Difficoltà nella formazione del governo serbo
Nonostante le trattative sulla formazione del nuovo governo della Serbia siano entrate in una difficile crisi, tutti i partiti che discutono sul governo sono più inclini ad un compromesso piuttosto che a nuove elezioni.
Le trattative sulla formazione del nuovo governo serbo sono entrate in una fase critica visto che si svolgono all’ombra dei conflitti per la successione a Zoran Ðinđić nel Partito democratico (DS), partito centrale del governo uscente e uno dei partecipanti alle trattative.
Vojislav Koštunica, leader del conservatore Partito democratico della Serbia (DSS), che ha ottenuto il maggior numero di seggi all’interno del precedente blocco di partiti anti Milošević, ha suggerito la scorsa settimana un governo di minoranza che verrebbe formato da tre gruppi del suddetto blocco.
Al governo, il cui posto di premier apparterrebbe allo stesso Koštunica, parteciperebbe il partito riformista G17 Plus e la coalizione monarchica del Partito per il rinnovamento serbo (SPO) e la Nuova Serbia (NS).
Secondo l’idea di Koštunica, il sostegno al governo di minoranza lo darebbe il Partito democratico (DS), nel quale al momento è in corso un forte duello per il successore dell’allora ineccepibile leader Zoran Ðinđić, l’ex premier della Serbia ucciso il 12 marzo dello scorso anno.
Spiegando il perché desidererebbe un governo appoggiato dal DS, ma senza la sua partecipazione diretta, Koštunica ha detto che questo partito a causa delle sue lotte per il potere "invia messaggi confusi".
Quindi, Koštunica, come si può sentire all’interno del suo partito, non fugge dalla collaborazione con Boris Tadić, vicepresidente riformista del DS divenuto la figura principale nel partito con le elezioni di dicembre, il quale ha ricevuto l’appoggio a causa delle pressioni delle sedi locali del partito.
Tadić, in qualità di politico incorruttibile e non compromesso, alle sedi è apparso come la soluzione migliore visto che il partito dopo tre anni di partecipazione al primo governo serbo di transizione si è consumato con numerose accuse di corruzione, collaborazione coi criminali e violazione delle procedure democratiche.
Tutto questo è stato il motivo per il quale Koštunica non desidera collaborare con i rivali di partito di Tadić, Zoran Živković, premier del governo uscente, e Čedomir Jovanović, controverso vice premier dello stesso governo, in prima fila fra gli accusati di collaborazione con la criminalità.
Nonostante nel conflitto tra Tadić, Živković e Jovanović sia sembrato che il riformista ministro della difesa della Serbia e Montenegro, avesse guadagnato un vantaggio irraggiungibile, prima dell’assemblea elettorale del DS fissata per il 21 febbraio, è stato dimostrato che non è così.
La seduta del Consiglio generale del DS, tenutasi l’11 gennaio, ha mostrato che Živković e Jovanović hanno parecchi seguaci ai vertici del partito, così che la scelta del nuovo presidente quanto meno sarà incerta.
Per questo Koštunica, come si può sentire tra i membri del DSS, ha suggerito a Tadić di appoggiare il governo di minoranza formato da DSS, G17 Plus, SPO-NS, e , se dovesse vincere la sua corrente nel DS, Koštunica ricostruirà il governo e in esso integrerà gli uomini di Tadić.
"Questo nuovo modello di governo di minoranza è proprio una disinfestazione di tutti quelli che in modo sbagliato hanno guidato il paese", è stata l’idea del consigliere di Koštunica, Dragan Jočić.
Questa incauta dichiarazione ha suscitato l’ira dei leader del DS e indebolito maggiormente la posizione di Tadić, il quale, a differenza di Jovanović e Živković, ha mostrato un maggiore senso del compromesso e sarebbe stato pronto con concessioni minime ad appoggiare il governo di minoranza.
"È decisamente scomoda l’instabilità del partito che dovrebbe darci l’appoggio nella formazione del governo" afferma l’analista Valdimir Vuletić.
Živković, che inizialmente diceva che avrebbe appoggiato un governo di minoranza a condizioni più restrittive, da Koštunica e Jočić ha richiesto le scuse quale condizione per poter proseguire conle trattative.
Ovviamente, la maggior degli analisti ha intravisto che la sua severa sortita è stata indirizzata più verso il confronto inter-partitico piuttosto che verso le questioni del governo.
Allo steso tempo, Čedomir Jovanović, del quale si crede che appartenga alla corrente del DS vicina agli oligarchi serbi della finanza, è d’accordo contro qualsiasi unione o appoggio al DSS.
Egli, come ha detto alla seduta del Comitato centrale del DS, crede che si debba costringere il DSS a entrare in coalizione con l’ultranazionalista Partito radicale serbo, il quale ha ottenuto il maggior numerosi voti alle elezioni, ma non può formare il governo senza l’appoggio del DSS.
In quel caso Koštunica davanti alla comunità internazionale, piuttosto influente in Serbia, risulterebbe compromesso, cosa che rinforzerebbe l’appoggio altalenante del DS.
Koštunica, invece, per adesso non ha intenzione di formare l’unione con i radicali, così che come alternativa alla scelta di un governo di forze democratiche impone nuove elezioni.
Ma con esse, valutano gli analisti, gli elettori penalizzerebbero i partiti filo-democratici per la loro indisposizione a formare il governo, e perciò si potrebbe attendere che con nuove elezioni aumenti il vantaggio dei radicali.
Un altro motivo per cui i colloqui sono giunti ad una fase critica è il disaccordo fra i partiti sulla divisione dei ministeri ed anche la ricerca del DS di mantenere le proprie funzioni a livello federale, assicurategli dalle precedenti elezioni in Serbia.
Da una parte, nella proposta di Koštunica il governo avrebbe solo un vice premier: il leader del G17 Plus Miroljub Labus. SPO e NS, invece, insistono che i vice premier siano i rispettivi leader Vuk Drašković e Velimir Ilić, possibilità contrastata in modo particolare dallo stesso Labus.
Dall’altra parte, Koštunica e i suoi partner sono favorevoli al mantenimento di Boris Tadić al posto di ministro della difesa della Serbia e Montenegro (SM) in cambio dell’appoggio al governo.
Zoran Živković, invece, alle trattive sul governo insiste sul mantenimento dei posti del ministro degli esteri della SM, Goran Svilanović e del presidente del Parlamento della SM, Dragoljub Mićunović, entrambi entrati nelle liste del DS durante le elezioni.
Allo stesso tempo Živković insiste perfino sul posto del capo della dogana, sul quale siede un dei suoi fedeli.
Questo è stato il motivo per cui Vuk Drašković domenica scorsa ha accusato il DS di bloccare le trattive.
Perché, questo partito ha minacciato i suoi interlocutori che non solo non appoggerà la formazione del governo, ma nemmeno la costituzione del parlamento, in programma per il 27 gennaio.
Se il parlamento non dovesse essere costituito un mese dopo le elezioni, tenutesi il 28 dicembre dello scorso anno, allora, secondo la legge, verrebbero indette nuove elezioni.
Per questo nei circoli dei partiti filo-democratici si crede che il DS li minacci o con le nuove elezioni o costringendoli a cercare gli alleati tra i partiti filo-Milošević, nonostante il fatto che tali elezioni, secondo la maggior parte degli analisti, non sarebbero né nell’interesse del DS né nell’interesse del blocco filo-democratico.
Alcuni analisti credono però che all’interno del blocco filo-democratico vincerà la paura di nuove elezioni e di una nuova vittoria dei radicali e che alla fine verrà raggiunto un compromesso.
Benché la situazione dei colloqui sul governo e sulla lotta per il potere nel DS sia vista come una questione di "vasi comunicanti" l’analista Ljiljana Baćević crede che ai partiti filo-democratici andrebbe meglio un accordo, nel quale non saranno fino alla fine soddisfatti, piuttosto che nuove elezioni parlamentari.
"Il compromesso semistorico" – sostiene la Baćević – "sarà raggiunto, ma con questo accordo nessun partito avrà completa soddisfazione, cosa che in questo momento non si può realizzare". La domanda è solo come accordarsi per fare in modo che tutti siano meno insoddisfatti.
Vedi anche:
– Ma che succede in Serbia?
– La Serbia immobile
– La Serbia di Weimar
– Risultati preliminari delle elezioni in Serbia
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