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Ergastolo al numero due dell’Emirato del Caucaso

Ali Taziev, uno dei dirigenti dell’organizzazione politico-militare denominata Emirato del Caucaso, è stato condannato all’ergastolo. Una ricostruzione della recente cronaca che lo ha visto responsabile di oltre 24 attentati

25/10/2013, Giovanni Bensi -

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Una sentenza che conferma le tensioni e che fa molto discutere nelle regioni meridionali europee dell’ex URSS. Il tribunale militare distrettuale del Nord-Caucaso a Rostov-na-Donu (Russia meridionale) il 15 ottobre scorso ha condannato all’ergastolo, da scontare in una colonia a “regime severo”, Ali Taziev, noto anche con il soprannome di “Magas” (dal nome della nuova capitale dell’Inguscezia), uno dei dirigenti dell’organizzazione politico-militare (“terroristica” per i russi) denominata “Imarat Kavkaz” (“Emirato del Caucaso”).

Taziev è uno dei più stretti collaboratori di Doku Umarov , ultimo presidente dell’Ičkeria (Cecenia secessionista) e capo dello stesso “Emirato”. Dopo Umarov, affermano i russi, Taziev è il “secondo terrorista” più pericoloso della regione.

A Taziev contestati atti terroristici in tutto il Nord-Caucaso

La sentenza è stata emessa da una “trojka”, un collegio composto da tre giudici, il quale ha accolto le richieste della procura. L’avvocato di Taziev, Sergej Loginov, ha presentato ricorso contro la sentenza. Durante le udienze sono state prese eccezionali misure di sicurezza: i partecipanti al processo, compresi giudici e procuratori, sono stati sottoposti a misure speciali di protezione, mentre la sede del tribunale era circondata da truppe dell’OMON (reparti antisommossa).

A Taziev è stata contestata tutta una serie di reati che vanno dalla “costituzione di una formazione armata illegale” all’”insurrezione armata”, al “banditismo”, al “terrorismo”. Egli sarebbe implicato in oltre 24 attentati.

Ali Taziev è stato arrestato, insieme ad altri 13 guerriglieri, in maggioranza già condannati, nel corso di un rastrellamento dell’FSB (Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa) nella città inguscia di Malgobek nel giugno 2010. I materiali dell’istruttoria penale riempiono ben 440 fascicoli. Nel corso del processo sono state ascoltate 991 parti lese e 400 testimoni, compreso il presidente dell’Inguscezia, Yunus-Bek Yevkurov, anch’egli vittima di in attentato di Taziev.

Caucaso del nord

“Magas” ha compiuto atti terroristici praticamente in tutto il Nord-Caucaso: quelli più gravi sono l’organizzazione di un assalto di guerriglieri a Nazran, ex capitale dell’Inguscezia, nel giugno 2004, nel corso del quale morirono circa 100 persone, per la maggior parte agenti delle forze di polizia. Si trattò di un vero e proprio atto di guerra. Altre “imprese” attribuite al condannato sono state l’esplosione di una bomba a bordo di un autobus a Nevinnomyssk (regione di Stavropol), che provocò tre vittime, la partecipazione ad un attentato, nel 2009 contro Yunus-Bek Yevkurov, che fu gravemente ferito (rimasero uccise le sue guardie del corpo) ed un attentato con autobomba del 17 agosto 2009 contro il ROVD (comando distrettuale di polizia) di Nazran che lasciò sul terreno 25 morti.

L’Emirato del Caucaso

Nel corso del processo Taziev non ha riconosciuto la propria colpa per la maggioranza dei reati contestatigli. Prendendo la parola prima della sentenza egli si è limitato ad ammettere di “aver fatto parte di una banda armata e di aver portato con sé un’arma, una pistola” ma ha sottolineato di non aver niente a che fare con le azioni terroristiche”.

L’attività di Taziev si è svolta sullo sfondo dell’Emirato del Caucaso, un’entità “virtuale” che in prospettiva dovrebbe, attraverso la lotta armata delle popolazioni musulmane del Nord-Caucaso, arrivare alla costituzione di uno stato islamico indipendente sul territorio di tutte le repubbliche della regione, dall’Adygheja al Daghestan. Questo stato dovrebbe avere un carattere “shariatico” cioè essere fondato sulla “shari’ah”, il codice di leggi fondamentale dell’islam.

L’Emirato del Caucaso è stato proclamato il 7 ottobre 2007 da Doku Umarov, che decretò anche la trasformazione della Cecenia in “vilayat Nochčičo” (“provincia cecena”) nell’ambito dell’Emirato. Ma anche fra gli stessi guerriglieri non c’è accordo sul modo di delimitare i confini dei vari “vilayat”. Molti considerano illegittime le frontiere attuali, risalenti al periodo sovietico, ed altri non sono d’accordo a quale titolo nell’Emirato dovrebbe rientrare la Nord-Ossezia dove i musulmani, unico caso nel Nord-Caucaso, sono in minoranza. Gli zelatori dell’Emirato affermano che la Nord-Ossezia potrebbe entrare nell’Emirato del Caucaso come parte dell’Inguscezia (“vilayat GIalgIajče” secondo la terminologia degli “imaratisti”) con la designazione “Inguscezia occidentale”.

I mujahidin e la geopolitica

Nel maggio 2009 Umarov ha istituito un organo supremo, denominato “Majlis ush-Shurah” (“Assemblea Consultiva”) che lo assiste nella sua attività di “governo”. Come risulta dai documenti dell’indagine giudiziaria, Umarov meditava di nominare Taziev suo successore. Dopo la conclusione di fatto della guerra in Cecenia, regione ora governata da Ramzan Kadyrov, tutto l’apparato posto in essere da Umarov esiste solo a livello di clandestinità armata. Praticamente tutti gli attentati nel Nord-Caucaso avvengono in nome dell’Emirato che avrebbe a propria disposizione non meno di 1.500 combattenti.

Questi fatti dimostrano che la situazione nel Nord-Caucaso, ormai teatro principale delle attività dei guerriglieri (identificati dai leader della clandestinità come “mujahidin” “combattenti del jihad”) rappresentano sempre più, sia per la regione che per la Russia nel suo insieme, un problema geopolitico. I guerriglieri nord-caucasici infatti mantengono relazioni, che vanno dall’appoggio propagandistico alla fornitura di denaro e armi, con gruppi islamisti che, in seguito alle guerre in Iraq e Siria e ai disordini nei territori palestinesi, rafforzano la loro presenza in Medio Oriente.

La Russia è combattuta fra  l’impulso a liquidare materialmente i guerriglieri (come sta avvenendo in Daghestan con le continue “operazioni speciali”) e il tentativo di ammansirli con concessioni “controllate” all’islam radicale, come avviene in Cecenia con Ramzan Kadyrov. Nessuna delle due vie sembra essere particolarmente fruttuosa. Sta però di fatto che il potere nel Nord-Caucaso ricorre sempre più spesso a misure repressive che, insieme con il terrorismo dei guerriglieri, mantengono la regione in un costante stato di guerra latente. E, specialmente con il possibile aggravamento delle crisi mediorientali, questa situazione potrebbe diventare assai rischiosa.

Naturalmente i guerriglieri nord-caucasici, nei loro siti in rete, hanno reagito alla condanna del loro “amir” Ali Taziev, presentandolo come un patriota caucasico ingiustamente perseguitato dai “kafir” (“infedeli”, cioè i russi) e dai “murtadd” (“apostati”, cioè i musulmani locali che appoggiano il potere). Le fonti della clandestinità sostengono che nel 2011 i militari russi hanno fatto saltare in aria due case appartenenti alle sorelle di Taziev. Il fratello maggiore di “Magas”, Aschab Taziev, ha raccontato che il 3 marzo di quell’anno agenti dei servizi speciali russi si sono presentati armati di tutto punto nell’abitazione dei Taziev nel villaggio di Nasyr-Kort, alla periferia di Nazran, in via Južnaja 35 ed hanno distrutto con la dinamite “fino alle fondamenta” l’abitazione nella quale vivevano la sorella di “Magas”, Zareta Tazieva, suo fratello Adam con la moglie ed i loro cinque figli.

L’FSB a sua volta aveva giustificato questa operazione affermando che nella casa dei Taziev era stato “scoperto” un ordigno esplosivo che “era impossibile disinnescare e perciò lo si dovette far brillare”. A sua volta Zareta Tazieva ha espresso l’opinione che l’abbattimento della sua casa sia stata un’azione intimidatoria. “Crediamo – ha detto – che siano stati i servizi speciali. Essi hanno fatto finta che l’ordigno esplosivo fosse già nascosto nella nostra casa. È stata un’azione intimidatoria, per spaventare anche gli altri”, ha concluso Zareta Tazieva. E così va avanti il Nord-Caucaso, sempre sull’orlo di una guerra che, se scoppiasse, sarebbe probabilmente più dura di quelle cecene.

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