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Caucaso, le infrastrutture che dividono

Treni, ponti, strade, gasdotti, gallerie, acquedotti, antenne televisive… si sviluppano nuovi progetti per quanto riguarda le infrastrutture in Georgia e nei territori riconosciuti come indipendenti da Mosca in seguito al conflitto del 2008, Abkhazia e Ossezia del Sud. Infrastrutture realizzate per unire e per dividere. A livello regionale, rimane l’Armenia la grande esclusa

22/09/2011, Marilisa Lorusso -

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Buona parte della comunicazione umana è non verbale. Ci si capisce anche senza parlare, interpretando atteggiamenti, gesti, abbigliamento e quant’altro. Anche buona parte della comunicazione fra Paesi è silenziosa. È la comunicazione che passa attraverso le infrastrutture.

Per loro natura le infrastrutture richiedono ingenti investimenti e programmazione in tempi medio-lunghi. Il che significa che sono la cartina tornasole delle scelte strategiche di un Paese, e non solo nel settore energetico, ma in tutto ciò che riguarda il transito di beni, persone e comunicazioni. Tutto questo passa attraverso ferrovie, ponti, strade, canali e tubature, antenne e reti di telecomunicazioni, oleodotti e gasdotti.

Mosca-Sukhumi, in treno

Da anni è interrotta la linea ferroviaria che, procedendo lungo la costa settentrionale del Mar Nero passava da Gagra, Sukhumi, Ochamchire e dal distretto di Gali si inoltrava nell’entroterra georgiano via Zugdidi, fino a Tbilisi, la capitale della Georgia, e oltre. Nel 2003 Putin e Shevardnadze avevano discusso l’eventualità di riattivare il ramo Sochi-Sukhumi-Zugdidi, nel quadro del Processo di Sochi per risolvere il conflitto congelato abkhazo-georgiano, che invece sarebbe riesploso proprio dopo che nel maggio 2008 un gruppo aggiuntivo di peacekeeper russi avevano riabilitato il tratto Sukhumi-Ochamchire. Dopo la guerra, la linea ferroviaria è stata oggetto di ulteriori lavori di recupero a opera di dipendenti delle ferrovie russe, quattro dei quali sono deceduti in un incidente, lo scorso febbraio. Il 30 giugno di quest’anno si è inaugurata la linea Mosca-Sochi-Sukhumi, treno n. 75, che percorre un tragitto fino ad allora nazionale, ora “internazionale”.

Rimane ferito e cadente il ponte di Shamgona, costruito dai prigionieri tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, che univa l’Abkhazia alla Mingrelia e che oggi è nulla più che un arrugginito passaggio pedonale.

Fra buche e gallerie

Inagibile il ponte ferroviario e dissestata la strada che, a partire dal ponte sul fiume Inguri, unico attraversamento ufficiale al “confine” abkhazo-georgiano, serpeggia per il distretto di Gali, zona controllata dalle de facto autorità abkhaze abitata in prevalenza da georgiani: Sukhumi pare aver fatto la sua scelta di integrazione economica, ben diversa da quella sostenuta da Tbilisi. Durante l’ammodernamento dell’autostrada est-ovest infatti, nel novembre del 2009, il Presidente Saakashvili aveva dichiarato che la nuova autostrada sarebbe arrivata a Sukhumi. Per il momento, la strada è piena di buche, l’asfalto si crepa sempre di più di anno in anno e quel progetto rimane sulla carta.

Si sta concretizzando un altro progetto molto significativo, anch’esso legato ad un’infrastruttura che ha giocato un ruolo importante nel conflitto del 2008, il tunnel di Roki. Il tunnel, lungo quasi 4 km, è scavato sotto la catena montuosa del Grande Caucaso e permette il passaggio dalla Russia (Ossezia del Nord-Alania) all’Ossezia del Sud. Proprio sull’orario di passaggio delle truppe russe (intorno alle 23.00 del 7 agosto secondo la ricostruzione georgiana, dopo le 14.00 dell’08 agosto, secondo quella russa) si era dibattuta la questione se l’intervento russo negli scontri osseto-georgiani del 2008 fosse stato di natura offensiva o difensiva. Ora il governo russo propone un rinnovo del tunnel, con lavori previsti per il 2012. Il tema è delicato, poiché da Roki dipende l’approvvigionamento dell’Ossezia del Sud. Inoltre i “dazi” di passaggio forniscono un importante introito economico.

Servizi primari

Non tutto in Ossezia del Sud dipende però esclusivamente dal tunnel di Roki. La rete idrica e del gas erano nate come integrate con quelle georgiane. Dopo la guerra soprattutto il distretto di Akhalgori, che fino al 2008 rientrava sotto la sovranità di Tbilisi, si è trovato spesso privato di questi servizi essenziali. L’OSCE, che fino alla guerra aveva la propria missione nella zona, si è industriata affinché acqua e gas ricominciassero ad essere distribuiti regolarmente e che le due reti fossero ripristinate a pieno regime. Oltre all’OSCE, anche la Croce Rossa si è attivata sulla questione dell’accesso all’acqua. Nel luglio scorso è partito un programma di ammodernamento della rete di canalizzazione presso Tskhinvali, sede del governo de facto dell’Ossezia del sud. Ma è sempre la questione di Akhalgori a tenere banco. A giugno la presidenza lituana dell’OSCE ha lanciato il progetto Nikosi , concordato durante le Discussioni di Ginevra, che ha lo scopo di assicurare l’accesso all’acqua da ambedue le parti della linea di cessate il fuoco.

L’informazione

Mentre l’OSCE tenta di implementare progetti umanitari che uniscano, da Tskhinvali partono progetti con lo scopo di sedimentare le divisioni, e proprio ad Akhalgori. Il distretto, passato dopo la guerra sotto la sovranità de facto di Tskhinvali, non riceveva i canali televisivi osseti fino al luglio scorso, quando è stato inaugurato a 2500 metri di quota un ripetitore in grado di garantire la copertura del distretto e farvi trasmettere i canali russi e osseti. Il segnale raggiunge anche Gori, Mskheta e le alture di Tbilisi. La guerra dell’informazione è una delle più importanti, e vale quindi la pena di ricordare che da Tbilisi stessa è partita l’iniziativa di una televisione satellitare Kavkaz 1, in lingua russa, che raggiunga il Caucaso del Nord, le cui trasmissioni erano state sospese per l’interruzione del servizio satellitare. Secondo la parte georgiana, il gestore francese del satellite era stato costretto a recidere il contratto di fornitura sotto pressione russa. Il canale ha ricominciato a trasmettere a gennaio con il nome di PIK (Perviy Informatsionniy Kavkazsky).

Energia

Puntano a nord le informazioni della Georgia, mente punta a sud la sua nuova centrale idroelettrica. Il 9 settembre il Presidente Saakashvili ha visitato i cantieri della centrale idroelettrica di Paravani (Akhalkalaki) che – una volta entrata in funzione del 2013 – dovrebbe essere in grado di vendere energia nei mesi estivi alla Turchia. La centrale è una delle tre previste dall’accordo georgiano-turco del febbraio scorso e che seguiva un precedente appalto (novembre 2010) garantito alla ditta turca Kolin Construction per la costruzione di una rete di centrali sul fiume Tekhuri in grado di produrre 105.7 megawatt.

Mentre la Georgia inserisce il suo potenziale energetico nel contesto regionale, l’Azerbaijan cerca di ottimizzare il proprio. E il potenziale di quest’ultimo, come è noto, sono gli idrocarburi. A fine mese il Paese riceverà la visita del ministro inglese per l’Energia e i Mutamenti climatici, Charles Hendry. La visita potrebbe costituire il sigillo delle dichiarazioni sullo sfruttamento del nuovo giacimento di gas (potenzialità stimata di 500 mq) di Shafag-Asiman. L’Inghilterra ha la sua parte nell’investimento. E mentre si parla di nuove estrazioni, rimane aperta la corsa all’esportazione, capitolo a parte nel complesso mondo degli idrocarburi, in quella che sembra l’eterna competizione fra i progetti di gasdotto (il Nabucco sostenuto dall’UE, il South Stream sostenuto dalla Russia) che dovrebbero portare dal Caspio all’Europa occidentale. Un’assertiva Gazprom preme per concretizzare con una partnership riconfermata a Sochi lo scorso 16 settembre il gemello meridionale di Nord Stream (che ha iniziato a operare poche settimane fa collegando la costa russa alla Germania attraverso i fondali del mar Baltico) che garantirebbe il transito degli idrocarburi caucasici/caspici attraverso la Russia e che vede anche la partecipazione per il 20% dell’italiana ENI.

L’esclusa

Nei progetti e controprogetti che attraversano la regione si fa notare per la sua assenza l’Armenia. Ampiamente dipendente dal trasporto su rotaia e su ruota che attraversa la Georgia e legata dal punto di vista energetico con l’Iran, il suo isolamento aumenta nella misura in cui gli altri si integrano, escludendola. Questo processo è così palese da destare la preoccupazione di molti analisti armeni, che percepiscono acutamente il rischio di rimanere isolati dalle infrastrutture regionali anche per via di mirate scelte politiche di Baku e Ankara.

 

(http://marilisalorusso.blogspot.com/ – il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)

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