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Crimini di guerra: testimoni in pericolo in Bosnia

Secondo l’Associazione delle donne vittime di guerra, le minacce contro i testimoni di crimini di guerra in Bosnia sono sempre più frequenti. L’associazione richiede che i criminali di Foca, Prijedor e Visegrad non siano giudicati a Sarajevo ma all’Aja

12/05/2005, Redazione -

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Di A. Omeragic, per Oslobodjenje, 10 aprile 2005; traduzione dal bosniaco di Ursula Burger Oesch per Le Courrier des Balkans
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

Bakira Hasecic, la presidentessa dell’Associazione delle donne vittime di guerra di Sarajevo, dichiara che i testimoni dei crimini di guerra sono sempre più spesso vittime di minacce negli ultimi tempi. Bakira Hasecic non ha voluto fare i nomi dei testimoni che ricevono minacce al telefono o a voce, ma afferma che questi casi sono stati riferiti alla polizia. «E non solo alla polizia. Noi l’abbiamo segnalato anche ai rappresentanti del Tribunale dell’Aja», aggiunge, lasciando intendere che anche un testimone del processo contro Novo Rajak è stato minacciato.

Testimoni (non) protetti

È interessante notare che i testimoni ricevono delle minacce nel preciso momento in cui si cerca di valutare se la Bosnia ed Erzegovina sia capace di giudicare autonomamente i criminali di guerra i cui atti d’accusa sono firmati da Carla del Ponte. Una delle questioni che si pongono rispetto alla decisione di trasferire certi processi in Bosnia ed Erzegovina è quella del grado di protezione che può essere assicurato ai testimoni. La polizia deve verificare se i testimoni siano o meno vittima di intimidazioni ma, in parte a causa di queste minacce, l’Associazione esige che il Tribunale dell’Aja continui a giudicare i criminali di Prijedor, Foca, Visegrad e Sarajevo.

Sulla lista delle persone che dovrebbero essere giudicate dal Tribunale figurano Zeljko Mejakic, Momcilo Gruban, Dusan Fustar et Dusko Knezevic, incolpati dei crimini commessi a Omarska e Keraterm, cause che Carla del Ponte vuole cedere alla giurisdizione bosniaca.

Le donne vittime di guerra esigono che il Tribunale dell’Aja giudichi Savo Todorovic, Mitra Rasevic, Gojko Jankovic, Dragan Zelenovic e Radovan Stankovic, accusati dei crimini commessi a Foca, Milan e Sredoje Lukic, accusati dei crimini commessi a Visegrad, ed anche Dragomir Milosevic, incolpato per aver bombardato Sarajevo; tutti loro, secondo una raccomandazione di Carla del Ponte, dovrebbero comparire davanti al Tribunale di Sarajevo.

«Noi siamo a favore dello spostamento del Tribunale in Bosnia ed Erzegovina e vogliamo collaborare con esso. Molte di queste persone non figurerebbero neppure sugli atti d’accusa se non ci fossero state le nostre testimonianze, ma noi siamo contro l’idea che il Tribunale ceda i casi dei criminali che non sono ancora stati arrestati», aggiunge Bakira Hasecic.

Il sostegno al Tribunale

Nella loro lettera indirizzata a Carla del Ponte, le donne vittime di guerra hanno anche espresso la loro posizione negativa rispetto alla possibilità di rimettere temporaneamente gli accusati in libertà. Bakira Hasecic ricorda che le vittime sono rimaste senza proprietà, che abitano in tuguri e sopravvivono a malapena, mentre «il governo della Republika Srpska concede garanzie ai criminali, affinché essi possano difendersi in libertà, li accoglie come eroi, li trasferisce all’Aja su aerei presi a noleggio, ricompensa il loro eroismo, assegna borse di studio ai loro figli, e alle loro famiglie premi per gli stupri, gli omicidi e la pulizia etnica». «Non li avrebbero mai arrestati se non ci fosse stato un Tribunale dell’Aja. Se non ci fosse la comunità internazionale, i testimoni dovrebbero tutti fuggire dalla Bosnia ed Erzegovina», conclude Bakira Hasecic.

V. anche Guerra in Bosnia: la violenza sulle donne

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