Tipologia: Notizia

Area: Europa

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Chi c’è al governo? Il divario di genere negli esecutivi dell’Ue

Le donne costituiscono circa un terzo dei membri dei governi nei paesi dell’Ue. Questa quota è andata aumentando negli anni e supera il 50% in alcuni paesi. Tuttavia, l’accesso alla guida del governo e ai ministeri di maggior peso risulta ancora limitato per le donne

10/03/2021, Openpolis -

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(Originariamente pubblicato da Openpolis nell’ambito del Progetto EDJNET )

La presenza di donne nel mondo politico europeo è ancora una questione che porta alla luce grandi divari. Da un lato paesi dove le posizioni chiave del potere sono ancora appannaggio quasi esclusivo degli uomini, dall’altro stati dove le donne hanno concrete possibilità di ricoprire ruoli di rilevanza.

Dal 26 gennaio 2021 l’Estonia ha per la prima volta nella sua storia una prima ministra, Kaja Kallas. Un evento che porta a 5 su 27 il numero di donne a capo degli attuali esecutivi dei paesi dell’Unione europea. Una quota residuale, pari al 22%, che aumenta solo lievemente se consideriamo anche l’organo esecutivo dell’Unione, la Commissione europea, al momento guidata da Ursula von der Leyen.

Ampliando l’osservazione ad altri ruoli politici chiave la situazione non migliora. Se infatti a livello di rappresentazione complessiva la presenza di donne nei governi e nei parlamenti europei è mediamente aumentata nel corso degli anni, l’accesso alle posizioni di maggior potere risulta ancora limitato.

La presenza femminile nei governi Ue

Secondo i dati Eurostat più recenti, al 2019, sono donne solo il 31,4% dei membri di tutti i governi dei paesi Ue. Una quota che equivale a meno di un terzo del totale, ma che tuttavia rappresenta un miglioramento rispetto al passato. Si tratta infatti di un aumento di 11 punti percentuali nell’arco di 15 anni. Questo passo in avanti ha però riguardato solo una parte dei paesi membri.

Dal 20,5% di donne membri dell’esecutivo nel 2004, la Francia ha raggiunto quasi la parità nel 2019, con il 48,6%. Una crescita di 28,1 punti percentuali, analoga a quella registrata in Slovenia e di poco superiore a quella italiana (+23,3 punti). Va tuttavia sottolineato che sia la Slovenia che l’Italia partivano nel 2004 da livelli di rappresentatività femminile tra i più bassi d’Europa, con solo il 7,1% e il 10,5% di donne a ricoprire ruoli di governo.

Oltre alle variazioni nel tempo è interessante osservare anche il quadro presente. Considerando solo i dati 2019, i più recenti disponibili, spicca la quota di donne nei governi di Finlandia (57,6%) e Svezia (52,2%), seguite da Austria e Spagna, entrambe a quota 50%. Al contrario, le donne risultano scarsamente rappresentate nei governi di Malta (8,7% nel 2019) e Grecia (9,8%), gli unici con quote inferiori al 10%.

È Malta a registrare il più forte calo di presenza femminile nel corso dei 15 anni considerati. Nel 2004 infatti le donne al governo erano il 15,8%, una quota superiore di ben 7 punti rispetto al livello attuale. Oltre a Malta, l’unico altro paese dove c’è stata una riduzione delle donne tra i membri del governo è la Germania, passata dal 46,7% di donne nel 2004 al 40,8% nel 2019.

La Germania è però uno dei 5 paesi Ue che attualmente hanno una donna a capo dell’esecutivo. Gli altri sono Danimarca (Mette Frederiksen), Estonia (Kaja Kallas), Finlandia (Sanna Marin) e Lituania (Ingrida Šimonytė).

L’accesso alle posizioni chiave dell’esecutivo

Ai fini di un’analisi sulla presenza femminile tra i ruoli di maggiore potere politico nei paesi europei, ci siamo concentrati su sei posizioni chiave. Una è quella di capa/o dello stato, che in alcuni paesi corrisponde al o alla presidente della repubblica e in altri al re o alla regina, mentre cinque sono posizioni di governo, selezionate in base alla loro rilevanza sia nella politica nazionale che in quella europea: capa/o dell’esecutivo; ministra/o dell’economia; ministra/o degli esteri; ministra/o degli interni; ministra/o della sanità.

Come accennato in precedenza, i paesi del nord e del nord-est Europa rappresentano un’eccezione rispetto alla gran parte degli altri membri dell’Ue, distinguendosi non solo per presenza femminile al governo, ma anche in termini di distribuzione delle posizioni chiave. A questi stati si aggiungono la Spagna con tre ministre di peso (all’economia, agli esteri e alla sanità) e la Commissione europea. Tra i membri di quest’ultima infatti, oltre alla presidente Von der Leyen, spiccano le commissarie Ylva Johansson agli affari interni e Stella Kyriakides alla salute e sicurezza alimentare.

Seguono poi Belgio, Lussemburgo e Regno Unito, con due donne per ciascuno in ruoli chiave, tra cui quello di ministra degli Interni. Oltre agli stati che chiudono la classifica con una sola donna in un ruolo chiave, è importante sottolineare l’assenza di ben dieci membri dell’Ue dal grafico sopra. Si tratta di Francia, Austria, Cipro, Croazia, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Ungheria. Nei governi di questi paesi, le sei posizioni chiave sono tutte ricoperte da uomini.

È un aspetto che colpisce particolarmente nel caso francese, dove pure nel 2019 la presenza femminile tra i membri dell’esecutivo era al 48,6%. A quell’elevata presenza femminile non è però corrisposta l’assegnazione alle donne di qualcuno tra i ruoli di maggior potere.

Tra le sei posizioni chiave individuate, il ruolo che è più spesso ricoperto da donne è quello di ministra dell’Interno. Al contrario, il ruolo chiave dove la presenza femminile è più ristretta è la guida del ministero dell’Economia, affidata a donne solo in 4 dei 29 esecutivi considerati (13,8%). Da notare infine che in nessun paese le donne detengono più di tre delle sei posizioni di maggior rilevanza.

Le donne nei ruoli chiave in Italia

Nella situazione attuale, a febbraio 2021, solo uno dei ruoli governativi di maggior rilievo è ricoperto da una donna in Italia: si tratta di Luciana Lamorgese, che nel governo Draghi è stata nuovamente nominata ministra dell’Interno, confermando la posizione che già ricopriva nel governo Conte II.

Osservando la composizione degli ultimi dieci esecutivi italiani e di quello attuale, la presenza femminile tra i ministri è del 21,8%. Una quota assolutamente minoritaria, che si riduce al 15,5% se si considerano solo i sei ruoli governativi di maggiore rilevanza. Dal 2001 a oggi, solo tre delle posizioni chiave individuate sono state ricoperte da donne almeno una volta; si tratta dei ruoli di ministra degli Esteri, degli Interni e della Sanità.

Negli ultimi dieci governi il ministero della Salute è stato guidato cinque volte da donne. Spicca in particolare Beatrice Lorenzin, ministra della Sanità in ben tre governi consecutivi (Letta, Renzi e Gentiloni) e succeduta da Giulia Grillo nel primo governo Conte. Va comunque considerato che il ministero della Salute ha acquisito una maggiore centralità solo nell’ultimo anno, a causa della pandemia in corso; in fasi ordinarie la sanità è una materia gestita principalmente dalle regioni.

Per quanto riguarda gli altri incarichi, il ministero degli Interni è stato affidato a un’altra donna negli ultimi vent’anni, oltre alla già citata Lamorgese. Si tratta di Annamaria Cancellieri, alla guida del Viminale durante il governo Monti. Il ministero degli Esteri è stato invece guidato da Emma Bonino nel governo Letta e per un breve periodo da Federica Mogherini nel governo Renzi. Tra gli esecutivi considerati, quei due sono stati gli unici ad aver affidato a delle donne due ruoli chiave del governo. Il governo Renzi è stato inoltre quello con la maggior presenza femminile, pari al 40% tra le ministre e i ministri. Al contrario, nei governi Berlusconi II, III e IV i ministeri di maggior rilievo sono stati sempre guidati da uomini.

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