo".

Accennando al fatto che solo dopo poco meno di un anno dalle ultime modifiche di legge se ne propongano di nuove, per procedura accelerata e senza una pubblica consultazione, il presidente del NUNS Nebojsa Bugarinovic considera che la questione di gran lunga più contesa sia proprio il prolungamento del termine per la privatizzazione dei media elettronici dalla primavera 2006 alla fine del 2008.

Su questo argomento si è fatto sentire Il presidente della Commissione per l’informazione del parlamento della Vojvodina Oto Bus, il quale è intervenuto per l’abbreviazione del termine proposto per la privatizzazione dei media elettronici – 31 dicembre 2008, dal momento che prima della privatizzazione andrebbe condotto il procedimento per la distribuzione delle frequenze. Bus si è impegnato inoltre per difendere gli interessi delle comunità nazionali in merito all’informazione in lingua madre.

Non proprio d’accordo è Dragan Bosiljkic, incaricato per la privatizzazione dei media presso l’Agenzia per le privatizzazioni. Bosiljkic sostiene che la privatizzazione potrebbe essere portata a termine entro la fine dell’anno, ma che i singoli comuni ostruiscono la privatizzazione dei media e che la soluzione migliore è che i media elettronici siano privatizzati prima della distribuzione delle frequenze. Bosiljkic ha dichiarato che l’identificazione dei media che dovranno essere privatizzati è in corso, e il loro numero sarà di circa 150, dei quali 120 elettronici e 30 della carta stampata.

Annunciando che le proposte di modifica di legge forse entreranno nella procedura parlamentare già entro la fine di agosto, il presidente dell’UNS, Nino Brajovic, ha accolto con favore l’introduzione degli abbonamenti per la Radiotelevisione serba (RTS), perché questo è il modo corretto per il proseguimento della trasformazione della tv nazionale, ossia del futuro servizio pubblico.

Dal canto suo il direttore della Radio-televisione di Belgrado, Aleksandar Avramovic afferma che le modifiche sono necessarie, sostenendo che "la legge sulla radiodiffusione ha portato l’RTS alla bancarotta", e che nel 2003 per la tv nazionale dal budget sono stati accantonati 50.3 milioni di euro, lo scorso anno 10 milioni di euro in meno, e quest’anno solo 20 milioni di euro.

Mentre secondo il membro del Consiglio di amministrazione dell’ANEM (Associazione media elettronici indipendenti), Sasa Mirkovic gli emendamenti proposti sono artificiosi e non necessari, perché l’attuale legge può già essere applicata, e il Consiglio per la radiodiffusione funzionare.

I media della carta stampata

Nel 2002 in Serbia, secondo una ricerca condotta dall’IREX, sono stati contati 15 quotidiani con una tiratura complessiva di 750.000 copie vendute quotidianamente. Questa quantità di giornali però non è garanzia di buon giornalismo e di professionalità.

"È evidente che in tutti i media, statali e privati, lavorano perlopiù persone non sufficientemente istruite. Per quanto possa essere buono cambiare il luogo di lavoro, e quindi anche la professione, credo che ci sia un eccesso di flessibilità. Si tratta, da un lato, della mancanza di veri e propri quadri qualificati; ma dall’altro lato si tratta di povertà, infatti non di rado in certi giornali o media elettronici la gente lavora per mesi senza stipendio, e poi se ne va. Tutto ciò condiziona il loro impegno, ma anche le loro ambizioni professionali. Non di rado anche gli sponsor determinano i programmi, nel caso della radiotelevisione, o impongono i temi ai giornalisti. In generale, il giornalismo serbo soffre di povertà", così spiega Jelka Jovanovic, membro del Tribunale d’onore del NUNS, la situazione dei media in Serbia e il rapporto coi principi professionali di libertà e indipendenza del giornalismo.

Jovanovic afferma che in Serbia si possono creare media migliori solo quando sarà noto il loro valore preciso. "Quando il lavoro giornalistico sarà pagato secondo un tariffario adeguato si potrà parlare delle pre-condizioni per i media di migliore qualità".

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