Elezioni in Serbia: il mese delle promesse
Mancano meno di due settimane prima che i cittadini della Serbia il 28 dicembre votino alle elezioni politiche anticipate, e i partiti politici si confrontano a suon di demagogiche promesse
ndt. Nell’articolo che segue abbiamo lasciato, nei casi più significativi, accanto alla traduzione italiana dello slogan del partito politico anche l’originale tra parentesi, così da constentirne l’originaria efficacia linguistica. l.z.
A meno di due settimane dalle elezioni parlamentari anticipate in Serbia addirittura 18 liste tra partiti e coalizioni lottano per l’ingresso al parlamento benché i sondaggi sull’opinione pubblica mostrino che lo sbarramento del 5% molto probabilmente non sarà superato da più di sei liste.
Per questo alle prime elezioni che non si svolgono sotto la forza e l’ombra distruttiva di Slobodan Milošević la maggior parte dei partiti crede di poter raggiungere il proprio posto grazie a un’aggressiva campagna elettorale.
Ma, per quanto possano darsi da fare, gli analisti affermano che tutto sommato un certo numero di campagne trasmettono chiari messaggi agli elettori benché siano pochi gli osservatori che credono che il finale pre-elettorale influirà in modo decisivo sull’umore degli elettori.
Ecco perché il rappresentante dell’organizzazione non governativa per l’osservazione delle elezioni, CESID, Marko Blagojević afferma che la maggior parte dei partiti nella campagna non offre ciò che i cittadini si aspettano da loro, esauriti ormai da un decennio di potere di Milošević e da una triennale dolente transizione.
"Le campagne sono piene di promesse, ma le promesse che sono state fatte prima delle elezioni del 2000 hanno fatto in modo che gli elettori, ancora in attesa dell’esaudirsi di tali promesse, siano in qualche modo delusi", ha detto Blagojević.
Egli sostiene che un buon risultato dei partiti alle elezioni "non sarà garantito dal numero degli spot televisivi o dal numero degli stand per le città", ma piuttosto dal contatto diretto con gli elettori.
Sembra che in questo tipo di coinvolgimento degli elettori più lontano di tutti si sia spinto il Partito Radicale Serbo, SRS, dell’ultranazionalista Voijslav Šešelj, il quale dalla fine di febbraio si trova in carcere all’Aia, dove è accusato di crimini di guerra durante le recenti guerre balcaniche.
Questo partito, conosciuto per il suo devotissimo corpo elettorale che è reclutato nei più bassi strati sociali, proverbialmente ha il miglior contatto diretto con i propri elettori, che da anni in modo estremamente disciplinato e con un’alta percentuale di affluenza alle urne votano per i propri leader.
Questa volta i radicali con uno slogan socialmente motivato "Radicalmente meglio" (Radikalno bolje) si rivolgono soprattutto ai perdenti della transizione, alla declassata classe dei lavoratori e ai contadini depauperati.
Gli analisti considerano la loro campagna piuttosto seriamente, a prescindere dal fatto che i radicali in essa promettano di ridurre il prezzo del pane perfino di sette volte e a prescindere dal fatto che questa intenzione populistica, quand’anche fosse seguita, distruggerebbe i contadini e l’industria del pane.
Nonostante sia considerato come il maggior concorrente dei radicali, il Partito democratico della Serbia, DSS, del nazionalista moderato Voijslav Koštunica, non è sceso in guerra per i voti con gli ultranazionalisti, piuttosto insiste sul motivare la maggior affluenza possibile dei propri elettori, i quali non dimostrano la stessa disciplina dei radicali.
Ecco perché lo slogan principale del DSS "La parola è parola" (Reč je reč), che – secondo gli analisti – deve delineare la solidità del carattere di Koštunica come uno dei rari partecipanti alla scena politica serba che non ha utilizzato il suo breve passaggio al potere, dopo la vittoria delle elezioni presidenziali contro Milošević (2000-2002), per arricchirsi né ha fatto false promesse.
Soprattutto per questo, nel comando di Koštunica sono consapevoli del fatto che la loro campagna sia difensiva e che si rivolga esclusivamente ai simpatizzanti di Koštunica invitandoli ad andare alle elezioni.
Benché col suo slogan "Il futuro subito" (Budućnost odmah) il Partito democratico, DS, principale membro della coalizione governativa DOS, prometta la continuazione delle fiacche riforme, questa non è la sua carta principale.
Questo partito già da anni affronta le elezioni con la strategia denominata "Voti sicuri" coinvolgendo direttamente prima delle elezioni i propri simpatizzanti al fine di spingerli a votare.
Il problema di questo partito – che prima delle elezioni con le destituzioni ai vertici ha tentato di prendere le distanze dai propri funzionari che negli ultimi anni sono stati accusati per crimini e corruzione – è che tutto ciò sia stato fatto in ritardo.
Gli analisti credono che le elezioni del 28 dicembre saranno un netto chiarimento dei cittadini a favore o contro il governo uscente, la cui popolarità proprio per i frequenti scandali di corruzione si trova ad avere il sostegno di meno di un quinto della popolazione.
Ecco perché l’azione "Voti sicuri" è il modo che il DS ha per convincere il suo gruppo solido di rimanenti elettori a partecipare alle elezioni e a garantire a questo impopolare partito di raccogliere il minimo di voti necessari per poter partecipare alla divisione del potere, anche se non più come il partner più forte.
Il suo più forte avversario nell’ambito delle riforme è il partito G17 Plus – il quale per la prima volta si presenta alle elezioni dopo che dall’inizio dell’anno si è trasformato da organizzazione non governativa in partito politico – nella campagna elettorale non ha posto l’accento sulle riforme.
Al contrario, il G17 Plus, confrontandosi con le accuse che lo pongono come un partito elitario che si rivolge ad un piccolo numero di elettori urbani, ha fatto un passo piuttosto rischioso attualizzando una campagna populistica sull’orlo del nazionalismo.
Questo è il motivo per cui i partiti concorrenti accusano il G17 Plus di aver preso lo slogan "La Serbia al primo posto" dall’ultranazionalista francese Jean-Marie Le Pen ("La Francia al primo posto") suggerendo ai cittadini lo scioglimento dell’unione col Montenegro, che si dice sfrutti economicamente la Serbia.
Anche un’altra carta giocata dal G17 Plus è populistica: essi propongono una drastica riduzione delle tasse sugli stipendi degli impiegati, e per ciò i rivali politici li accusano di portare al collasso il budget e al crollo economico dei beneficiari del budget (pensionati, insegnanti e impiegati nella sanità)
La coalizione dei partiti monarchici, Movimento per il rinnovamento serbo (SPO) e Nuova Serbia (NS), ha ottenuto lo slancio per l’ingresso in parlamento il mese scorso a seguito dell’iniziativa del capo della Chiesa ortodossa serba, il Patriarca Pavle, a favore del ritorno della monarchia.
Ecco perché il loro tradizionalistico slogan "Senza il re non funziona" (Bez kralja ne valja) si rivolge alla popolazione rurale della Serbia centrale, da dove proviene la maggior parte del circa 15 percento di favorevoli alla monarchia in Serbia.
L’Alternativa democratica, DA, dell’attuale vicepremier della Serbia Nebojša Čović e i Liberali della Serbia dell’impopolare ministro della polizia Dušan Mihajlović sono due partiti outsider le cui campagne sono state valutate come le più interessanti.
Sotto lo slogan "Quando è dura – Čović" (Kad je teško – Čović), il leader del DA, durante gli ultimi tre anni impegnato nei colloqui con la comunità internazionale al fine di migliorare la pesante vita dei serbi in Kosovo, tenta di presentarsi come un politico pronto al sacrificio che grazie a ciò si differenzia dagli altri della coalizione di governo ritenuti dai cittadini per la maggior parte irresponsabili.
Allo stesso tempo, cosciente del pesante fardello che gli ha imposto la partecipazione al governo, Čović cerca di presentarsi come una sorta di antipolitico annunciando nei suoi spot il messaggio "Quanto il popolo è soddisfatto, tanto siamo noi grandi leader".
A differenza di Čović, Dušan Mihajlović, il più impopolare leader dei 18 membri della coalizione di governo, ha condotto un interessante esperimento fondando la propria campagna sui propri difetti.
La sua campagna è guidata dal logo "Pecora nera", dove Mihajlović continua a spiegare la natura della propria impopolarità – causata dalla "fedeltà allo stato".
Egli con ciò desidera dire che è stato costretto a introdurre misure impopolari che erano nell’interesse dei cittadini, ma dalle quali gli altri politici sono fuggiti.
Lo spot di Mihajlović ancora di più è un drastico esempio di campagna fondata sui difetti.
Ossia, tenendo presente che in pubblico è guardato come un pessimo oratore, che ha problemi anche ad esprimere le idee più elementari, Mihajlović nello spot invita i cittadini a votare per lui col linguaggio a gesti dei sordomuti.
Gli altri partiti basano la propria campagna principalmente sulle critiche al governo, per le soventi smisurate promesse sociali agli elettori, poi per l’impegno nella lotta alla corruzione nel potere, offrendo allo stesso tempo lo sviluppo dell’agricoltura, il ramo più importante dell’economia della Serbia, e promettendo la creazione di nuovi posti di lavoro.
Quando si parla di posti di lavoro, i partiti fanno a gara per chi nella campagna dice di "creare" più aziende e offrire il riparo ai disoccupati.
Nelle promesse si è spinto più lontano di tutti il Partito laburista, guidato dall’uscente ministro del lavoro Dragan Milovanović. Egli ha promesso la creazione di addirittura un milione di posti di lavoro e il suo "record" è difficile che possa essere battuto se si tiene presente che in Serbia c’è giusto un milione di disoccupati.
Alla fine, la maggior parte degli analisti crede ottimisticamente che i cittadini mostrino più coscienza politica dei leader di partito e che le promesse e il linguaggio della campagna pre-elettorale non sarà ciò che li farà scegliere a chi dare il proprio voto.
Vedi anche:
–La monarchia in Serbia: un trucco pre-elettorale
–Generale Mladic: il primo test del nuovo governo serbo
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