Chiese, stato e comunità internazionale
Il governo macedone presenta un disegno di legge sulle libertà religiose, frutto del delicato equilibrio tra pressioni internazionali e negoziati con le comunità di religiose del paese. Ora la parola passa al parlamento
Dopo mesi di rinvii, a metà luglio il governo del primo ministro Nikola Gruevski ha approvato il disegno di legge sulle comunità religiose. Il disegno di legge, firmato dal primo ministro , è stato quindi inviato al parlamento. Questa approvazione segna la fine di una lunga fase di negoziati con le varie comunità religiose nel paese sulla nuova cornice legale da dare alla libertà di espressione religiosa in Macedonia.
Adesso, durante l’estate, toccherà al parlamento discutere il disegno di legge, e il dibattito si presenta tutt’altro che facile.
"Sono sicuro che otterremo una legislazione moderna, di qualità probabilmente sconosciuta nella regione fino ad oggi", ha dichiarato ad inizio luglio il ministro degli Esteri Antonio Milosovski.
L’elaborazione del progetto di legge non sembrava un compio arduo, nel momento in cui, nello scorso autunno, il governo si mise al lavoro per redigerlo. Ma presto si è capito che le difficoltà non sarebbero mancate, a causa delle differenze tra le richieste della comunità internazionale e quelle dei maggiori gruppi religiosi nel paese.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno richiesto una legge che prevedesse piena libertà per ogni aspetto della vita religiosa. Tra l’altro, questo significa possibilità di registrare comunità religiose senza alcuna restrizione. D’altra parte, le organizzazioni delle principali comunità religiose macedoni, quella ortodossa, mussulmana e cattolica, si sono presto trovate d’accordo nel richiedere che non possa essere registrata più di un’organizzazione religiosa per ogni fede.
Il governo si è trovato sotto pressione, nel tentativo di cercare un fragile equilibrio: soddisfare le richieste provenienti dall’esterno e mantenere relazioni corrette con i principali gruppi religiosi, che non hanno tardato a esprimere la propria insoddisfazione quando il governo li ha informati che da Bruxelles erano stati sollevati dubbi sul progetto originale di legge, che salvaguardava la posizione dominante delle organizzazioni religiose "ufficiali".
Gruevski stesso ha deciso allora di iniziare, nello scorso novembre, colloqui ufficiali col Sinodo della Chiesa Ortodossa Macedone, un’iniziativa senza precedenti in Macedonia.
"Abbiamo messo sul tavolo differenti punti di vista. Credo ci siano stati progressi, ma ci sarà bisogno di ulteriori discussioni", aveva dichiarato brevemente Gruevski dopo l’incontro.
"Abbiamo letto e analizzato la proposta di legge. C’è ancora lavoro da fare", gli aveva fatto eco monsignor Timotej, portavoce del Sinodo.
Dietro commenti così generici, si nascondevano in realtà posizioni essenzialmente diverse. I negoziati sono stati portati avanti lontano dalle luci della ribalta, e poche informazioni sono arrivate al pubblico. Alcuni prelati, comunque, non hanno nascosto la propria insoddisfazione.
"I nostri politici sono capaci anche di pensare, quando si prostrano di fronte agli inviati internazionali?", ha chiesto con amarezza l’archimandrita di Vardar, Agatangel. "Io non voglio entrare a forza nell’Ue, e non sono schiavo della mistificazione del processo di adesione".
Per i leader religiosi macedoni, l’Occidente dovrebbe sforzarsi di capire l’essenza particolare della coesistenza religiosa pacifica in Macedonia.
Tra le righe della polemica, però, si nascondono non pochi elementi politici.
L’opinione pubblica macedone è stata scossa dal recente tentativo di un religioso ortodosso, considerato scismatico, di registrare una Chiesa Serba in Macedonia, con l’aiuto della Chiesa Serba Ortodossa. Nonostante l’intervento della comunità internazionale, il religioso è finito in prigione.
Parte della crisi d’identità in Macedonia è dovuta proprio al fatto che la chiesa locale non viene riconosciuta da nessun’altra chiesa ortodossa, un elemento di cui si può osservare facilmente il peso.
La Comunità Religiosa Islamica, d’altra parte, ha difficoltà con alcuni gruppi mussulmani che operano in modo indipendente, come la comunità dei Bektashi di Tetovo che, tra le altre cose, detiene considerevoli proprietà.
Secondo alcuni analisti, le ansie delle gerarchie ortodossa e islamica in Macedonia sono largamente esagerate. Perché temere la competizione di gruppi minori, se la fede dei propri adepti è salda? Dovrebbero quindi, concludono, mostrare maggiore elasticità.
Nello scorso inverno il disegno di legge è stato inviato a varie istituzioni internazionali, come la Commissione di Venezia, l’OSCE, e il Consiglio d’Europa, affinché queste dessero consigli e lo approvassero.
Alla fine del 2006 il presidente Branko Crvenkovski ha sottolineato che l’approvazione della legge è di vitale importanza in vista dell’atteso invito ad entrare nella Nato, visto che il supporto del Congresso americano dipendo proprio da questa.
Il Segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, lo ha confermato durante il recente summit di Ohrid, dichiarando che "le libertà religiose devono essere rispettate in Macedonia", se il paese spera di poter essere ammesso all’alleanza.
Un paio di giorni dopo, anche il Vaticano ha espresso il suo supporto alle richieste della comunità internazionale. A inizio luglio, poi, l’arcivescovo Dominique Mamberti, capo della diplomazia vaticana, si è recato in visita a Skopje.
"La Santa Sede crede che verrà presto approvato un testo di legge in accordo con gli standard europei sulle libertà religiose", ha dichiarato Mamberti.
Secondo Zvonko Micunski, direttore della Commissione per le Comunità Religiose, il disegno di legge è stato redatto in largo accordo con i suggerimenti delle istituzioni internazionali.
L’ultima revisione del punto più sensibile, l’articolo 8, è arrivata proprio poco prima che il disegno di legge venisse firmato dal primo ministro.
Originariamente l’articolo 8 prevedeva che non potesse esistere più di un’organizzazione religiosa per ogni fede. All’ultimo momento, il testo è stato così corretto: "una chiesa, una comunità o gruppo religioso può essere registrato solo nel caso in cui tale gruppo non sia già esistente". Questo significa che chi vorrà registrarsi nel tempo non potrà usare né il nome né i simboli delle comunità già registrare.
L’ultimo importante cambiamento dell’ultimo minuto è l’attribuzione ai tribunali della giurisdizione sulla registrazione delle comunità. Questa novità, probabilmente, non è stata accolta con favore dalle gerarchie religiose, che possono esercitare più facilmente la propria pressione sui politici, che dipendono dai voti, piuttosto che sui giudici.
Molti analisti considerano il disegno di legge come più avanzato rispetto agli standard dei paesi vicini, come ad esempio Grecia e Bulgaria, già membri dell’Ue.
I leader religiosi hanno però espresso in generale l’idea che non bisognerebbe toccare la legislazione esistente nei punti in cui questa già funziona bene.
"Che vantaggio avremmo da modifiche che potrebbero portare ad un peggioramento nei rapporti tra i vari gruppi religiosi, e tra questi e lo stato?", chiede il rettore della facoltà di teologia Ratomir Grozdanovski.
"Credo che ogni cittadino, ogni credente in Macedonia senta già di avere garantita piena libertà religiosa", ha dichiarato il Reis-ul-Ulema Effendi Rexhepi, leader della comunità musulmana nel paese.
Il governo ha cercato di trovare un compromesso, e al tempo stesso di soddisfare, per quanto possibile, le richieste della comunità internazionale. Anche la delega ai tribunali a decidere sulle registrazioni sembra una soluzione ragionevole in una democrazia secolare.
Adesso, però, il disegno deve essere approvato dal parlamento, e dai deputati che rispondo alla costituzione, ma si recano anche in chiesa o alla moschea.
E il dibattito si presenta arroventato.
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