I militari turchi e l’Europa
Un intervento del prof. Ihsan Dagi, della Facoltà di Relazioni Internazionali alla Middle East Technical University di Ankara, apparso sulle pagine del quotidiano Radikal di sabato scorso. Al centro del ragionamento il contraddittorio atteggiamento delle forze armate turche nei confronti della UE. Nostra traduzione
Di: Ihsan Dagi, Radikal, 14 gennaio 2006 (tit. or.: "Un dibattito utile e difficile")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Negli ultimi giorni ha preso il via un salutare dibattito sull’atteggiamento delle forze armate rispetto al progetto di adesione all’Unione Europea. L’opinione prevalente sembra essere quella secondo cui le forze armate sosterrebbero l’obbiettivo dell’adesione e le riforme che in questa prospettiva sono richieste al paese. Questa posizione è il frutto di una reale convinzione o è piuttosto dettata dalla necessità, magari per poter continuare sulla strada dell’adesione salvaguardando però "le condizioni particolari della Turchia"? Nessuna delle due cose. Se pensassimo in questo modo del resto non solo metteremmo in forse l’adesione della Turchia ma soprattutto ci allontaneremmo dall’obbiettivo di portare il potere dei militari sotto il controllo dell’autorità civile. Ipotizzare che i militari siano in possesso di un potere di veto rispetto all’adesione alla UE non rende un buon servizio nè ad una Turchia democratica nè ad una Turchia membro dell’Unione Europea. Un’ipotesi di questo genere non fa altro che aumentare i timori di coloro che desiderano vedere la Turchia dentro l’Unione Europea.
Il sostegno delle forze armate al progetto europeo non si fonda su di una reale persuasione. Come potremmo altrimenti spiegare l’atteggiamento dei generali che, riferendosi alla UE, ripetono che spaccherà il paese oppure che le riforme legislative indeboliscono l’autorità dello stato? Quanti generali ricordate che, dopo essere andati in pensione, parlando della UE dopo aver ribadito il loro sostegno non hanno fatto riferimento anche alle sue "cattive intenzioni"?
Negli archivi dei giornali e delle librerie si possono trovare i commenti pieni di timore e preoccupazione rispetto ai passi che si compiono nel processo di adesione alla UE (ad esempio il sostegno al piano Annan a Cipro). Ci sono secondo voi militari che non credono alle analisi strategiche secondo cui senza Cipro del Nord la Turchia sarebbe indifesa?
Il dopo Helsinki
Passiamo ora al periodo successivo al vertice di Helsinki del 1999 (quando fu ufficialmente accettata la candidatura turca all’adesione alla UE, ndt), quando la questione europea si è fatta seria. Ricordate i commenti del generale Nahit Senogul, comandante dell’Accademia di Guerra? Dopo aver detto che la decisione del vertice gli aveva fatto piacere, ha aggiunto: "Ma soprattutto ha fatto piacere alla Grecia, ai greci di Cipro, ai terroristi separatisti, a quelli che vogliono abbattere la repubblica laica". Ancora Senogul: "I desideri dei terroristi separatisti e quelli dell’Unione coincidono". Dopo queste dichiarazioni è possibile sostenere che si appoggia il progetto della UE? E la risposta del generale in pensione Suat Ilhan alla domanda: "Perchè no all’Europa?", è stata: "Una persona non può essere allo stesso tempo favorevole alla UE ed Ataturkista. L’adesione alla UE e l’Ataturkismo non solo non coincidono ma sono fra loro in contrasto".
E’ necessario ancora ricordare il famoso discorso dell’ex comandante dell’MGK (Consiglio di Sicurezza Nazionale), generale Tuncer Kilic, che consigliava alla Turchia di rivolgersi alla Russia o all’Iran? Sarebbe possibile continuare ancora a lungo con questi esempi ma mi limiterò a fornirne uno molto recente.
Il progetto di adesione alla UE può andare avanti senza l’appoggio delle forze armate?
Non fuggiamo da questa questione fondamentale. La risposta è sì, il progetto va avanti, anzi sta andando avanti. Il progetto della UE non è più un progetto, una politica di stato. La fase post Helsinki non avanza perchè le élites di stato sono giunte ad un compromesso, al contrario va avanti nonostante la loro resistenza. E questo perchè dopo Helsinki l’adesione alla UE si è trasformata in un progetto sociale. I timori delle élites rispetto alla UE, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, fanno crescere l’appoggio dell’opinione pubblica. Per queste ragioni nella marcia di avvicinamento verso la UE, le élites di stato e i militari non occupano una posizione chiave. Al contrario, una delle ragioni del grande sostegno sociale al progetto UE è la volontà di mettere fine ad una struttura politica in cui le élites prendono decisioni in nome e per il popolo nonostante il popolo.
Le forze armate non sono un’istituzione che può prendere decisioni rispetto alla UE. Non hanno questo potere. Agire e parlare come se avessero questo potere significa considerare l’esercito come una forza politica autonoma, dentro e al di sopra della politica. Le forze armate non sono un attore politico. Il loro compito è quello di prepararsi a difendere il paese nel modo più efficace. Le decisioni rispetto alla UE non sono prese dai militari ma dalla società e dai suoi rappresentanti politici. Attribuire alle forze armate il potere di veto significa ritornare punto e a capo. Non volevamo, con l’adesione alla UE, mettere fine alla "democrazia in stato di eccezione"? Certo, questo tipo di soluzione è ancora possibile, ma con questa idea di democrazia l’adesione alla UE è impensabile.
Se l’adesione della Turchia si regge su di un compromesso sociale, questo significa che non è necessaria l’approvazione della burocrazia. Di più, chi porterà sulle spalle il peso di questa fase di transizione non è la burocrazia civile e militare ma la società ed i suoi rappresentanti politici.
E’ certo difficile esprimere valutazioni sui progressi registrati in questa fase senza fare i conti con una verità, quella per cui le forze armate non vedono e non vedranno di buon occhio le trasformazioni rese necessarie dal progetto europeo.
E’ comprensibile che le forze armate si oppongano al progetto UE. Considerando le modalità di organizzazione, la formazione, gli aspetti storici e politici, il fatto che le forze armate abbiano un’attitudine conservatrice non ha niente di sorprendente. In tutto il mondo le forze armate sono conservatrici. Quello che stupisce è invece vedere che esistono tutta una serie di attori sociali che continuano ancora a considerare le forze armate come una forza modernizzatrice e progressista, facendo riferimento a schemi che appartengono al 19° secolo.
Il dibattito attuale che cerca di trascinare di nuovo in trincea le forze armate, in un spazio politico che avevano abbandonato e che tenta di restituire ai militari un ruolo politico autonomo, rischia di allontanare la Turchia dall’Europa e di contribuire a ricostruire in Occidente una certa immagine delle nostre forze armate.
Kivrikoglu 2005
Esiste qualcuno di più indicato del capo di stato maggiore per riflettere il punto di vista interno alle forze armate? Diamo un’occhiata a quanto diceva nello scorso dicembre l’ex capo di stato maggiore Kivrikoglu al quotidiano Milliyet: "Le forze armate turche non sono mai state contrarie all’obbiettivo dell’adesione all’Unione Europea… Quello che noi sottolineavamo è il fatto che in questo processo di adesione non fosse messa in discussione l’unità indivisibile del paese… A questo proposito l’Europa deve essere leale… Non deve applicare due pesi e due misure… L’Ue pone alla Turchia delle condizioni che non sono previste per gli altri paesi candidati… Nonostante questo i problemi che avevamo sottolineato allora, si sono poi presentati… A volte si ha l’impressione che l’UE dia degli ordini e la Turchia li esegua… L’allora ministro degli esteri Ismail Cem diceva che se le condizioni poste dalla UE fossero state inique avremmo potuto trattare ma in seguito si è visto che non c’è stata nessuna trattativa. Si accetta qualunque cosa si dica, ho l’impressione che la Turchia faccia sempre concessioni. Attualmente le forze armate turche e le altre forze di sicurezza hanno le mani legate… Non possono reagire. E’ l’UE al contrario ad agire, lo fa anche nei confronti del nostro sistema giuridico, prende posizione nei procedimenti penali, come è accaduto nel processo Pamuk. Al contrario non è intervenuta nel processo contro il rettore Askin (rettore dell’Università di Van recentemente arrestato sotto gli occhi delle telecamere ed accusato di diversi reati amministrativi. Accuse che secondo molti ambienti sarebbero strumentali e nasconderebbero il desiderio del potere politico di sbarazzarsi di un difensore della laicità, ndt). Perchè l’Europa intervenga ci deve essere una questione che riguarda gli armeni o i curdi… La cosa più importante è il sostegno al nazionalismo curdo, lo appoggia costantemente… Questa fase deve essere gestita molto attentamente e con molto equilibrio. La Turchia non deve dare l’immagine di un paese pronto a fare qualunque cosa gli si chieda, perchè in questo modo le richieste non finiranno mai. Dopo una richiesta ne verrà un’altra… Questo significa lo smembramento del paese…".
E’ importante fare alcune considerazioni alla luce di queste dichiarazioni. E’ sinceramente possibile pensare che una persona o un’istituzione che ha posizioni del genere sui rapporti tra la Turchia e l’UE possa appoggiare il processo di adesione? Le forze armate non possono essere al fianco di un’Europa che minaccerebbe di smembrare il paese utilizzando le rivendicazioni armene o curde. La vera domanda a cui trovare una risposta è perchè le forze armate hanno questa percezione delle relazioni turco-europee. Non è certo possibile sostenere che essa coincida con lo spirito dell’Unione Europea. Kivrikoglu dice un’altra cosa: "Un’istituzione che da 150 anni guida la modernizzazione del paese non si opporrà all’adesione turca". Questo è vero, perchè l’adesione alla UE toglierà di mezzo "il diritto di governare" che alle forze armate deriva da questo ruolo modernizzatore. E’ questa una delle ragioni che provocano la mancanza di chiarezza delle forze armate turche in materia di Unione Europea.
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