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Crisi Macedonia: da Pržino verso l’ignoto

Le istituzioni in Macedonia sono sull’orlo del collasso. L’Accordo di Pržino, con il quale si era tentata una via d’uscita dall’attuale crisi politica, non sembra reggere

22/04/2016, Ilcho Cvetanoski - Skopje

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Il presidente della Repubblica di Macedonia Gjorge Ivanov, in un sol giorno, ha concesso la grazia a 56 persone, la maggior parte dei quali politici coinvolti nello scandalo scoppiato l’anno scorso sulle intercettazioni. La decisione, presa lo scorso 12 aprile, ha causato proteste che ancora scuotono la capitale Skopje ed altre città del paese.

Tra i 56 graziati vi è anche l’ex premier Nikola Gruevski, alcuni ministri del suo governo e l’ex capo dei servizi segreti, nonché cugino dello stesso Gruevski.

Le proteste, che hanno preso avvio lo scorso 12 aprile, sono ancora in corso. La situazione è in pieno sviluppo e non è semplice prevedere in che direzione possa andare.

La scelta del presidente Ivanov è arrivata alcuni giorni dopo che il principale partito d’opposizione, i socialdemocratici dell’SDSM, ha dichiarato che avrebbe boicottato le elezioni politiche anticipate previste per il prossimo 5 giugno a causa della mancata implementazione del cosiddetto Accordo di Pržino e mentre la Procura speciale creata per indagare le accuse di spionaggio illecito ai danni di migliaia di cittadini da parte del governo proseguiva nelle sue indagini.

L’Accordo di Pržino è stato raggiunto nel giugno 2015, sotto forte pressione Ue, con l’obiettivo di mettere fine alla grave crisi politica scoppiata dopo che l’SDMS aveva accusato il governo dell’intercettazione illegale, per ben quattro anni, di circa 20mila persone. L’accordo venne sottoscritto dai quattro principali partiti del paese. L’intesa prevede che, prima di andare ad elezioni, vengano realizzate le riforme ritenute più urgenti tra le quali la cancellazione dai registri elettorali di elettori non esistenti ed una riforma dei media, compiti che – secondo l’opposizione – il governo costituito appositamente per implementare l’accordo non ha ancora affrontato.

Voyeurismo

Per mettere a fuoco al meglio l’intera vicenda bisogna sottolineare che le élite politiche macedoni hanno una lunga tradizione nell’abusare delle istituzioni. E la pratica delle intercettazioni, nei confronti dei cittadini e degli oppositori politici, non è certo recente.

Nel 2000 era infatti già scoppiato uno scandalo intercettazioni che coinvolse gli stessi protagonisti di oggi e che venne portato alla luce da Branko Crvenkovski, allora presidente dell’SDSM, anche in quell’occasione all’opposizione di un governo a guida VMRO-DPMNE.

E non è una prima assoluta neppure la concessione della grazia nei confronti di politici. Dopo lo scandalo intercettazioni del 2000 chi ne era coinvolto venne graziato dall’allora presidente Boris Trajkovski. Nel 2008, Crvenkovski divenuto Presidente, graziò l’attuale leader dell’opposizione Zoran Zaev accusato di malversazioni.

Il gioco di qualcun altro

In un comunicato televisivo mandato in onda giovedì della scorsa settimana il Presidente Ivanov, tra le varie cose, ha affermato di aver concesso la grazia per “difendere interessi nazionali”. Spiegando i motivi della concessione della grazia a 56 persone – alcuni dei quali sono stati graziati per ben 16 capi d’imputazione diversi – il Presidente ha affermato che quanto sta accadendo in Macedonia in questo periodo sarebbe conseguenza del “gioco di qualcun altro”.

“Tutto questo assomiglia sempre più ad una battaglia all’ultimo sangue. Temo che la Repubblica di Macedonia stia somigliando sempre più alla Macedonia geografica dell’inizio del 20mo secolo dove gli antagonismi tra gli stessi macedoni risultarono in un muto sterminio”, ha affermato Ivanov.

Parole con le quali Ivanov sembra porre in modo cupo la scelta tra giustizia da una parte e stabilità dall’altra. E non sarebbe la prima volta che l’attuale élite al potere, e il partito che ha portato Ivanov alla presidenza, il VMRO-DPMNE, che ancora si comporta come se vi fosse una piena sovrapposizione tra struttura partitica e stato, pone questa contrapposizione. Ma è una questione posta assolutamente male. Perché attualmente niente può portare alla Macedonia più stabilità della giustizia.

Regime ibrido

Alcuni esperti di diritto costituzionale macedone hanno sottolineato come la grazia concessa dal Presidente si baserebbe su articoli di legge non validi e quindi l’intera operazione sarebbe incostituzionale. Ma non sembra vi sia alcuna possibilità di verifica in tal senso e l’attuale governo appare deciso a continuare per la propria strada. In questo contesto, le proteste di strada continueranno sicuramente è non si può prevedere né quando termineranno né a che esito porteranno.

A 25 anni dall’indipendenza del paese le istituzioni vengono cannibalizzate dall’interno dalle élite politiche, e un cancro le corrode, impedendo alle cinque arene di una democrazia consolidata – società civile, società politica, stato di diritto, istituzioni e società economica – di svilupparsi adeguatamente e funzionare. Il clientelismo politico è, nel paese, onnipresente.

E’ purtroppo irrealistico aspettarsi che l’attuale élite al potere inizi, di punto in bianco, a giocare secondo le regole. E che la magistratura arrivi in fondo ai processi riguardanti le intercettazioni. Le istituzioni, controllate dalla politica, faranno di tutto per impedire che sullo scandalo intercettazioni venga fatta giustizia.

Risorsa ultima

Dato che regole ed arbitro non sono imparziali, ciò che resta da fare ai cittadini macedoni è rimanere in piazza e rifiutarsi di andare al voto sino a quando tutte le previsioni dell’Accordo di Pržino vengano adempiute.

L’ultima risorsa a disposizione è infatti la comunità internazionale. I quattro leader dei principali partiti macedoni, gli stessi che hanno sottoscritto l’accordo di Pržino, si sarebbero dovuti incontrare oggi a Vienna, sotto egida Ue. Incontro saltato: nell’annunciare il rinvio la portavoce della Commissione europea Maja Kocijančič ha ribadito la necessità di rispettare l’Accordo di Pržino, altrimenti ci saranno gravi conseguenze per la Macedonia. Le istituzioni europee hanno un compito difficile, perché della loro politica della carota e bastone sembra rimasto in mano solo quest’ultimo. Il processo d’allargamento è infatti bloccato e quindi nessuna carota in vista: devono essere introdotti nuovi meccanismi di pressione. I media locali parlano di possibili divieti a viaggiare all’estero posti sull’élite macedone o di congelamento dei conti bancari di chi è coinvolto nello scandalo intercettazioni.

Certo è che per smantellare questo sistema politico clientelare serve tempo, un cambio di paradigma nella politica macedone e il coinvolgimento di politici, intellettuali, giornalisti e della società civile.

Infine un’amara constatazione. La seconda parte del lungo acronimo che identifica il partito attualmente al potere, e cioè "DPMNE", sta per Partito democratico per l’Unità nazionale della Macedonia. In otto anni di governo sono riusciti a realizzare l’esatto contrario. La Repubblica di Macedonia è ora uno stato autoritario e profondamente diviso.

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