Duro colpo al giornalismo montenegrino
L’uccisione del direttore del quotidiano di Podgorica "Dan" scuote il giornalismo montenegrino. Dure le reazioni delle associazioni dei giornalisti locali. Procedono nel frattempo le indagini sull’omicidio con un’équipe di esperti dalla Germania
La brutale morte del quarantenne direttore del quotidiano di Podgorica "Dan", Duško Jovanović avvenuta tra la notte di mercoledì e giovedì della scorsa settimana, ha colpito duramente il giornalismo del Montenegro. Il più grosso colpo nella centenaria storia del giornalismo locale, ha commentato il presidente dell’Associazione dei giornalisti del Montenegro (UNCG) Savo Gregović, sabato durante la seduta commemorativa per la morte di Jovanović.
Lunedì i giornalisti e l’Associazione dei giornalisti del Montenegro hanno indetto a Podgorica un meeting di protesta a seguito dell’omicidio del direttore di "Dan". Proteste analoghe si sono tenute anche a Belgrado.
"Potete uccidere i giornalisti, ma non la verità" è il messaggio del presidente della UNS (Associazione dei giornalisti serbi) Nino Brajović, presente alla manifestazione di lunedì a Belgrado. Anche a Belgrado da parte delle associazioni di giornalisti presenti si è chiesto al governo di far luce sull’uccisione del giornalista di Podgorica.
Il capo redattore del settimanale montenegrino "Monitor" Esad Kočan ha dichiarato "Chiedo agli organi competenti di svolgere il proprio lavoro: svelare il crimine. Se non dovessero farlo, su di loro cadrà la responsabilità per ulteriori tenebre che ricadranno sul Montenegro. Le differenze nella professione non possono mai più essere degli ostacoli allo stare insieme davanti ai fatti di crimine, davanti ai fatti di violenze e qualsivoglia pressione sui giornalisti".
I titoli di "Dan" nei giorni immediatamente successivi all’assassinio del direttore lasciano poco spazio all’interpretazione. "Il buio non potrà uccidere ‘Dan’" titola la prima pagina del 29 maggio, poi seguito da "Il popolo accusa il governo", il 30 maggio, sopra una foto a tutta pagina che ritrae la colonna di partecipanti alla manifestazione commemorativa per Jovanović. Almeno un migliaio di persone a piedi sotto la pioggia, alcuni di loro in testa al corteo indossavano una maglietta nera con un bersaglio disegnato in bianco sotto la scritta "Dan". Il quotidiano apre poi il 31 maggio, sullo sfondo della foto dei funerali, con le dichiarazioni del fratello del direttore ucciso "Miodrag Jovanović, il massimo del cinismo sono le condoglianze degli alti vertici statali".
Nel frattempo i media locali riportano la cronaca relativa alle indagini sull’omicidio. All’inizio della settimana, su invito del ministero dell’interno montenegrino, è giunta a Podgorica una squadra di esperti dalla Germania. Gli esperti tedeschi dovranno esaminare l’autovettura "Golf 3" ritrovata a 200 metri dal luogo dell’attentato. Nell’automobile, dalla quale si presume sia stato sparato al direttore di "Dan", sono stati ritrovati due fucili e alcune cartucce, una penna a sfera riportante il nome di un partito serbo, dei guanti in lattice e sul calcio di un fucile è stata trovata una scritta in cirillico.
Secondo l’avvocato ed ex vice capo della polizia di Belgrado, Marko Nicović, intervistato dal quotidiano serbo "Blic", si tratterebbe di uno stratagemma degli esecutori del crimine per depistare le indagini. "Con queste tracce si cerca di farlo apparire come un omicidio amatoriale, ma la ‘firma’ è molto più sottile", afferma Nicović. L’ex vice capo della polizia belgradese sostiene inoltre che ci possa essere un coinvolgimento di qualche gruppo criminale dei Paesi confinanti. Nicović non esclude che questi ultimi possano essere stati ingaggiati da uomini del governo al fine di eliminare dalla scena politica Milo Djukanović.
"È più che probabile che l’omicidio sia stato organizzato da uomini del potere vicini a Milo Djukanović, in accordo con elementi esterni e gente della malavita con l’intento di danneggiare la vita del premier montenegrino e rendergli impossibile il consolidamento politico dopo gli scandali delle sigarette e del sex trafficking", ha detto Nicović al quotidiano di Podgorica "Vijesti".
Inoltre, secondo l’avvocato belgradese, l’idea del premier montenegrino di offrire una ricompensa di un milione di euro in cambio di informazioni esatte sull’identità degli esecutori dell’omicidio, conferma la volontà di Djukanović di voler risolvere il caso, ma allo stesso tempo di voler compattare l’opinione pubblica per fare in modo che non gli si rivolti contro.
I media riportano oggi dell’arresto di alcune persone presumibilmente collegate con l’omicidio del direttore di "Dan". In particolare si tratta di due fratelli, Almir e Damir Mandić, del proprietario del club notturno "Mania" Leon Drešaj e altri ancora.
Nel bailamme mediatico si è fatta sentire anche la voce dell’Unione europea. Cristina Gallach, portavoce dell’alto rappresentante per la politica estera dell’UE, nel telegramma di condoglianze inviato alla famiglia Jovanović, fa sapere che se sarà necessario l’Unione europea offrirà il proprio aiuto per trovare gli assassini del direttore del quotidiano di Podgorica.
Mentre una ferma condanna dell’omicidio è giunta dal capo dell’Ufficio della Commissione europea, Jeoffrey Barret, il quale ha espresso la speranza che questo caso venga risolto al più presto, commentando che non si tratta solo di una tragedia per la redazione di "Dan", ma anche per il Montenegro.
Una speranza che non facilmente verrà corrisposta. Questo tipo di crimini generalmente non trovano un’immediata soluzione. La possibilità che l’omicidio venga politicizzato così come il presunto coinvolgimento di alti poteri dello Stato sono elementi che rendono molto più complessa l’intera vicenda. Ciò che per ora è del tutto evidente è lo shock della popolazione locale, posta di fronte ad un’ennesima prova di forza, e il trauma subito dal giornalismo montenegrino per la prima volta colpito a morte.
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