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Dieci anni di ADL. Un’intervista

Dieci anni fa veniva fondata a Subotica, Serbia, la prima Agenzia della Democrazia Locale. Ne sono poi seguite altre dieci. Un’intervista a Gianfranco Martini, Presidente dell’Associazione delle ADL

24/07/2003, Davide Sighele -

Dieci-anni-di-ADL.-Un-intervista

Le Agenzie della Democrazia Locale (ADL) sono un progetto promosso dal Consiglio d’Europa ed i particolare dal suo Congresso dei poteri locali e regionali. Rappresentano programmi di cooperazione decentrata che cercano attraverso partenariati tra enti locali europei e balcanici, ong e società civile di promuovere il dialogo interetnico, rafforzare il tessuto democratico, promuovere una ricostruzione che non sia esclusivamente materiale. Lo scorso fine settimana si è festeggiato a Subotica, Serbia, sede della prima ADL, il decimo anniversario del programma. Per l’occasione abbiamo intervistato Gianfranco Martini, Presidente dell’Associazione che riunisce tutte le 11 ADL attualmente operanti.

Dopo dieci anni di attività quali gli elementi che ritiene più rilevanti del programma ADL?

Vi sono vari elementi che confermano il buon fondamento dell’intuizione che dieci anni fa portò il Consiglio d’Europa ed il suo Congresso dei poteri locali e regionali a creare la sua prima agenzia nell’area dei Balcani occidentali e poi via via le altre dieci. Il primo è senza dubbio rappresentato dall’originalità di questa concezione. Potremo dire che c’è stata quella che nel ’68 era chiamata l’immagination au puvoir. Ci siamo occupati di una questione fondamentale in quelle zone. Altrettanto fondamentale – e forse più – della ricostruzione materiale dopo la guerra combattuta. Quella di ricostituire un tessuto di comprensione reciproca, di dialogo interetnico, interreligioso, di faticoso cammino verso situazioni democratiche e verso il rispetto dei diritti umani e delle minoranze.

Tutto questo fatto con modalità del tutto particolari …

Infatti, e questo rappresenta il secondo elemento rilevante di quest’esperienza. Tutto viene fatto attraverso una forma di partenariato che comprende enti locali, territoriali, comuni, province, dipartimenti, county concils, regioni europee e d’intesa con le ONG che già a volte operavano sul terreno. Tutto questo ovviamente dopo aver preso accordi con una città di questi Paesi disposta ad accogliere l’agenzia e di sostenerla sul piano operativo. La terza caratteristica dell’operato di questi anni è stato l’agire in due direzioni, convergenti. La prima è migliorare l’integrazione orizzontale tra questi Paesi che un tempo facevano parte di un’unica realtà statuale, la Jugoslavia. E’ infatti fondamentale superare i risentimenti, i conflitti, le incompatibilità ed i contrasti che la guerra ha creato. E’ indispensabile che quest’area balcanica sia considerata quale un quadro di riferimento comune. La Slovenia, entrando nell’UE già il prossimo anno, è un po’ fuori da questo discorso. E’ lontana infatti dal limbo nel quale ristagnano gli altri Paesi dei Balcani occidentali. La seconda direzione nella quale abbiamo agito è stata quella di un’integrazione verticale. Questi Paesi sono europei, hanno avuto una storia e cultura europea, anche se travagliata e devono senza dubbio entrare anche dal punto di vista istituzionale a far parte dell’UE. Quando non è però facile dirlo, ci sono problemi che vengono dall’UE ma soprattutto dalla realtà socio-economica dei Balcani. Ma la direzione dev’essere questa e bisogna dare, come è accaduto anche se solo parzialmente a Salonicco nel recente vertice UE, dare a queste popolazioni un chiaro punto di riferimento, anche se la marcia sarà particolarmente lunga e non priva di ostacoli.

L’Italia ha da poco assunto la Presidenza dell’UE. Nei propri documenti programmatici il Governo ha sottolineato l’importanza che il nostro Paese attribuisce all’area balcanica e si è impegnato a dare concretezza ai risultati ottenuti dalla Presidenza greca. Sarà in graod di valorizzare in questo contesto l’esperienza delle ADL?

Ce lo auguriamo. In più occasioni quale Presidente dell’Associazione delle ADL mi sono messo in contatto direttamente con il Ministro degli esteri Frattini e con i suoi collaboratori, sottolineando che vi è il rischio, se non si riesce rapidamente e con idee molto chiare a dare prospettive concrete agli Stati dei Balcani occidentali, di alimentare una frustrazione che già cova. Agli occhi dei cittadini dei Balcani l’Europa non è apparsa degna delle sue responsabilità. Innanzitutto quando è stata alla finestra durante la guerra combattuta, ma anche successivamente. Deve essere inoltre valorizzata la conoscenza che le ADL hanno dei problemi quotidiani che assillano queste popolazioni. Questo è possibile poiché agiscono sul terreno. Disoccupazione, emigrazione, ritorno dei rifugiati, problemi legati al dialogo interetnico, cooperazione transfrontaliera. Nulla di tutto questo rimane fuori dal nostro campo ed anche la Presidenza italiana credo dovrebbe essere particolarmente attenta a questi aspetti che non sono solo ideali ed ideologici ma radicati nel vissuto quotidiano della gente.

I Balcani stanno attraversando un periodo altamente contraddittorio. Su alcuni aspetti le cose stanno cambiando in modo molto rapido, per altri versi permangono nodi ancora irrisolti. Come pensano le ADL di affrontare i prossimi anni? Come pensano adattare la propria progettualità ad un contesto che muta e profondamente diverso da quello di dieci anni fa?

A Subotica nei miei interventi durante i vari incontri o riunioni statutarie dell’Associazione ho tenuto molto a sottolineare la necessità di continuare a percepire con attenzione il cambiamento. A differenza di altre istituzioni, di centri studi o di altre iniziative tutte molto importanti e molto utili noi siamo impegnati – e quando dico noi intendo gli enti locali e le ONG – sul terreno e siamo tenuti ad avere le orecchie attente al mutamento di questi Paesi che forse all’estero non appaiono così chiaramente e tempestivamente. Ci siamo inoltre posti il problema se questa metodologia inaugurata in questi quattro Paesi possa anche essere "esportata". Abbiamo ad esempio avuto richieste pressanti per aprire un’Agenzia in Georgia. Ci stiamo pensando anche se vi sono una serie di problemi, innanzitutto di sicurezza. Ma vi è chi ad esempio si chiede se vale o meno la pena di uscire dall’area dei Balcani … Io devo dire che sono sempre considerato un po’ un idealista ed utopista e sto sognando anche due progetti che non saranno sicuramente realizzabili dall’oggi al domani. Perché ad esempio non pensare ad un’Agenzia della democrazia locale a cavallo tra area greca e turca di Nicosia, a Cipro? Occorre aspettare che gli spiragli aperti in questi ultimi tempi possano consolidarsi però potrebbe essere un’idea interessante e certamente utile. E poi mi chiedo se – quando riprenderà in modo stabile il dialogo israelo-palestinese – sarà possibile avviare un programma simile anche lì. Non sarà possibile creare un’Agenzia anche perché il Consiglio d’Europa non abbraccia questi Paesi, almeno dal punto di vista ufficiale, ma la metodologia di un rapporto di partenariato che coinvolga enti locali europei ed enti locali israeliani e palestinesi ed eventualmente ONG per vedere di rafforzare un tessuto di dialogo … potrebbe essere una cosa a cui pensare seriamente. Ritengo che i risultati ottenuti da queste nostre agenzie ci incoraggiano a guardare un po’ lontano, a non essere così puramente chiusi nella vecchia area in cui abbiamo incominciato a lavorare.

In cosa invece in questi anni lo strumento delle ADL si è rivelato un po’ più carente, quali sono le difficoltà maggiori che si sono dovute affrontare?

Una delle difficoltà maggiori è stata legata alla scelta che viene fatta dai partner di un delegato permanente. In genere possiamo dire di essere soddisfatti della scelta del delegato permanente, che è il vero e proprio gestore delle attività dell’Agenzia, in un qualche caso siamo stati invece meno fortunati. Poi siamo intervenuti migliorando, risolvendo, sostituendo. Seconda questione critica quella legata al partner leader, quello cioè che all’interno dell’Agenzia si assume le responsabilità maggiori. E’ importante che quest’ultimo non agisca da solo ma ogni tanto convochi i rappresentanti dei colleghi partner e li tenga continuamente aggiornati sull’andamento dei progetti e sulle questioni principali. E’ un processo faticoso ma indispensabile. Terzo problema è legato ai donatori. Il Governo svizzero, il Governo irlandese, l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, le città di Losanna o di Ginevra, e gli altri ci si augura mantengano questo flusso di finanziamenti ai progetti che vengono loro sottoposti. Ma in considerazione del fatto che i progetti hanno sempre una durata limitata occorre che si trovino le modalità per dare continuità ai finanziamenti per consentire a queste agenzie di operare e di vivere.

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