I Serbi lasciano Presevo
In netta inferiorità numerica rispetto agli Albanesi e con poche speranze di nuovi posti di lavoro, i Serbi stanno rapidamente abbandonando questa remota area al confine con il Kosovo. Un "tranquillo" processo di separazione etnica. Nostra traduzione
Di Ivica Stepanovic*, Presevo, per Balkan Insight No.9, 17 novembre 2005, BIRN (Tit. or.: "Serbs sell up in Presevo")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
Presevo, Serbia e Montenegro – Bojan Milovanovic, 28 anni, Serbo di Presevo, giocherella nervosamente con un pacchetto di sigarette. "Qui non ci sono molte possibilità di vita per i Serbi come noi", dice. "Non vedo l’ora di chiudere l’attività e lasciare Presevo".
Bojan è cameriere in un ristorante nel quartiere della stazione ferroviaria di questa piccola cittadina della Serbia meridionale.
Anche se stando alle cartine geografiche Presevo appartiene alla Serbia, questa è una città particolare perché la stragrande maggioranza dei residenti sono Albanesi, che si sentono idealmente vicini e solidali con i connazionali Albanesi del vicino Kosovo.
Mentre il Kosovo si dirige, in apparenza inarrestabilmente, verso l’indipendenza, la piccola comunità serba di Presevo si sente assediata e preoccupata.
Oggi rimangono solo 3.200 Serbi tra 34.000 Albanesi in questa remota municipalità, che è sempre rimasta tagliata fuori – letteralmente ed etnicamente – dai principali centri della Serbia.
La maggior parte dei Serbi del posto sognano di vendere velocemente proprietà e attività e di spostarsi nella Serbia centrale. Molti hanno già messo fuori cartelli di "Vendesi". "Ben presto – dice Bojan – non ci sarà più un bar in cui andare a prendere un caffé, né qualcuno con cui berlo".
Le ragioni dell’esodo sono sia economiche che politiche. I Serbi temono per il loro futuro nel lungo periodo in quest’area di confine, ma sanno anche che possono spuntare dei buoni prezzi per le loro proprietà immobiliari.
Gli Albanesi, affamati di terreni, pagano da 700 a 1.000 euro per metro quadro, un prezzo molto superiore a quelli della maggior parte della Serbia, cosicché i Serbi che se ne vanno da Presevo si possono permettere case da sogno nei sobborghi di Belgrado o nella Serbia centrale.
I Serbi danno la colpa del loro esodo a molti fattori, inclusi il sottosviluppo dell’area e il consiglio comunale, che è in mano agli Albanesi e che, essi sostengono, ha comportamenti discriminatori. Essi affermano anche di non avere ricevuto alcun aiuto dal governo serbo.
I più concordano che l’emigrazione va avanti da decenni e che a partire dagli anni ’50 circa 11.200 Serbi se ne sono andati, diretti soprattutto verso la Serbia centrale, benché anche circa 6.000 Albanesi se ne siano andati, soprattutto diretti ad ovest.
Ma il recente conflitto in Kosovo e il crescente desiderio degli Albanesi locali di vedere la regione unirsi ad un Kosovo indipendente hanno accelerato questa tendenza. Rispetto al 2000, il numero di negozi e di case in centro città di proprietà di Serbi è sceso da circa un centinaio a non più di 20.
La città è attualmente divisa di fatto in due settori, con i Serbi ammassati nell’area della stazione ferroviaria, che è al margine di Presevo – eccetto circa 250 che sono rimasti in città.
I Serbi sentono che la loro situazione è senza speranza. La vecchia economia socialista, in cui ad ognuno era garantito un posto di lavoro, è collassata e gli insediamenti Serbi hanno ora un’aria di abbandono. Non c’è a livello locale un dialogo tra le etnìe e i Serbi si sentono tagliati fuori anche dal governo locale.
Molti incolpano le autorità locali, albanesi, di avere limitato le possibilità di sviluppo dell’area e di aver estromesso i Serbi dai posti di lavoro. Nenad Manic, presidente locale del Partito Democratico, dice che benché la situazione della sicurezza sia stabile, i Serbi continuano ad emigrare.
"I Serbi un tempo partecipavano ai lavori delle autorità locali" dice, "ma a partire da luglio è stato formato un consiglio comunale di soli Albanesi, e a cui nessun serbo prende parte, neppure simbolicamente".
Stojadin Ivanovic, presidente del Movimento di Rinnovamento Serbo (SPO) di Presevo, si dice d’accordo. La minoranza serba non ha speranze di trovare impiego nel governo locale né nell’industria locale, sostiene.
Ivanovic vorrebbe che la comunità internazionale premesse sui politici locali albanesi perché trattino la popolazione locale con equità.
Ragmi Mustafa, membro del rigido Partito Democratico degli Albanesi, e presidente dell’assemblea locale di Presevo, dice che non ci sono speciali discriminazioni contro i Serbi. Presevo è semplicemente un’area sottosviluppata, egli sostiene, in cui nessuna delle comunità ha di fronte a sé grandi opportunità.
Ma Branislav Jovanovic è tra quei Serbi che insistono nel dire che questo non è il quadro completo della situazione. Negoziante ed imprenditore locale, dice di aver dovuto affrontare ostacoli senza fine posti dalle autorità locali al proprio lavoro.
Jovanovic dice che i problemi, che egli ricollega alla sua appartenenza etnica, sono stati continui da quando ha iniziato ad espandere la sua attività commerciale nel centro di Presevo.
Dapprima andò tutto bene, e ottenne dal municipio i permessi edilizi. Ma poi, racconta, "ho iniziato a sentire la gente che diceva: ‘Che è questo, è un Serbo che sta costruendo?’"
Ricevette dal municipio un’ingiunzione a fermare i lavori di costruzione e da quel momento è in disputa legale con le autorità municipali, che sostengono che i documenti non sono sufficienti a permettergli di costruire.
"Mi stanno contestando di aver fatto una cosa per cui io credevo di avere ottenuto tutti i permessi, mentre tutti gli Albanesi qui intorno continuano a costruire grandi case senza avere nessun permesso", dice.
Jovanovic aggiunge che l’azione legale intentata contro di lui dal consiglio municipale ha scoraggiato altri imprenditori serbi che pensavano di rimanere in città e rimodernare i propri immobili.
"Vedendo quello che è capitato a me, si sono ricreduti sul fare alcunché", ha detto.
Jovanovic nel frattempo ha scritto al presidente della Serbia, Boris Tadic, e al primo ministro, Vojislav Kostunica – ma inutilmente. "Non ho mai ricevuto una risposta, e questo è doloroso. Chi mi aiuterà allora?" ha chiesto.
Sia che i Serbi locali siano vittime di una deliberata discriminazione, o che non lo siano, sta di fatto che la loro posizione di minoranza nella regione li condanna virtualmente alla marginalizzazione economica.
Per tradizione, gli Albanesi commerciano tra di loro, dice Bojan Markovic, un insegnante di inglese che lavora anche con le api, producendo miele.
"Perché un Serbo sia competitivo, dovrebbe fare un lavoro che gli Albanesi non fanno, il che è impossibile", ha detto Markovic.
Anche se Presevo è rimasta immune da aperti conflitti etnici, entrambe le comunità trovano più facile vivere e lavorare separatamente.
Nessuno in questa città si aspetta ora che il tranquillo processo di separazione etnica si fermi. Al contrario, sembra avviarsi verso il suo naturale completamento.
*Ivica Stepanovic lavora come giornalista nella programmazione in lingua serba per la stazione radiotelevisiva RTV di Presevo. È anche corrispondente per la BBC nella Serbia meridionale
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