Demis Roussos, forever and ever
Nella notte tra sabato e domenica è morto ad Atene Demis Roussos. Il cantante e bassista greco era stato ai vertici delle classifiche mondiali a partire dalla fine degli anni Sessanta, prima con gli Aphrodite’s Child e poi come solista. Il legame con l’Italia, le tappe principali della carriera
Un pilastro della musica greca degli anni settanta e ottanta, cantante e bassista, da molti critici paragonato a Paul McCartney e Brian Wilson, sessanta milioni di dischi venduti, la grande passione per Mozart e Sting. Malato da tempo, Artemios Ventouris Demis Roussos se n’è andato all’età di 68 anni, ad Atene, presso l’Hygeia Hospital.
La notizia è stata diffusa con un tweet da Nikos Aliagas, amico di Demis, ed è stata confermata poco dopo dalla figlia Emily, sul quotidiano francese Le Figaro. Una notizia che rattrista un gran numero di fan, in Grecia e nel mondo, proprio all’indomani delle elezioni che hanno portato trionfalmente alla guida del paese Alexis Tsipras. "Era dotato di una voce superba, ha viaggiato in tutto il mondo, amava profondamente il suo lavoro, un vero artista", dice di lui l’amica e cantante greca Nana Mouskouri, "spero che si trovi in un posto migliore del nostro".
Le origini
Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1946 da padre greco e madre di origine italiana, si trasferisce con la famiglia in Grecia negli anni sessanta, poco dopo la crisi di Suez, iniziata nel 1956 per i contrasti con inglesi e francesi. Ad Atene si dedica da subito alla musica suonando la chitarra, la tromba, e cantando ovunque gli sia dato spazio, memore dell’esperienza positiva vissuta nel coro della chiesa bizantina della città egiziana.
A 17 anni entra a far parte dei We Five, e subito dopo è membro degli Idols, dove incontra Vangelis Papathanassiou, il re delle colonne sonore. Si fanno portavoce di sonorità innovative, grazie al falsetto di Demis e all’organo Hammond di Vangelis. Tentano di volare in Inghilterra, ritenuta la Mecca della musica pop. Ma devono ancora fare il servizio militare e a Parigi vengono bloccati perché non sono in regola con i documenti. E’ il classico "colpo di fortuna". Nella capitale francese, infatti, incrociano il cammino di Pierre Sberro, della Mercury Records, che decide di metterli sotto contratto, proponendogli un brano di musica classica da rivisitare alla Procul Harum. E’ la formula vincente, che suggellerà il cammino degli Aphrodite’s Child.
Super hit
"Rain and Tears", palesemente ispirata al Canone in re maggiore di Pachelbel, fa breccia nell’immaginario collettivo, in pieno Maggio francese, e in poco tempo diventa una super hit, scavalcando posizioni nelle classifiche musicali francesi, italiane, olandesi e scandinave.
Nel bel paese trovano terreno fertile e incidono vari brani in lingua italiana, mancando per poco la partecipazione al Festival di Sanremo, che vedrà trionfare Iva Zanicchi al fianco di Bobby Solo nel brano "Zingara". Nel 1970 convincono anche i critici più recalcitranti, contaminando pesantemente la propria musica con il rock e il pop; e utilizzando strumenti mai visti prima nel circuito mainstream, come il salterio e l’arpa. Il boom è dietro l’angolo con il loro pezzo più celebre, "It’s Five O’Clock". Esce in concomitanza con la distribuzione dell’omonimo 33 giri, registrato presso il Trident Studio di Londra, comprendente nove brani.
Due anni dopo è il momento del best of, che vari maligni associano alla nascita di dissidi fra i due musicisti. Non hanno tutti i torti, visto che nel 1972 giunge l’ultimo capitolo della saga Aphrodite’s Child, con 666 The Apocalypse of John, un autentico concept album, dedicato alla fine del mondo, evocata da San Giovanni nell’Apocalisse delle Sacre Scritture. Si affacciano al rock progressivo, rinsaldano il legame con il folk greco, si fanno suggestionare dall’elettronica, affrontando argomenti religiosi, ma anche fatti di cronaca come quello accaduto ad Altamont, durante un concerto dei Rolling Stones, con la morte di uno spettatore, a causa degli Hell’s Angels, il servizio d’ordine della rock band britannica.
Poi avviene la rottura. Demis vuole continuare sulla strada di sempre, Vangelis desidera fare qualcosa di più impegnativo, pur consapevole di dover rinunciare a entrate da capogiro. Le strade non possono che dividersi.
Continui successi
Ma sulla carriera di Demis (come del resto su quella del collega) continua a brillare la buona stella. Demis Roussos registra un disco dopo l’altro. On The Greek Side Of My Mind, Forever And Ever, My Only Fascination, vengono distribuiti anche in Italia, Germania, Spagna, e Inghilterra, "uno dei paesi più importanti per la mia storia musicale", rivela l’artista al Guardian nel 1999; ricordando i titoli delle sue canzoni ai vertici delle classifiche e il suo nome riportato sulle pagine del libro del Guinness dei primati.
Nel 1971 trionfa al Festivalbar con la canzone "We Shall Dance" e nel 1973 fa il giro del mondo con "Forever And Ever". E’ il suo pezzo più gettonato, riconoscibilissimo ancora oggi, per la sua melodia calda e suadente. Continua nel frattempo a collaborare con Vangelis, alle colonne sonore dell’ex compagno degli Aphrodite’s Child, per poi stabilizzarsi a Malibu Beach, negli Stati Uniti. E non si fa mancare nulla, anche il brivido di un sequestro in piena regola. Nel 1985 viene, infatti, a trovarsi in balia di un gruppo militare libanese a bordo di un aereo diretto ad Atene. I terroristi minacciano l’establishment mondiale per avere indietro alcuni detenuti. Demis festeggia così i 39 anni in prigionia, prima di venire rilasciato il 18 giugno 1985.
Gli anni Novanta non sono meno favorevoli ai decenni appena trascorsi. Dà infatti alle stampe nuovi successi e frequenta artisti di ogni paese, compresa l’italiana Ivana Spagna, con la quale canta in Woman, lavoro della cantante veneta. La sua ultima uscita ufficiale è Demis del 2009, ma per chi non ha ancora avuto modo di conoscerlo a puntino, il consiglio è procurasi il Very Best of Demis Roussos del 2002. Il meglio del suo straordinario repertorio, che ora potrà dispensare anche alle sfere celesti.
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