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Dalla “fratellanza e unità” allo stupro come arma di guerra

In questa tesi di laurea un’analisi comparativa dell’uso della violenza sessuale come strumento di pulizia etnica durante la guerra in Bosnia Erzegovina e in Kosovo. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

26/04/2022, Fabrizio Parrilli -

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La violenza sessuale è un’emergenza attuale che pervade le nostre società e affligge migliaia di donne e ragazze innocenti in tutto il mondo, specialmente nelle regioni colpite da conflitti armati. Infatti, la combinazione tra guerra e violenza sessuale produce un’esperienza distruttiva che può colpire la salute mentale e fisica delle donne e può minare le fondamenta di intere famiglie e comunità. Durante le guerre in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995) e in Kosovo (1998-1999), si stima che un totale di circa 100.000 donne e ragazze – la maggior parte delle quali apparteneva, rispettivamente, ai gruppi etnici bosniaco-musulmano e albanese del Kosovo – siano state sistematicamente e deliberatamente aggredite, stuprate, torturate, rapite, ridotte in schiavitù, persino detenute in cosiddetti “campi di stupro” e forzatamente ingravidate.

La presente tesi illustra e analizza comparativamente la funzione e le conseguenze del massiccio ripetersi della violenza sessuale in questi due paesi. L’analisi comparativa permette di cogliere la complessità del fenomeno e di rispondere a ciascuna delle domande di ricerca sulle relazioni causali tra violenza sessuale e conflitto armato. Infatti, attraverso un approccio multi-metodologico e multi-disciplinare basato sullo studio di teorie esistenti, degli eventi storici e dei dati quantitativi, è possibile dimostrare l’intenzionalità dei trasgressori – principalmente le forze armate serbe e jugoslave – nel commettere e perseguire tali crimini crudeli. L’elevata frequenza, ferocia e diffusione della violenza di genere ed etnica testimoniata in Bosnia e in Kosovo rappresentano un punto di svolta storico e uno spartiacque tra ciò che era concepito come un inevitabile effetto collaterale della guerra, e ciò che si è dimostrato essere un’efficace, più economica e devastante arma di guerra perpetrata da certi gruppi armati per terrorizzare la popolazione nemica e scacciarla dai loro luoghi di nascita. In breve, per “pulire etnicamente” determinate aree geografiche.

In seguito agli orribili crimini commessi nell’ex Jugoslavia, il primo tribunale internazionale dopo quelli di Norimberga e Tokyo (il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, ICTY), fu ufficialmente istituito per processare i responsabili di tali atrocità, compresa la violenza di genere. Ciò ha contribuito ad aumentare la consapevolezza nei confronti delle vittime e dei sopravvissuti alla violenza sessuale al punto che il crimine è ora punibile e riconosciuto come crimine di guerra e crimine contro l’umanità, ai sensi delle leggi e dei trattati internazionali. Tuttavia, il cammino verso una pace sostenibile e duratura è ancora lungo: da un lato, alcuni dei più scioccanti casi accertati di violenza sessuale durante i conflitti armati e le crisi umanitarie avvengono sotto ancora i nostri occhi; dall’altro, la maggior parte delle aggressioni e delle violazioni rimangono in gran parte impunite e non sempre vengono affrontate. In sostanza, il mio obiettivo principale è quello di esplorare sviluppare ulteriori approfondimenti sull’argomento e sui due casi studio, offrendo una nuova, comparativa e più suggestiva analisi, oltre al fatto di contribuire in modo significativo alla ricerca futura e alle risposte efficaci alla questione, di espandere la comprensione attuale della violenza di genere nei conflitti in corso così come in tempo di pace.

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