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Energia pulita? Non proprio

Energia pulita? Per gli ambientalisti bulgari non lo sarebbe per nulla. Proteste contro la costruzione di una serie di piccole centrali idroelettriche lungo il corso del fiume Iskar, nei pressi della capitale Sofia. A costruirle un’azienda italiana, che ne dovrebbe curare anche la gestione

26/08/2005, Tanya Mangalakova -

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Nove piccole centrali idroelettriche sul fiume Iskar tra la città di Svoghe e quella di Eliseyna, nei pressi della capitale Sofia. Il progetto, la cui valutazione d’impatto ambientale ha già ottenuto esito positivo da parte delle autorità bulgare, è stato presentato alla cittadinanza di Svoghe nel dicembre scorso.

Queste piccole centrali elettriche fanno parte del progetto "Iskar centrale" che ne prevede la costruzione di 46, accompagnate dalla creazione di 9 bacini artificiali lungo il corso del fiume che varieranno dall’1 ai 3 km di lunghezza per una profondità media di 12 metri.

Ma se la creazione di questo tipo di strutture rientra appieno nelle strategie internazionali per il risparmio energetico e per la valorizzazione delle fonti d’energia rinnovabile, adempiendo in questo modo agli obblighi internazionali previsti dal Protocollo di Kyoto, le associazioni ambientaliste bulgare hanno seri dubbi sulle conseguenze che questi bacini e dighe avranno sul fiume Iskar.

"Detonazioni, scavi e lavori altamente invadenti. Finiranno col distruggere completamente l’ecosistema del fiume" affermano ad esempio gli esperti dell’ONG Balkani, gruppo di ecologisti dediti alla difesa dell’ambiente sin dal 1988.

Quest’ultima, assieme ad altre 8 ONG ecologiste della Bulgaria, ha presentato una dichiarazione ufficiale contro il progetto "Iskar centrale" consegnandola al Ministero bulgaro dell’ambiente e delle acque.

Secondo quanto vi si afferma numerose sarebbero le conseguenze negative per il corso d’acqua: la distruzione di molti tratti boschivi nelle vicinanze delle rive del fiume, l’impedimento a migrazione da parte dei pesci, la scomparsa di specie di flora e fauna tipiche della zona, l’inquinamento delle acque.

La costruzione di questi impianti idroelettrici avrebbe anche conseguenze su due aree protette: il parco naturale "Vrachanski Balkan" e la zona protetta delle "Rocce di Lakatnik". "Dobbiamo riunire tutte le ONG ecologiste per proteggere la natura bulgara dall’irresponsabile demolizione dei fiumi Bulgari sotto la pressione della costruzione di impianti idroelettrici", dichiarano i membri di Balkani.

Andrei Kovachev è uno di loro. Il 27 gennaio scorso ha preso parte ad un incontro di esperti ambientali promosso dal Ministero dell’ambiente. "In quell’occasione è anche stato esaminata la valutazione d’impatto ambientale relativa ai progetti sul fiume Iskar" spiega Kovachev "ma gli esperti del Ministero non si sono neppure soffermati sulle conseguenze negative del progetto e su eventuali misure da adottare per mitigare gli effetti della costruzione delle centrali idroelettriche".

Secondo Kovachev l’Iskar ha subito un forte inquinamento durante l’epoca del comunismo, vi venivano infatti scaricati molti residui di produzione delle industrie della capitale Sofia. Per questo molti rifiuti tossici sarebbero ancora depositati sul letto del fiume. Ciononostante sino a Svoghe ora si sarebbe ricreato un ecosistema e sarebbe in atto un processo di "ritorno alla vita" dell’Iskar. "Naturalmente eventuali lavori idraulici non farebbero che causare uno smottamento dei sedimenti tossici e questo porterà all’avvelenamento dei pesci e di tutta la fauna la cui vita è collegata al fiume. E di questo non si parla nemmeno nella valutazione d’impatto ambientale. So che è previsto un monitoraggio del progetto, sono sicuro che dopo al costruzione del primo impianto si potrà verificare quanto sia impattante".

Nel gennaio del 2005 fu il Consiglio di esperti ambientali a proporre al Ministero dell’ambiente di approvare la costruzione dei 9 impianti idroelettrici tra Svoghe e Mezdra. Tra le ragioni a favore del progetto l’adeguamento della Bulgaria alla politica energetica UE a favore delle fonti energetiche rinnovabili che contribuiscono ad abbattere le emissioni nocive nell’ambiente.

Nel documento con il quale il Ministero ha poi approvato il progetto si afferma che la costruzione delle 9 centrali elettriche "non causerà cambiamento delle maggiori caratteristiche climatiche della zona, non deteriorerà la situazione in merito alle acque dell’Iskar". Sempre secondo il documento la costruzione dovrebbe verificarsi in tre fasi: si inizierebbe con due centrali, per poi proseguire con altre tre ed infine le ultime quattro. Tra la prima fase e la seconda è previsto un monitoraggio sull’impatto delle centrali idroelettriche sul fiume.

"Vi è un’ulteriore ambiguità da parte del Ministero dell’ambiente" continua Kovachev "nessuno ha fatto un bilancio dell’impatto cumulativo di tutte le centrali sul fiume. Non si può certo pensare di costruirne lungo tutto il corso dell’Iskar! E’ stato dato il permesso alla costruzione di questi impianti ma non è stato specificato il numero massimo di queste centrali idroelettriche che potranno sorgere lungo le sue rive".

Secondo gli ambientalisti di Balkani il Ministero dell’ambiente non applicherebbe uno dei principi principali su cui si basano le norme che regolano le valutazioni di impatto ambientale nell’UE: il principio di cautela. Nel caso in cui ci sia incertezza in merito al possibile impatto sull’ambiente si deve assumere l’ipotesi peggiore.

A costruire le 9 centrali idriche sulle rive del fiume Iskar sarà la società italiana Petrolvilla. L’ammontare dell’investimento è pari a 40 milioni di euro e sarà realizzato con l’appoggio della Bulbank, di proprietà di Unicredito.

Secondo gli esperti, le condizioni di investimento sono competitive, poiché in Italia i costi per la produzione di 1 Mw di energia sono pari a 500 euro, mentre in Bulgaria ammontano a 271 euro. L’avvio del progetto è previsto per il prossimo settembre con la costruzione delle prime due centrali. Petrolvilla avrà il 90% del capitale della società (gli altri 10% apparterranno al Comune di Svoghe) e controllerà tutto il ciclo dalla progettazione alla gestione delle centrali.

Gli ambientalisti comunque non demordono. Per ora gli attivisti di Balkani stanno lavorando ad una valutazione d’impatto alternativa che possa mettere in risalto i rischi che ritengono stia correndo il fiume Iskar. "Penseremo poi ad altre iniziative nel caso si dovessero avviare i lavori" dichiarano "per ora non sono ancora stati avviati, si è ancora nella fase della burocrazia. Certo è che il Ministero dell’Ambiente sembra sempre più un ‘Ministero delle licenze e dei permessi’ ".

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